Duce, decideranno i 5 esperti della cripta

Il gruppo che ha lavorato al Museo del Monumento proporrà il progetto di depotenziamento. «Non copriremo»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. C'è l'emozione. Come quella di Leopold "Poldi" Steurer: «Mi deve capire. Io sono del '46. Non avrei mai creduto di poter vedere in vita mia il monumento aperto e con un museo di storia condivisa. Sono felice come un bambino». Poi c'è il senso di una virata, politica, da cui non si torna indietro. Dice Andrea Di Michele: «Se hanno scelto noi, gli stessi del museo nella cripta della Vittoria per trovare una soluzione al duce a cavallo vuol dire che si aspettano la stessa cosa: che non copriamo nulla di quello che c'è».

Ecco fatta chiarezza su quello che accadrà da qui al 27 giugno. Perchè Andrea Di Michele è stato, accanto a Ugo Soragni ( in rappresentanza dello Stato), a Silvia Spada (Comune), a Christine Roilo (Provincia) e a Hannes Obermaier, altro storico, uno dei cinque esperti che hanno portato a termine il percorso per la storicizzazione del monumento attraverso la creazione del museo nella cripta. Di Michele, che solitamente è molto riservato sull'argomento visto il suo ruolo, fa un ragionamento per induzione: «Penso che sarebbe stato fortemente contraddittorio chiedere a noi, proprio a noi, di coprire il bassorilievo visto quello che avevamo fatto per il monumento. Se hanno pensato a noi, vuol dire che si aspettano una soluzione analoga anche per Piffrader».

E dunque non invasiva. E dunque non coprente. Ecco che si delinea quindi, con sempre maggiore precisione, la portata dell'accordo sottoscritto davanti al commissario del governo da Kompatscher e Spagnolli. L'inaugurazione del museo della Vittoria il 27 giugno resta sì condizionata alla soluzione della questione aperta in piazza Tribunale, ma il fatto di aver scelto lo stesso metodo (l'assegnazione del compito alla medesima commissione di storici), significa che la soluzione potrà essere "analoga". «Altrimenti non mi avrebbero ancora coinvolto», insiste Di Michele. Si allontana sempre più all'orizzonte, in questo senso, l'ipotesi di un ritorno all'idea durnwalderiana della copertura del duce attraverso una lastra di vetro, più o meno filtrante. «Noi non siamo qui per decidere sui materiali - chiosa Di Michele - ma per offrire il senso storico dell'edificio». E dunque, professore, pensa che i vincitori del concorso di idee di tre anni fa possano costituire una buona base di partenza? «Assolutamente sì». Sull'«assolutamente» è d'accordo anche lo storico meranese Leopold Steurer. Che aggiunge un passaggio: «Mi piace da morire l'idea di far correre lungo il bassorilievo la scritta della Arendt che richiama l'altro, grande, ammonimento di Don Milani: “Obbedire non è più una virtù". Sarebbe, una frase del genere, un segno potente dei tempi nuovi. E la gente avrebbe chiarissimo cosa significa obbedienza nei regimi totalitari e qual'è invece il suo senso in quelli democratici. Obbedienza e rispetto per le leggi giuste, per la pacifica convivenza e la tolleranza. Lasciare il bassorilievo e farlo sovrastare da un simile pensiero è la più grande vittoria della democrazia». E dunque, la svolta c'è stata? «Una grande svolta. Non credo che con Durnwalder sarebbe accaduto. Lui è di un'altra generazione. Sentiva più le pressioni. Kompatscher aspetto a giudicarlo rispetto alla situazione interna della Svp, ma ho l'impressione che abbia la testa più libera».

Il ruolo degli storici è stato decisivo, in questi passaggi. Sono stati delegati dalla politica ma poi hanno inciso profondamente nelle scelte. Compito finito? «Magari - riflette ancora Leopold Steurer - siamo arrivati, ma non del tutto, a una storiografia condivisa. Ma restano tante storie personali e collettive che sono ancora profondamente divergenti. Ognuno ha la sua verità. Sarebbe fondamentale, per attenuare la contrapposizione etnica, che almeno su pochi, pochissimi punti tutti, ma dico tutti, fossimo d'accordo». Uno, professore? «La liberazione. Il 25 aprile è successo qualcosa che non può essere non definito positivo da ognuno di noi: il passaggio dalla dittatura alla democrazia. E in democrazia tutto può succedere e lo facciamo succedere noi».

Ma poi c'è il controcanto. Perchè anche tra storici spesso le questioni si complicano: «Piano con i trionfalismi - ammonisce infatti Giorgio Delle Donne - perchè parlare di storia condivisa, a proposito del monumento e del suo museo, mi sembra vagamente propagandistico. Per due ragioni. La prima: che solo una parte della storiografia è condivisa, ma la storia è ben lontana dall'esserlo. Basta vedere quello che pensa la Svp su tante questioni aperte dal '43 al '45. La seconda ragione: è ancora e sempre la politica che individua gli storici che faranno parte delle commissioni. Li sceglie e li nomina. E chi li sceglie e li nomina alla fine della fiera è sempre e solo la Svp, il partito maggioritario. Non ci sarà mai la storia scritta dalle minoranze. La maggioranza degli italiani è infatti di centrodestra ma non potrà raccontare la sua versione. Giusta o sbagliata che sia».

Qualcosa di positivo? «Per il concorso di idee sul duce sono stati spesi tre anni fa 20 mila euro. Durnwalder l'aveva gettato nel cestino. Se adesso invece se ne farà qualcosa sarà almeno il male minore. Ma vorrei insistere: è la Svp alla fine, che decide». Appuntamento al 27 giugno, quando leggeremo la nostra storia riscritta.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

l’editoriale

L’Alto Adige di oggi e di domani

Il nuovo direttore del quotidiano "Alto Adige" saluta i lettori con questo intervento, oggi pubblicato in prima pagina (foto DLife)


di Mirco Marchiodi
la promessa

Kompatscher: «Adesso basta: stop a case costruite per i turisti» 

L’emergenza abitativa. La risposta del governatore ai sindacati: «Gli alloggi nelle nuove aree convenzionate solo per residenti stabili». I rappresentanti dei lavoratori: «La zona di ponte Roma resti produttiva». Il sindaco: «Bisogna ampliarsi nei centri limitrofi»


antonella mattioli

Attualità