«Guerra» delle microspie in Provincia

Durnwalder e tre assessori temevano intercettazioni e hanno pagano la «bonifica» degli uffici con soldi pubblici


di Mario Bertoldi


BOLZANO. E’ una sorta di «spy story» che rischia di offuscare ulteriormente l’immagine del presidente Luis Durnwalder e di alcuni dei più potenti assessori provinciali. Una storia di timori e sospetti nei confronti di possibili avversari politici o di imprenditori senza scrupoli, ma anche di diffidenze quasi imbarazzanti nei confronti della magistratura e di chi è preposto alla tutela della legalità. In effetti la Procura della Repubblica (che sulla vicenda ha avviato un’inchiesta) è venuta a conoscenza di quanto avvenuto a distanza di circa un anno (cioè nel dicembre scorso) quando dai rendiconti contabili dell’amministrazione provinciale emersero le spese sostenute dal Palazzo per «bonificare» da possibili misteriose microspie gli uffici del governatore Durnwalder e degli assessori Hans Berger, Michl Laimer (all’epoca entrambi ancora in carica) e Thomas Widmann. Tutti e quattro avrebbero utilizzato soldi pubblici per pagare l’intervento di ditte private specializzate nonostante la possibilità di chiedere l’intervento della magistratura e dei carabinieri dei Ros che, ovviamente, non avrebbe comportato alcun esborso di carattere economico. Il governatore Luis Dunrwalder decise addirittura di mobilitare una delle ditte private austriache più attrezzate nel settore. E’ molto probabile che su questo punto si apra un nuovo contenzioso con la Procura contabile per presunto danno erariale. Ma al di là dei soldi dei contribuenti utilizzati, c’è un altro aspetto che il procuratore capo Guido Rispoli in questi giorni intende verificare. Non è infatti da escludere che presidente ed assessori abbiano deciso di rivolgersi a ditte private in quanto non potevano escludere di essere oggetto di intercettazioni ambientali proprio da parte degli inquirenti, nell’ambito ad esempio delle indagini sullo scandalo Sel. Se così fosse vi sarebbe agli atti la prova dell’impegno di risorse pubbliche nel tentativo di vanificare eventuali indagini della magistratura. E’ evidente che sotto questo profilo l’intera vicenda, anche sotto il profilo penale, rischia di diventare estremamente pericolosa per le persone coinvolte. Il primo a disporre la «bonifica» del proprio ufficio fu l’allora assessore all’energia Michl Laimer il 4 novembre 2011. Pochi giorni prima, il 21 ottobre, la Procura della Repubblica aveva disposto l’acquisizione di importanti atti nell’ambito delle indagini sul business dell’energia con notifica delle informazioni di garanzia agli indagati (tra cui l’assessore Laimer). Fu una ditta trentina ed effettuare il controllo che ebbe esito positivo. Nell’ufficio di Laimer fu in effetti riscontrato un segnale radio riguardante una probabile microspia trasmittente che però non venne materialmente individuata e rimossa. Alla notizia che Laimer era sotto inchiesta, gli operatori della ditta decisero infatti di non proseguire nell’ipotesi che la microspia fosse stata installata proprio dagli inquirenti. Successivamente furono come detto Durnwalder , Berger e Widmann. Nessuno, a quanto pare, pensò di rivolgersi alla magistratura dopo aver avuto la sensazione di essere spiati ed intercettati nell’ambito dell’espletamento delle proprie funzioni. Per conto di Laimer vi fu però un intervento in Procura della Repubblica dell’avvocato Gerhard Brandstätter che intese verificare se proprio la magistratura aveva disposto intercettazioni elettroniche. «Mi ricordo di essere andato a parlare con il procuratore Guido Rispoli dopo che l’allora assessore Laimer aveva espresso il timore o la sensazione di essere spiato nel proprio ufficio - ha confermato il legale - ma il procuratore chiarì che non vi era in atto alcun intervento di quel tipo».

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