«Inutile danno d’immagine alla nostra autonomia» 

L’intervista. Lo storico Di Michele: «Destra tedesca congelata in una foto del secolo scorso  Il vecchio Tirolo non potrà tornare. La guerra sui nomi riguarda tutti i nazionalismi»


Francesca Gonzato


bolzano. Prigionieri del Novecento. Ne abbiamo parlato con lo storico Andrea Di Michele, professore alla Lub, esperto della questione altoatesino-sudtirolese.

Nella scorsa legislatura la norma di attuazione sulla toponomastica si è bloccata per divergenze attorno alla denominazione monolingue o bilingue di frazioni e torrenti. Nel 2019 il caso riguarda addirittura il nome «Alto Adige». Cosa ci succede?

Dobbiamo prendere atto di un grande passo indietro nel dibattito pubblico. La Stf è costante in queste iniziative, questa volta la Svp si è affiancata. La situazione poi è sfuggita di mano. È una storia senza fine, siamo stati rispediti nel secolo scorso. Anche se l’episodio riguarda solo una legge, non la denominazione ufficiale, come purtroppo è stato accreditato su alcuni media nazionali.

Perché i nomi dei luoghi sono così importanti?

Perché rappresentano il fondamento e la legittimazione di un gruppo all’interno di un territorio. Se non possiedi nemmeno il nome per chiamare il luogo in cui abiti, non c’è alcuna legittimazione per il tuo vivere lì. È il tema forte del nazionalismo otto-novecentesco.

E come definirebbe le istanze della destra tedesca? La volontà di cancellare i nomi italiani, «fascisti» per definizione, è una parte di quale tutto?

È come se prendessero una foto del Tirolo precedente alla annessione e la fissassero come l’unica ammissibile. Ma non può essere così, non si torna indietro, è impossibile. La storia porta cambiamenti. Cento anni dopo, questo non è più un territorio esclusivamente tedesco. Volenti o nolenti, bisognerà accettare che esiste una comunità italiana del 28%, la maggior parte della quale nata qui, e nata dopo il fascismo. Il Tirolo storico non è restaurabile. Vorrei dire anche un’altra cosa. Le vicende dolorose della nostra regione non sono un unicum. Il Novecento è stato un secolo tragico. Gli spostamenti forzati di popolazioni, milioni di persone, sono stati uno dei temi, per non parlare dell’Olocausto. Per fortuna ne siamo usciti. Perché trasformarci in prigionieri volontari di quella storia?

L’equazione italiani d’Alto Adige uguale fascisti è ormai insopportabile.

Per restare sui nomi, allora bisogna ricordare i fatti: la storia di Tolomei inizia prima del Fascismo, il suo dna appartiene al nazionalismo, che è ancora tra noi: quante storie di orrori e cancellazione di identità attraverso i nomi conosciamo? Liberiamoci almeno noi, che abbiamo costruito una storia diversa, basata sul riconoscimento di culture diverse e sul plurilinguismo. E poi...

Prego

Nella prima guerra mondiale, in ambito austriaco si ipotizzava la “tedeschizzazione” del Trentino, nella toponomastica e nella istruzione. Chi ha vinto la guerra, ha imposto il proprio nazionalismo.

La Provincia aveva affidato a Francesca Puglisi un incarico per migliorare l’immagine dell’Alto Adige. L’attuale polemica che effetti potrà avere?

Un danno di immagine e ripercussioni politiche. Questa vicenda complicherà i rapporti con Roma e danneggerà l’immagine di una autonomia percepita da alcuni come privilegiata. Potrebbe esserci un effetto positivo, anche: le reazioni sono state così nette, che forse verranno rafforzate le posizioni più ragionevoli. Nella Svp esistono sensibilità diverse su questi temi, è noto.

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