Il presidente e la sentinella della crisi

di Sergio Baraldi


Sergio Baraldi


Sostiene il presidente Durnwalder che in Alto Adige si sta bene oggi. Ha ragione. Ma domani? Può sembrare strano, ma la contesa tra il capo del governo territoriale e il vertice dell’impresa si può riassumere in questa diversa prospettiva temporale. Durnwalder guarda dietro di sé, osserva il lavoro svolto in questi anni, e rivendica con orgoglio i suoi risultati. Tenta, per quanto può, di ipotecare il futuro, ma la sua è una retrospettiva. Il vertice dell’impresa guarda avanti, non disconosce i risultati del governo altoatesino, ma anticipa alla politica e alla società le sfide che ci attendono nel tempo nuovo in cui siamo entrati, nel quale non è detto che quello che andava bene ieri, e solo in parte funziona oggi, debba valere per domani. Gli imprenditori non lo dicono, ma la loro scommessa sul futuro implica non solo un nuovo ciclo, ma anche una nuova o rinnovata classe dirigente. La diversa prospettiva in cui si collocano i protagonisti finisce per esprimere il conflitto del nostro presente che divide il mondo tedesco e, con esso, tutta la società. Non è detto che la nuova fase coincida con la stagione degli uomini che finora hanno rappresentato l’autonomia. E il fattore biografico pesa. La saggezza dovrebbe consigliare a Durnwalder e agli imprenditori di ascoltarsi e di parlarsi. Il passaggio dal secondo tempo dell’autonomia al terzo che si annuncia è complesso, difficile, richiede unità, non divisioni. E la capacità di cambiare marcia.
Al nostro giornale la frattura che si è aperta nel mondo tedesco dispiace: nessuno ha da guadagnare da una Svp in cui le divisioni si approfondiscano. Il sistema politico potrebbe scivolare a destra, verso una concezione ancora più identitaria della politica, che metterebbe a rischio la convivenza tra i diversi gruppi linguistici e farebbe arretrare l'intera società. Tuttavia, non c'è alternativa a una dialettica aperta, serrata, critica sia dentro il mondo tedesco e la Svp, sia tra loro e la comunità italiana. Ma se la Svp vive una crisi, i partiti italiani non stanno certo meglio in salute.
Eppure, il richiamo di Durnwalder alla coesione della società, sembra il sintomo della consapevolezza che solo un'ampia condivisione degli obiettivi può farci navigare in un mare sconosciuto. Ma per essere coerente, Durnwalder deve mettere in pratica per primo il senso di responsabilità richiamato nel suo discorso. L'impresa, d'altra parte, fa bene a insistere su modernizzazione e competitività del territorio che rappresentano un bene comune, ma forse deve ammettere che governare una società non equivale a governare un'azienda.
Tuttavia, non c'è dubbio che il presidente Pan, e con lui Ebner, Oberrauch e Plattner, pongono una questione centrale per il futuro. A mio avviso, lo sa bene anche Durnwalder. La quota dell'area dell'euro nel Pil (Prodotto interno lordo) mondiale che nel 2008 era pari al 18 per cento, a parità di potere d'acquisto, scenderà al 13 per cento nel 2015. Tra cinque anni. Nello stesso periodo, la quota dei paesi asiatici emergenti raddoppierà dal 15 al 29 per cento.
Questa crescita sarà dovuta principalmente all'aumento del Pil per abitante, che passerà nel 2015 al 20 per cento di quello dell'area euro, mentre nel 2000 era solo l'8 per cento. Ricavo questi dati da un intervento del governatore della Banca d'Italia Draghi su dati del FMI. Abbiamo davanti un radicale cambiamento degli equilibri economici mondiali a sfavore dell'Europa e a beneficio dell'Asia. Teniamo presente che l'ultima recessione ha fatto diminuire il Pil italiano di circa 7 punti.
E' chiaro che tra cinque anni non tutti in Europa staranno nelle medesime condizioni: ci saranno vincenti e perdenti, ci sarà chi vedrà la propria produzione di ricchezza mantenersi o persino crescere, e ci sarà chi pagherà per tutti. In quale colonna si collocherà l'Alto Adige? Saremo tra i perdenti o tra i vincenti? I sindacati che parlano di redistribuzione saranno accontentati: la redistribuzione ci sarà, ma non tra i dipendenti della provincia e i dipendenti delle imprese private, ma tra tutti i dipendenti europei e i dipendenti asiatici. Il loro reddito aumenterà, il nostro potrebbe diminuire.
Di certo molti in Europa dovranno ridimensionare possibilità e aspettative. Questa è la partita. Non tra pubblico e privato, non tra Alto Adige e Roma, non tra Durnwalder e Ebner. Ma tra Europa, Usa e Asia. Allora è chiaro perché l'impresa che compete nel mondo, e avverte per prima la durezza della competizione e quanto sia vitale per tutti la posta in palio, sia diventata, suo malgrado, la sentinella del territorio.
A che punto è la notte? Questa domanda risuonava per la sentinella. E la nostra sentinella-impresa lancia l'allarme: la notte è incerta e l'esercito deve prepararsi alla battaglia. Come ci si deve preparare? Bisogna riscrivere il nostro bilancio, concentrare le risorse, indirizzarle verso i settori strategici. L'Alto Adige è piccolo e non può permettersi il lusso di disperdere i fondi.
La battaglia si gioca tutta sulla competitività del territorio: le imprese sono la nostra guardia scelta che si batte per se stessa e per noi, ma le forze schierate in prima fila non possono vincere da sole, hanno bisogno di tutto l'esercito. Vorrei fare notare al presidente Durnwalder e ai lettori che gli industriali sul polo tecnologico vorrebbero partecipare con investimenti privati diretti: un'offerta che mostra quanto le pratiche virtuose imposte dalla concorrenza globale e dalla crisi abbiano cambiato la cultura delle aziende.
Ma l'impresa ha bisogno di poter contare su un sistema che faccia innovazione, ricerca, che abbia infrastrutture materiali e immateriali, un sistema dell'istruzione all'altezza della sfida della società della conoscenza. Durnwalder lo sa bene: la missione del pubblico sarà sempre di più costruire le condizioni dello sviluppo, reperire le risorse collettive, investire dove serve, ri-pensare il modello di sviluppo che cauteli la società dall'arretramento.
Dovrà difendere la trincea della crescita, perché quote di Pil europeo si trasferiranno altrove. Credo che sia chiaro perché Pan, Ebner, Oberrauch e Plattner criticano il bilancio: occorre cambiare passo, attuare riforme vere, riallocare le risorse con efficienza, occorre cambiare gioco e spiegarlo ai cittadini. Pensate che Durnwalder non lo sappia? Lo sa benissimo.
Che cosa dice in poche righe finali del suo discorso? Che l'Alto Adige governato da lui conta successi (ed è vero), ma "deve recuperare terreno" in alcuni settori. Ecco la lista di Durnwalder: cultura, istruzione, ricerca e sviluppo, integrazione. Aggiungete le infrastrutture e avrete la stessa lista degli imprenditori. Con una avvertenza: che per investire in questi settori occorre recuperare risorse da altri capitoli. Quali? Quello della struttura pubblica, ora troppo pesante, costosa, privilegiata. L'altro giorno il nostro giornale ha pubblicato un grafico con il costo per abitante della sanità: non solo l'Alto Adige spende più del Trentino, ma costa 500 euro in più pro capite della Lombardia. Ha torto Pan quando chiede: ma in Lombardia c'è un'assistenza meno qualificata? Credo che molti di voi risponderebbero: forse è "più" qualificata, con eccellenze internazionali.
Eppure costa meno. Se si guarda il grafico che abbiamo pubblicato sulla spesa ci accorgeremo che si parla tanto di tagli, ma la spesa in realtà non diminuisce. Ritenete che Durnwalder queste cose non le sappia? Le sa. E allora perché non si muove? Risponderei: per due ragioni, una politica e una culturale. La politica è che ha paura che, se non gestisce il passaggio secondo i suoi tempi e i suoi modi, la Svp salti per aria.
Quella culturale è che il nostro presidente è figlio del modello di società fondato sulla cogestione, che ha assicurato la crescita del passato. Già, ma domani? Domani forse servirà un modello differente, che sancisca un equilibrio diverso tra istituzioni e mercato, che renda più dinamico il sistema e inietti concorrenza nei servizi. Durnwalder fatica ad ammetterlo: è cresciuto secondo una logica molto statalista, la sua iniziativa ruota attorno a un attore, la "sua" Provincia. E con lui fatica a riconoscerlo una Svp ancora condizionata dai contadini.
Questo non vuol dire che in futuro il pubblico debba perdere centralità o importanza. Al contrario, dovrà acquisire nuovi significati e funzioni: efficienza, produttività (quindi dovrà dimagrire), qualità, strategia, regole, diritti. Ma questo è il problema: la velocità della politica non si adatta alla velocità del mondo che cambia.
E neppure la scala di pensiero: l'economia ragiona su dimensione europea e globale, la politica si chiude dentro i confini del territorio. L'impresa dice la verità, ma giustamente tocca alla politica governarla. La Merkel offrirebbe un esempio da seguire: ha aggredito con rapidità la spesa pubblica, ha investito cifre enormi sui capitoli indicati dalla nostra impresa, pensa la Germania "nel" mondo.
Potete scommettere che Berlino sarà nella lista dei vincitori. Anche Inghilterra e Francia fanno sul serio. E l'Alto Adige? Prende tempo davanti al bivio globale. Dove i cartelli sono scritti in cinese.













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