Il cortocircuito di Svp e Pd sull'energia


Sergio Baraldi


La politica di governo dell’Alto Adige è andata in cortocircuito sull’energia. La discussione sulla norma che dovrebbe tutelare la Sel è stata rinviata a gennaio. E’ il tempo che serve, dicono, per consentire che la trattativa tra l’Ae di Bolzano e la Sel vada in porto. Ma occorre chiamare le cose con il loro nome: dopo avere tentato di raggiungere il risultato attraverso una serie di strappi, l’Svp ha dovuto prendere atto che si era verificato un black out, e occorreva guadagnare tempo per fare “dopo” quello che avrebbe potuto essere fatto “prima”. Prima si sarebbe dovuta aprire una discussione sull’obiettivo strategico di una società unica dell’energia. Prima si sarebbe dovuto riflettere sul ruolo da assegnare alle società esistenti e ai Comuni. Prima si sarebbe dovuto discutere del progetto di una produzione autonoma dell’energia e sul modo migliore, e più democratico, per arrivarci. Soprattutto, prima la Svp avrebbe dovuto dimostrare di sapere governare un processo complesso. E con la Svp anche l’alleato Pd. “Dopo” hanno dovuto fermarsi di fronte agli ostacoli, alle resistenze. E prendere tempo. L’energia non è un tema che scalda i cuori, eppure la partita in corso è decisiva per il futuro di tutti: chi controlla la cassaforte dell’energia, gestisce un flusso rilevante di risorse. Le può utilizzare bene, a favore dei cittadini e delle imprese, abbassando tariffe e costi, costruendo un sistema efficiente, come chiede il presidente Pan.
Oppure può servirsene come riserva di consenso, appannaggio di un ceto politico che si sente meno sicuro di una volta.
In questa vicenda, Svp e Pd hanno mostrato il volto contraddittorio delle loro crisi parallele. Il giornale degli imprenditori ha definito la gestione della questione energetica degna di una «repubblica delle banane». Un giudizio duro, che non sorprende: i lettori ricorderanno che il nostro giornale ha acceso da tempo i riflettori sulla conduzione del progetto. In questione non c'è l'obiettivo, cioè l'attuazione di una norma che consenta all'Alto Adige di gestire autonomamente l'energia e di avere una società più grande che possa competere sui mercati.
Per quello che può valere, noi riteniamo che l'idea di fondo sia corretta. I problemi cominciano con la gestione politica del passaggio dall'Enel e da Edison alla Provincia, che ha assegnato le concessioni alla Sel, la sua società, cioè a se stessa. Con il rischio di cadere in un caso di conflitto d'interessi in cui il controllore sia il controllato. La Svp è riuscita così a trasformare un progetto strategico in un pasticcio.
L'assessore Laimer, arbitro delle concessioni con il presidente Durnwalder, è stato a lungo presidente di Sel. E le sue dichiarazioni non chiariscono i dubbi. Quando parla, Laimer parla come assessore, quindi rappresentante di un interesse pubblico? Oppure come ex presidente della sua società, quindi come attore in causa? La storia, rivelata dal nostro giornale, dell'offerta consegnata dalla Sel direttamente a lui, cioè dalla società nelle mani del suo ex presidente, e rimasta per cinque mesi sul suo tavolo, ha fatto scattare il giudizio del giornale degli imprenditori di una «repubblica delle banane».
Purtroppo, la Svp ci ha abituato ai suoi limiti: l'incapacità ad agire come un partito attento agli interessi di tutta la collettività per rappresentare solo quelli del proprio gruppo linguistico e di alcuni di essi in particolare; la tendenza a considerare la politica come un cortile di casa, dove è lecita una gestione «familiare» (definizione del rapporto Ipes), guidata dalla logica del maso, come ha scritto il nostro Paolo Campostrini; scarso ascolto verso chi dissente o è portatore di interessi diversi; poca comprensione verso il ruolo centrale della legge, e del suo dispositivo di trasparenza, come spiega il prof. Palermo.
Il tatticismo della Svp, come ha scritto il nostro Mauro Fattor, il suo rimanere prigioniera dei compromessi interni di fronte alle scelte imposte dal cambiamento della modernizzazione, sono i limiti che hanno fermato la discussione. Come se la democrazia territoriale non fosse rispetto delle regole, trasparenza nel rapporto con i cittadini, siano italiani tedeschi o ladini. Ancora una volta, la Svp sembra colta di sorpresa dalla contestazione espressa all'interno del "suo" mondo: molti comuni, molti imprenditori si mostrano sempre più critici verso un metodo di governo spesso disinvolto. Anzi, è proprio questa dissociazione crescente del mondo dell'impresa dalle scelte e dalle prassi della Svp che dovrebbe spingerla a riflettere. Gli attori dello sviluppo, la parte di società che compete sui mercati internazionali, quella più moderna e innovativa (le imprese se non innovano, oggi, muoiono), traccia un giudizio sempre più severo sul governo provinciale.
I pasticci sudtirolesi sono indigesti anche a parte dell'opinione pubblica tedesca, per la quale valgono meno i vincoli d'identità, e sempre più le aspettative deluse, i diritti non riconosciuti, i risultati al di sotto delle sfide. Questa società sembra più avanti del suo partito e non vive ossessivamente la sindrome dell'assedio "italiano". A questi settori sociali moderni, Laimer spiega che i documenti sono rimasti sul suo tavolo perché l'assessorato doveva traslocare. Diciamoci la verità: chissà se Laimer crede davvero alle cose che dice.
Ma un'occasione rischia di sprecarla anche il Pd. Prima non si è posto il problema di "come" realizzare il progetto dell'unica società e quali interessi territoriali occorreva mediare. Come se il progetto, da solo, potesse cancellare le lacune della norma e i dubbi sul conflitto d'interessi, solo perché era stata varata dal centrosinistra.
Poi ha evitato di prendere un'iniziativa politica a tutela dei comuni, Bolzano e Merano e gli altri, che non si sentivano rappresentati nella soluzione Sel. Infine, quando il pasticcio era in tavola, si è affidato ai collaudati sistemi della politica per addetti ai lavori: uno scambio con la Svp, in virtù del quale il Pd assicurava il sostegno che i due dissidenti Svp facevano mancare per ottenere una revisione del ruolo di Ae. Ancora la politica concepita come teatrino per un gruppo ristretto che celebra i suoi accordi interpersonali.
Una posizione che s'intuisce essere figlia di una vocazione minoritaria, alimentata dal timore che la Svp tratti con il Pdl, giocata dentro i rapporti di forza tra i ceti politici. Adesso la pausa offre a Svp e Pd l'opportunità di riflettere e compiere un salto di qualità. Lo vorranno? Noi ci auguriamo, nell'interesse generale, che ci riescano. Ma è bene chiarire qual è la posta sul caso energia: è la loro legittimità. Spesso i partiti dimenticano che viviamo al tempo della sfiducia dei cittadini verso i governanti. Sfiducia sentita come diffidenza, come principio di prevenzione, come arma per spingere chi governa a rendere conto del proprio operato e a rispettare gli interessi sociali.
Non bastano più le elezioni a dare a chi governa la piena legittimità: oggi i cittadini hanno ritirato la delega all'élite per decidere che cosa sia importante e che cosa si debba fare. Anche in Alto Adige è in discussione il principio secondo il quale gli eletti possano interpretare, guidare gli eventi, scegliere in nome della collettività solo sulla base del voto. La rappresentanza è scossa da questo cambiamento. Entrano in crisi mentalità, governance, prassi "familiari" che hanno funzionato per anni e che, ora, vacillano. I nostri assessori sono legittimati dal punto di vista procedurale-elettorale.
Ma questo è sempre meno sufficiente: presidenti, sindaci, assessori sono chiamati dai cittadini a unire alla legittimità legale (che nessuno contesta) una legittimità sociale e morale, costituita dal capitale di reputazione, di credibilità che sanno guadagnarsi con l'azione ogni giorno. Un esempio sono i comitati dei quartieri diventati, attraverso il nostro giornale, una nuova "istituzione" nel Comune. Se vuole, il Pd ha l'opportunità di giocare un ruolo da protagonista e non da gregario. Per riuscirvi non basta dichiararsi favorevoli alla società energetica unica. Occorre aprire un confronto trasparente con la Svp, ma anche con quelle opposizioni come i Verdi che hanno condotto una preziosa azione di trasparenza, e soprattutto con la società.
Si tratta di costruire il progetto con il consenso e la partecipazione più ampi possibili. Solo questo confronto pubblico può ottenere la fiducia di cittadini che intendono esercitare il loro diritto di controllo, di veto, di giudizio. E' questo l'antidoto migliore alla sfiducia. Per ridare slancio alla nostra autonomia non basta la legittimazione elettorale, diventa essenziale un confronto permanente con il territorio. Lo spiega molto bene lo studioso francese Pierre Rosanvallon nel suo libro «La politica nell'era della sfiducia». E' chiaro, quindi, che l'Alto Adige e il suo governo si giocano molto nella partita dell'energia. C'è da dare un assetto alla Sel che tenga conto dei comuni, in primo luogo Bolzano. C'è da chiedersi se i privati non possano svolgere anch'essi un ruolo nella Sel. C'è da rispettare le regole. C'è da indicare obiettivi e impegni vantaggiosi per cittadini e imprese (tariffe più basse).
C'è da garantire una gestione efficiente, che non somigli a quella dell'Ipes. La Provincia potrebbe creare una struttura indipendente per il controllo delle società collegate. Svp e Pd raccolgano la sfida. Qui si tratta di entrare in una fase nuova della nostra autonomia e i pasticci non ci fanno certo avanzare. Chi disegna un futuro che non sia rinserrato nei confini identitari, ma faccia dei cittadini e delle loro differenti identità un valore aggiunto della politica per costruire insieme il nuovo? Chi saprà farlo rappresenterà l'Alto Adige migliore













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