In gita con le ciaspole, attenzione al fattore sicurezza

Le racchette da neve attirano fan. Ma molti sono dilettanti allo sbaraglio. E gli incidenti aumentano. Una ricerca spiega perché


di Paolo Cagnan


BOLZANO. Sono trendy. Si possono noleggiare senza difficoltà. Basta calzarle e partire, con una coppia di bastoncini telescopici e uno zainetto sulle spalle. Sono le racchette da neve, più note come "ciaspole", termine derivato dal ladino della Val di Non dove sono nate e dove ogni anno una maratona semi-agonistica raduna migliaia di appassionati. Sono belle, ma pericolose: qualcuno, finalmente, inizia ad accorgersene. Gli incidenti sono in netto aumento: nell'area dolomitica dove sono ormai di casa, ma più in generale lungo tutto l'arco alpino. Incidenti anche mortali: escursioni spesso in solitaria che si concludono tragicamente, con un corpo precipitato in un canalone, o sommerso da una slavina.

Piacciono soprattutto agli escursionisti italiani, le ciaspole, considerate a torto una semplice alternativa rispetto alla classica camminata in scarponcini o moonboot lungo i sentieri. Certo, è più bello "galleggiare" sulla neve fresca che fare due passi a bordo pista: viste mozzafiato, contatto con la natura, rari incontri. Il rischio, però, è dietro l'angolo. A dirlo è una ricerca dell'Istituto di statistica della Provincia di Bolzano che ha messo a confronto sci-escursionisti e ciaspolatori, evidenziando una notevole differenza d'approccio: preparati ed equipaggiati i primi, dilettanti allo sbaraglio i secondi. Non sempre, certo, ma spesso.

Secondo lo studio, gli amanti delle racchette da neve sfiorano ormai il 25 per cento sul totale degli escursionisti. Partono piuttosto tardi (solo il 46,6 per cento prima delle 10 del mattino), il che non è mai un bene in montagna. Sono soprattutto juniores e seniores: i giovanissimi vivono le ciaspolate quasi fossero uno sport avventura, specie quando si tratta di lanciarsi a rotta di collo lungo pendii scoscesi.

Quanto ai seniores, li fa certo sentire più tonici. Ma è l'aspetto sicurezza a marcare la differenza: "I ciaspolatori", spiega Roberto Dinale, tra gli autori della ricerca, "trascurano pesantemente questo fattore. Solo il 37 per cento conosce il grado del pericolo valanghe al momento di partire per un'escursione e appena il 13,7 per cento ha con sé l'equipaggiamento standard: una pala, una sonda e l'Artva, il dispositivo che permette di essere rintracciati dalle squadre di soccorso anche sotto una valanga.

"C'è un concetto che sfugge a moltissimi ciaspolatori", aggiunge Daniele Moro, coordinatore del Servizio valanghe del Friuli Venezia Giulia, "ed è quello del cosiddetto sovraccarico. In presenza di un manto nevoso non consolidato, il passaggio di un escursionista a piedi su una porzione molto limitata di superficie imprime una sollecitazione spesso più che sufficiente a raggiungere gli eventuali strati deboli, provocandone il collasso e quindi la valanga".

Tradotto: il peso di un adulto di 75 chili sulla neve può essere più deleterio del passaggio con gli sci di alcuni escursionisti. Certo, è difficile immaginare che i "turisti della domenica" possano partire per una ciaspolata dotati di pale e sonde. Ed è questo il punto: nessun neofita si avventurerebbe in una discesa di sci-alpinismo senza un'adeguata preparazione fisica e conoscenza dei luoghi. Mentre una gita con le racchette non si nega a nessuno.

"La dotazione minima", spiega Lorenzo Zampatti del Cnsas, il soccorso alpino del Cai, "è fatta di giacca a vento termica, felpa in pile (non maglioni, perché si suda molto), scarpe da trekking idrorepellenti, abbigliamento pesante, bastoncini, zaino, guanti, berretto, una bottiglia d'acqua e un piccolo kit di pronto soccorso". L'avvertimento numero uno: mai da soli.

(pubblicato sull’Espresso del 20 marzo 2012)













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