Il blockfrei sa di cinismo

di Guenther Pallaver


Guenther Pallaver


Dopo la fiducia al governo Berlusconi si è aperta una discussione, se la Südtiroler Volkspartei, astenendosi, si fosse venduta al prezzo di alcune competenze. E per la prima volta nella sua storia, la Volkspartei si è sentita in dovere di difendersi dall’accusa di immoralità e di legittimare il proprio voto a Roma.
Per poter valutare questa novità è utile confrontare l’atteggiamento romano della Svp durante la Prima e la Seconda Repubblica.
Va detto da subito che la SVP non ha mai preso parte direttamente a governi nazionali, anche se in passato, sia nella Prima che nella Seconda Repubblica, le offerte ci sono state, se pensiamo per esempio al primo governo Prodi (1996). Ma il partito di raccolta ha sempre rifiutato queste offerte per non dare nessun pretesto di identificazione con lo Stato italiano. Per la Volkspartei non si tratta di un atto giuridico, ma simbolico. Ma i simboli contano. A parte ciò sia nella Prima che nella Seconda Repubblica la SVP ha sempre sfruttato al massimo tutte le possibilità di negoziato. Durante la Prima Repubblica la SVP ha adottato la strategia della”fiducia in anticipo”. La Volkspartei dava questo tipo di fiducia a quei governi che in occasione della discussione sul voto di fiducia si esprimevano in modo positivo sulla minoranza tedesca. Lo scambio consisteva tra la fiducia in anticipo da parte dell’SVP e la promessa di competenze da parte del governo che, ovviamente, dovevano concretizzarsi in atti concreti. Questo tipo di fiducia non significava però che la SVP sostenesse automaticamente il governo in tutto e su tutto, ma decideva, già allora, di volta in volta. Questa voto di scambio è andato quasi sempre a buon fine. Con poche eccezioni la Volkspartei ha incassato da tutti i governi da lei sostenuta al momento del loro insediamento una serie di norme di attuazione. Se però la SVP si asteneva o non prendeva parte al voto, allora era chiaro che i governi nei loro programmi non avevano menzionato la minoranza sudtirolese. Sono stati comunque relativamente pochi i governi che non hanno incassato la fiducia in anticipo, come i governi Zoli (1957) e Tambroni (1960), perchè erano sostenuti dai neofascisti del MSI. La stessa cosa vale per i governi Berlusconi nella Seconda Repubblica.
Sotto questi aspetti il voto di fiducia ai governi era sempre un voto di scambio. Fiducia verso competenze. O viceversa: niente autonomia, niente fiducia. Le statistiche ci raccontano inoltre che la Volkspartei dal 1948 ad oggi ha sostenuto tendenzialmente sempre i governi di centro e di centro-sinistra, più sensibili verso le esigenze delle minoranze che governi di destra o di centro destra. Con l’inizio della Seconda Repubblica però il voto di fiducia in anticipo trova la sua fine, poiché la SVP, per sfruttare al massimo le possibilità di successo, per via del nuovo sistema elettorale deve allearsi prima delle elezioni con un polo politico, non dopo. Ma allearsi prima del voto significa stipulare patti politici che includono il sostegno del governo, ma non più di volta in volta come durante gli anni della Prima Repubblica, ma continuamente. Non era cambiata la logica del voto di scambio, ma la logica delle alleanza. Questo passaggio da alleanze tecniche ad alleanze programmatiche ha avuto delle ripercussioni pesantissime sulla dialettica tra destra e sinistra all’interno del partito di raccolta, sicchè in occasione delle elezioni politiche del 2008 la Volkspartei si dichiara “blockfrei”, neutra tra i poli politici, e ritorna al suo atteggiamento della Prima Repubblica: fiducia al governo o comunque non ostile in cambio di norme di attuazione, rinunciando però alla massimizzazione del successo elettorale rifiutando alleanze politiche (con l’eccezione della Bassa Atesina). In quest’ottica l’atteggiamento della Volkspartei non è cambiato. Quello che però è cambiato è la trasparenza. In passato la Volkspartei dichiarava apertamente che il voto di fiducia in anticipo era un investimento per future norme di attuazione. Oggi la Volkspartei, in primis per motivi interni, si nasconde dietro un dito, anche se tutti sanno che Berlusconi per i due voti di astensione della Volkspartei ha concesso, in ogni caso snellito le procedure riguardo le nuove competenze. E se la Volkspartei, giusto per fare una speculazione, avesse votato a favore del governo, Berlusconi sarebbe stato disposto a ben altro.
Perché in questo la Volkspartei e Berlusconi sono uguali: né l’una, né l’altro hanno il senso dello Stato, ma solo il senso del potere. E quello è cinico.

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