Il Pd altoatesino contro la scissione

Coro di no alla rottura: «Bisogna mediare». Domani alla assemblea nazionale presente solo Tezzele su sette invitati


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Dividere il Pd? Ipotesi che non piace al partito altoatesino. Come ieri i vertici del Pd nazionale hanno mosso tutte le leve per evitare l’uscita di una parte della minoranza, così in Alto Adige l’idea di una rottura incontra un coro di «no». All’importante appuntamento dell’assemblea nazionale di domani a Roma, che dovrebbe decidere il percorso verso il congresso con Matteo Renzi dimissionario come segretario, il Pd locale sarà presente a ranghi ridotti. I componenti della assemblea nazionale sono Liliana Di Fede (membro di diritto come segretaria provinciale), Roberto Bizzo, Mauro De Pascalis, Alberto Ghedina, Alessandro Huber, Ilaria Piccinotti e Alexander Tezzele.

Salvo ripensamenti, scenderà a Roma solo Tezzele.

A Bolzano chi potrebbe essere tentato dallo strappo? Nell’area di sinistra del Pd la più vicina a Pier Luigi Bersani è la deputata Luisa Gnecchi, impegnata ieri in contatti fitti con i colleghi. «Stiamo decidendo come muoverci in vista dell’assemblea nazionale. Non mi sono trovata d’accordo con Renzi fin dall’inizio, non è un mistero», ricorda Maria Luisa Gnecchi, che ha però firmato un appello delle deputate del Pd per l’unità del partito». E un giro di opinioni nel Pd altoatesino rivela più preoccupazione che desiderio di prove muscolari. C’è molta attenzione al tentativo di mediazione portato avanti dai ministri Andrea Orlando e Dario Franceschini. Nell’appello delle deputate Pd firmato da Maria Luisa Gnecchi si legge: «Assistiamo sgomente al rischio di dispersione di un patrimonio costruito faticosamente in tanti anni di battaglie, di idee condivise, di sacrifici». Liliana Di Fede riassume: «Il mio stato d’animo? Preoccupata. Bisogna fare di tutto per evitare una rottura, che farebbe malissimo al Pd. Il nostro partito ha senso nell’equilibrio di forze, sì diverse, ma ben radicate in un ambito di centrosinistra. E l’Italia ha bisogno di un centrosinistra». La vice segretaria Nadia Mazzardis scommette ancora su Renzi, «resta il leader che può fare le riforme, mentre sento ancora parlare di articolo 18. Con i giovani che sono tutti precari e gli imprenditori che non ce la fanno a stare in certe gabbie... Ma Renzi con il suo atteggiamento “ad excludendun” non aiuta. La politica è mediazione». Christian Tommasini guarda a Orlando e Franceschini: «Un intelligente lavoro di ricucitura. Non ci si può dividere sulla data del congresso. Discutiamo tra noi, ma credo ancora in una grande forza di centrosinistra. Renzi deve mediare». Così Carlo Costa: «Ricordiamoci chi siamo. Il Pd è nato dalla fusione di storie politiche diverse, cattolici e riformisti. Andare avanti con il tiro al piattello non si può, ma mediare è possibile e doveroso. È ancora Renzi che ci può fare vincere le elezioni. Altri leader non ne vedo». Renziana della prima ora, Ilaria Piccinotti è in pausa politica: «Serve uno scatto di responsabilità da parte di tutti, nessuno capisce cosa stiamo facendo. Non è il momento storico per andare alla conta». Alexander Tezzele dice: «Sarà brutale, ma andare al congresso è anche il modo più efficace per fare chiarezza. Ci sarà forse una scissione ai vertici, mentre non credo in una fuga della base. Resto fedele alla linea di Renzi». Mauro De Pascalis proviene dalla sinistra del Pd: «Orlando ha ragione. Il Pd va salvato, ma dobbiamo parlare della forbice che si è creata con gli elettori. Lo schema di Renzi è già vecchio». Netto anche Roberto Bizzo, ormai lontano dalla militanza renziana: «Ci abbiamo creduto in tanti, ma ciò che volevamo cambiare è salito sul suo carro. No alla rottura. Il Pd senza la sinistra non sarà più il Pd».

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