Emorragia mortale, operatore sanitario condannato
La Cassazione respinge il ricorso: sei mesi inflitti per omicidio colposo. Grave l’errore di un volontario dell’ambulanza: ritenne l’anziana a paziente affetta da un virus intestinale
BOLZANO. «La motivazione della sentenza impugnata è risultata congrua e priva di vizi logici». Sono le considerazioni giuridiche di base che hanno indotto la Corte di Cassazione a respingere, dichiarandolo inammissibile, il ricorso presentato da un operatore del 118 che otto anni fa era stato accusato di aver involontariamente provocato la morte di un’anziana paziente, la cui figlia aveva chiesto un intervento, preoccupata dalle condizioni cliniche della madre.
L’anziana avrebbe dovuto essere trasportata d’urgenza in ospedale a seguito di una emorragia intestinale.
A finire sotto processo furono due operatori ma solo uno dei due ha poi impugnato la sentenza sino in Cassazione. I due erano stati accusati di aver sottovalutato la situazione clinica e dunque di aver omesso di disporre l’immediato trasferimento in ospedale dell’anziana.
In precedenza era stato il medico di guardia a consigliare l’immediato ricovero della donna che evidenziava sempre più spesso diarrea nera, indice di presenza di sangue nelle feci.
Inoltre la situazione avrebbe dovuto essere considerata ancora più a rischio in quanto la paziente da tempo era in cura con ricorso quotidiano al “Coumadin” , un anticoagulante del sangue che inevitabilmente concorre a rendere più critica la situazione in caso di fenomeni emorragici.
Su richiesta dei famigliari della paziente, il centralino del servizio dell’emergenza sanitaria inviò a casa dell’anziana bolzanina un’ambulanza in «codice giallo» senza alcun medico a bordo.
Gli operatori intervenuti, però, scambiarono l’emorragia in essere con gli effetti passeggeri di un virus intestinale. In realtà il giorno successivo le condizioni dell’anziana si aggravarono ulteriormente e la donna morì a casa.
Ora la condanna per omicidio colposo è diventata definitiva. Il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese di giudizio.