«I profughi? Umiliati come i nostri avi»

Toccante discorso di Bordon (Comunità ebraica): no alle scelte comode, oggi come allora. Anpi: vigilare sull’estrema destra



BOLZANO. Perché celebrare il Giorno della Memoria? «Perché oggi come allora dobbiamo decidere: fare la scelta comoda o la scelta giusta?». Anche sui profughi. Simeone Bordon, cantore della Comunità ebraica di Merano, insieme a Jahee Bertolini Beer, ha dato una scossa alle celebrazioni di ieri, la giornata dedicata al ricordo della Shoah. Come ebreo, testimone di un popolo perseguitato, Bordon lancia una sfida a chi pensa che il 27 gennaio sia diventata una routine e il nazifascismo materiale per gli storici. «Vediamo popoli che scappano da situazioni terribili, come sono scappati i nostri nonni. Vengono offesi, gli viene chiusa la porta in faccia. Vengono marchiati, umiliati, derisi. Gli si dice “non c’è posto”, “sei diverso”, “parli un’altra lingua”, “credi in un altro Dio”. Davvero, non c’è molta differenza con quello che è accaduto ai nostri nonni», ha detto Bordon al cimitero ebraico. Al tempo dei nazisti e del fascismo «ci furono persone malvage, alcune persone che fecero la scelta giusta, saremo loro grati in eterno, e molte persone che si limitarono a fare la scelta più comoda. Anche noi oggi dobbiamo decidere. Magari ci stringiamo un po’ e potremo starci tutti. Non facile, ma giusto». Davanti al monumento per le vittime della Shoah al cimitero di Oltrisarco il commissario del Comune Michele Penta indossa la kippah. È di Bordon. «Le presto la mia kippah più bella», dice il cantore, che indica le lapidi antiche e abbandonate, perché non c’è più nessuno che possa prendersene cura, e metà campo rimasto vuoto, «perché non abbiamo avuto neppure i corpi da seppellire». Jahee Bertolini Beer legge un brano scritto da un ragazzino, prigioniero a Terezin, il lager dei bambini, morto ad Auschwitz. Incalza ancora Bordon: «A chi dice che queste celebrazioni sono sempre uguali chiedo di indossare per un giorno la kippah e poi discutiamo serenamente se è necessario o no ricordare e tenere alta la guardia. In tutta Europa c’è un ritorno dell’antisemitismo. Vi sembra normale che davanti alle sinagoghe ci siano le camionette dei militari, che io debba avere timore a dichiararmi ebreo?». Poi tutti lasciano, come è tradizione, una pietra in onore delle vittime. Al cimitero il piccolo corteo si sposta al monumento in ricordo di Manlio Longon: ci sono Jole Beretta e Ierta Ferrari, figlie di Adolfo Beretta ed Erminio Ferrari, due dei capicellula della zona indistriale di Bolzano catturati e morti a Mauthausen. Al muro del Lager c’è l’’Anpi, la comunità ebraica, la famiglia Gabrielli che canta l’inno dei Sinti e dei Rom, per ricordare i nomadi uccisi nei campi, Andreas Unterkircher con la bandiera arcobaleno dell’Arcigay («10 mila omosessuali uccisi»), le associazioni d’arma. Penta tiene un discorso sentito: «Qui c'era il Lager con i suoi capannoni, qui persone hanno subito violenze e privazioni indicibili. E' il luogo per commemorare i deportati esattamente laddove hanno perso ingiustamente la libertà e patito sofferenze disumane. Commemoriamo gli oltre 11 mila civili, uomini, donne e bambini, qui deportati per motivi politici, per motivi razziali e religiosi, o anche semplicemente come ostaggi di familiari non trovati dalle milizie nazi-fasciste». Orfeo Donatini (presidente Anpi) dice che ricordare significa vigilare: «Non è opportuno offrire a estremisti di destra inutili vetrine. Non sono giovani dediti ad attività sociali, ma simboli della cultura dell’odio. L’unica vetrina loro dedicata dovrebbe essere la rigorosa applicazione della legge Mancino». L’assessore provinciale Christian Tommasini ricorda i lavoro sui giovani, «sempre più prezioso, mano a mano che la generazione dei superstiti scompare». Al muro del Lager le autorità, con il prefetto Margiacchi, il sindaco di Laives Bianchi, l’ex sindaco Salghetti, il presidente di quartiere De Piccoli, ex consiglieri, sindacalisti. Assente la Svp, mentre al cimitero ebraico arrivano Michl Ebner e Gerhard Brandstätter, una presenza trasversale di centrosinistra, Lega e centrodestra. (fr.g.)













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