Karl Ebner, il “ragioniere” dello sterminio a Vienna

Sudtirolese di Fortezza, la sua vicenda viene ora raccontata in un libro


di Carlo Bertorelle


BOLZANO. Nuovo volume, presentato martedì sera alla Lub, dell'editore Raetia, che continua nel del filone di indagine sulle pagine nascoste della storia sudtirolese. Questa volta al centro della scoperta – è proprio il caso di dirlo – è la vita sin qui oscura di un uomo piccolo piccolo che per gli strani casi della vita si trovò ad essere a capo di una sezione delicatissima della Gestapo a Vienna negli anni successivi all'Anschluss, la sezione che lavorava al rastrellamento e alla deportazione degli ebrei austriaci.

Lo “Judenreferent” in questione era Karl Ebner, nativo di Fortezza (1901), che aveva vissuto in Sudtirolo i suoi primi anni di vita, emigrando poi con la famiglia già nel corso degli anni Venti nel Tirolo dell'est. Tutto qui, quindi, il legame con il Sudtirolo e con le sue tormentate vicende tra le due guerre e poi nel periodo della regione dell'Alpenvorland annessa al Reich. Ma questo Karl Ebner rappresenta molto bene quella “banalità del male”, quella indifferenza burocratica nello svolgere mansioni di morte di cui ha parlato Hanna Arendt riferendosi al processo Eichmann.

L'autore della biografia, il viennese Thomas Mang che, pur non essendo uno storico di professione, aveva già svolto alcune ricerche sulla persecuzione degli ebrei della capitale austriaca, ha voluto infatti dare a questa sua opera un titolo che allude appunto alla mancanza di una personalità originale, alla assenza di scelte o di motivazioni ideali o morali in questo funzionario diventato una “eminenza grigia” rimasta sempre un po' nell'ombra: “Die Unperson. Karl Ebner, Judenreferent der Gestapo Wien. Eine Taeterbiografie”.

Nell'opera si sottolinea sempre la precisa responsabilità e la colpa di un uomo che ha diretto, anche se da una elegante scrivania, la mostruosa macchina organizzativa che ha portato alla prigionia prima, e alla deportazione verso i campi di sterminio poi, quasi 50.000 persone. Ma la fredda personalità di Ebner (una specie di Giano bifronte, dice Mang) viveva anche questa doppiezza, di leggere a casa la sera, con la figlia, i versi del Paradiso di Dante e di firmare al mattino dopo in ufficio le condanne a morte.Sembra che il totale allineamento di Ebner e della sua coscienza alle direttive della Gestapo nascessero da una fedeltà assoluta e cieca allo stato, da obbedire con ossequiosa e religiosa fedeltà. Da questi presupposti scaturivano le conseguenze coerenti di applicare norme e paragrafi con perfetto rigore anche giuridico, dato che Ebner era quasi un intellettuale, aveva basi giuridiche e quasi una passione per diritto e letteratura.

Un coinvolgimento ideologico nazionalsocialista di Ebner, per Mang, praticamente non ci fu, e addirittura si fatica a scorgere in lui una particolare inclinazione antisemita, affermazione che suscita qualche perplessità nel corso della discussione alla Lub. La sua era indifferenza totale, e l'unica spinta era quella opportunistica della carriera, che infatti lo aveva portato brillantemente, proprio per l'efficiente obbedienza, da modesto impiegato scrivano ai vertici della Gestapo di Vienna. Il fiuto opportunistico e carrieristico spingeranno poi Ebner, nella fase declinante del regime, a muoversi in modo più duttile e a farsi coinvolgere anche in manovre anti-Hitler di alcuni settori dello stato.

E l'attaccamento a certi ambienti cattolici, come la sua particolare e paradossale devozione religiosa (aveva servito messa fin da piccolo al vescovo di Bressanone) lo porteranno addirittura a darsi da fare per raccomandazioni utili alla salvezza di alcune personalità cattoliche che erano state condannate. Intervenendo a loro favore, Ebner guardava già alla propria salvezza e al proprio futuro dopo il crollo del nazismo, calcolo che gli valse infatti nel 1948, al processo per crimini nazisti, di scampare alla condanna a morte.

Ebner fu condannato a vent’anni di carcere duro, dopo poco ottenne la grazia e si ritirò a Vienna in un'oscura e ignorata attività di contabile e amministratore di condominio. Un’anonimato durato fino al lavoro di Mang.

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