Il sopravvissuto: la maglia di Bonazza, orribile menzogna

Cesare Finzi è un ebreo sopravvissuto allo sterminio, cugino di Olimpia Carpi: «Lui non sa di cosa parla»



BOLZANO. «In fondo, è stata proprio Olimpia a salvarci, la piccola Olimpia». Cesare Finzi abbassa dolcemente gli occhi per un istante. Ora è solo e riposa. È un po' stanco. «Sa, ho 86 anni...». Ha passato la mattina al liceo Torricelli, davanti a centinaia di studenti. Con a fianco Tommasini, la sovrintendente, i professori. È il "percorso della memoria", che ora riguarda i giovani "i quali devono sapere di quanta cattiveria e di quali orrori sono capaci gli uomini - ha detto in aula magna - ma anche di quanta bontà...". Lui, ebreo ferrarese, cardiologo, questo percorso lo vive dal settembre del 1943.

Perchè Olimpia Carpi, la piccola bolzanina?

Era mia cugina. E mio zio Renzo fu denunciato dai vicini di casa e arrestato con l'altro cugino di Bolzano, Alberto. Loro due furono i primi ebrei presi e deportati.

Primi in Italia?

I primi. Era la notte tra l'8 e il 9 settembre del '43. Nel resto del Paese i tedeschi non c'erano ancora come invece accadeva in Alto Adige.

E Olimpia?

Fu portata via da casa con la zia Lucia il 15 settembre. Lo zio fu condotto prima in prigione a Bolzano e poi a Reichenau, nel lager austriaco. Loro due invece , finirono direttamente lì. E non tornarono più.

E lei?

Mio papà seppe quasi subito di quello che era accaduto ai nostri parenti. E allora ci prese e ci portò via da Ferrara.

Paura?

Da morire. Io avevo 13 anni. Qualche anno prima, nel '38 vennero promulgate le leggi razziali. La mattine papà mi mandava a prendere il giornale e anche quella volta lessi subito la prima pagina: gli ebrei espulsi da tutte le scuole del regno. Tornai a casa, in via Mazzini, nel vecchio ghetto, e chiesi a mio padre: e adesso?.

E allora?

Dopo l'8 settembre, saputo degli zii, scappammo in Romagna. Nelle campagne. Una brava persona ci dette dei documenti falsi. E con quelli sopravvivemmo fino alla fine della guerra con sempre la paura di essere denunciati.

Chi era quella persona?

Un fascista. Ma non chiese mai nulla in cambio. Neppure una lira. Gli dobbiamo la vita. Per questo dico che ci sono uomini e uomini.

A proposito, qui a Bolzano è presente in consiglio comunale CasaPound...

Lo so. Penso che alla base di certe scelte ci sia soprattutto l'ignoranza di quello che c'è stato, la mancanza di capacità critica, l'assenza di conoscenza della storia. Perché altrimenti non me lo spiegherei...

Andrea Bonazza di CasaPound è entrato in consiglio con una maglia della "Charlemagne" la divisione nazista di francesi collaborazionisti.

Beh, capisco la libertà di espressione. La democrazia è stata portata anche a Bolzano da chi ha combattuto la Charlemagne e vale per tutti, pure per loro. Ma se ci sono i diritti, come quello di parola, ci sono anche dei doveri. E il dovere primario è quello di rispettare la verità storica. Di non piegarla alla menzogna. La storia è una e non va travisata. Quelli erano degli assassini.

È ancora difficile essere ebreo?

In Italia è molto cresciuta la consapevolezza di ciò che è stato. Si fa molto per rispettare e conservare la memoria ma il razzismo, che magari oggi riguarda gli immigrati, è ancora vivo in mezzo a noi. E poi c'è un razzismo specifico, l'antisemitismo, che prospera di nascosto ma ogni tanto esplode.

Cosa ricorda di Olimpia?

Una bambina. Piccola, piccola. Venne a Ferrara con gli zii, un giorno d'estate. Aveva due anni. Era vivace. E sorrideva. Non l'ho più vista.

Come furono presi i suoi zii bolzanini?

Seppi che dopo la guerra ci fu un processo. Tale Clementi, che aveva una tabaccheria vicino al negozio dei Carpi, li denunciò ai collaboratori locali dei nazisti. Era uno che aveva optato per il Reich. A casa sua, pare fossero state trovate le posate d'argento che mia zia teneva per le occasioni importanti....

Cosa ha visto al liceo Torricelli?

Tanti ragazzi curiosi. E seri, e attenti.

Da quanto tempo parla della sua memoria?

Dal '97. A Forlì, il Comune aveva appena scoperto il luogo di un eccidio di ebrei. Mi chiamarono. C'era la sala traboccante di gente.

E a Ferrara?

Dei tanti ebrei che c'erano prima del '43 sono rimasti in pochi. Ero piccolo ma non troppo per non ricordare. Andavo già alle medie. E il mio professore era Giorgio Bassani. Insegnava latino.

Il grande scrittore dei "Giardino dei Finzi Contini”?

Lui. L'ho avuto per due anni. Solo dopo ho saputo che scriveva. (p.ca.)













Altre notizie

Il progetto

Religione e inclusione, a scuola un corso per islamici e cristiani

Trenta tra ragazzi e ragazze del professionale Mattei di Bressanone iscritti per capire quali possono essere i punti di contatto tra le due fedi. Il dirigente: «Ci siamo avvalsi anche di un collaboratore esterno, un musulmano praticante. La convivenza è stata al centro»


Fabio De Villa

Attualità