Don Quaresima «Sono stanco, lascio San Pio X»

Via Resia: da domani, dopo 11 anni, non sarà più parroco Arriva don Zuliani che però dovrà curare anche don Bosco


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Il passaggio ufficiale di testimone è previsto per le 10.30 di domenica 21 settembre, quando per l'occasione arriverà in via Resia anche il vicario generale don Michele Tomasi, ma in realtà già da domani don Udalrico Quaresima, dopo un'esperienza lunga undici anni, non è più parroco di San Pio X, in via Resia. Nell'ambito degli avvicendamenti comunicati a fine luglio dal vescovo Ivo Muser, don Gianpaolo Zuliani, parroco di Don Bosco, “raddoppia”, ovvero dovrà farsi carico anche della parrocchia di San Pio X, mentre don Quaresima si occuperà della pastorale della comunità di lingua italiana di Appiano, subentrando a don Giuseppe Rizzi: prima messa domenica 14 settembre nella chiesa parrocchiale di San Michele. In questo caso la riforma Fornero sulle pensioni non c'entra, è l’ormai cronica carenza di vocazioni a far sì che la pensione dei sacerdoti venga rinviata a data da destinarsi.

In base all'ordinamento ecclesiastico, è a 75 anni che i preti rimettono il mandato nelle mani del vescovo, don Quaresima l'ha fatto con un anno d'anticipo.

«Sono un po' stanco. Il carico di lavoro è diventato troppo pesante».

Però non andrà in pensione.

«In realtà neppure in passato i sacerdoti andavano in pensione, visto che continuavano a dare una mano nella parrocchia. La differenza è che oggi, dovendo fare i conti con il crollo delle vocazioni, viene assegnato un incarico ben preciso».

Lei si trasferirà ad Appiano?

«No. Io celebrerò la messa delle 10.30 la domenica e poi vedremo cosa si può fare per la comunità italiana che conta circa 1.200 persone. Tornerò a vivere a Merano, la città dove è iniziato il mio cammino di sacerdote».

Dispiaciuti i suoi parrocchiani?

«Sono realista: c’è chi esulta, chi piange e chi se ne frega. Normale che sia così».

Come sono stati questi undici anni?

«Interessanti. Per me che venivo dalle esperienze di Merano e Bressanone, Bolzano rappresentava una realtà enigmatica e complessa. In via Resia ho trovato una comunità abbastanza vivace, caratterizzata in particolare da un ceto medio-basso di 8.500 fedeli. Ci sono una trentina di catechisti, un diacono, Massimo Mura, sette comunità neocatecumenali formate da una ventina di persone ciascuna che si trovano una volta alla settimana per meditare sulla parola di Dio. Oltre a queste ci sono l’Arca della solidarietà e la San Vincenzo attive sul fronte delle iniziative caritatevoli ».

Per don Zuliani sarà dura gestire Don Bosco e San Pio X.

«Durissima».

Il problema della carenza di vocazioni, secondo lei si potrebbe risolvere consentendo ai sacerdoti di sposarsi?

«A mio avviso no».

E quindi nei prossimi anni si dovranno chiudere le chiese e sopprimere le parrocchie.

«No, se si coinvolgeranno di più quelli che io chiamo laici formati, ovvero persone che ci credono davvero. Già oggi seguire i funerali in parrocchie come Don Bosco e Regina Pacis è un problema, perché ce ne sono tanti. A San Pio X un po’ meno: sono uno, al massimo due in settimana. In Francia hanno risolto il problema con i diaconi».

E i battesimi quanti sono?

«Circa 60 l’anno. I matrimoni invece non sono più di moda».

Il momento più difficile del suo “lavoro”?

«Quando muore un giovane o un bambino. Se i familiari credono, si può parlare di speranza. Altrimenti non ci sono parole, perché tutto finisce con la morte».

Se non avesse fatto il sacerdote, cosa avrebbe fatto?

«Qualcosa di manuale: il contadino o l’artigiano».













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