L'intervista

L'allarme del preside: «I bambini giocano a “Squid game”» 

Franco Lever, dirigente delle scuole elementari Manzoni, invita le famiglie a un maggior controllo. La popolare serie televisiva è vietata ai minori di 14 anni e ne può essere oscurata la visione


Paolo Tagliente


BOLZANO. È un successo planetario. Senza precedenti. Un prodotto che unisce magistralmente dramma, thriller e horror. Ma gli stessi motivi che hanno portato al successo “Squid game”, la serie coreana trasmessa su Netflix, sono gli stessi che stanno mettendo in allarme insegnanti e genitori. In tutto il mondo. In molte scuole dello stato di New York, ad esempio, ad Halloween sarà vietato anche indossare i costumi della serie.

Troppi bimbi, infatti, a cui la visione di un programma destinato ai maggiori di 14 anni dovrebbe essere preclusa, stanno emulando il “gioco del calamaro” – “Squid game”, appunto –: i partecipanti, divisi in due squadre, devono cercare di entrare saltando su un solo piede all’interno della figura stilizzata di un calamaro disegnata a terra con il gesso. La fazione opposta, quella dei “difensori”, deve difendere il calamaro buttando fuori gli attaccanti. E per farli arretrare è ammessa anche la violenza.

È accaduto anche alle elementari Manzoni di Bolzano e il dirigente dell’Istituto comprensivo Bolzano VI, Franco Lever, ha deciso di correre ai ripari, inviando una circolare alle famiglie, invitandole a verificare le impostazioni del “parental control” di Netflix.

Cos’è successo a scuola, dottor Lever?

Noi ci siamo mossi perché osserviamo i nostri bambini, in classe e quando giocano in cortile. E quando vediamo che ci sono atteggiamenti non consoni o comunque c’è qualche novità all’interno del contesto, proviamo a indagare. Un’insegnante, quindi, ha richiamato subito la mia attenzione riferendomi che alcuni bambini simulavano il gioco di questo Squid game, questa serie televisiva. Si tratta di bambini di 8 anni che, evidentemente, hanno avuto accesso a un programma vietato ai minori di 14 anni. Siamo pienamente consapevoli che il lockdown e tutta questa situazione hanno messo i genitori di fronte alla necessità di utilizzare, a volte, la televisione come forma alternativa di “babysitteraggio” per i loro figli, ma abbiamo solo voluto richiamare la loro attenzione a un maggior controllo oppure all’utilizzo di piattaforme che consentano di bloccare certi eventi televisivi non consoni all’età.

Un’attenzione puntuale, quella della vostra scuola, che va ben oltre l’aspetto meramente didattico.

Forse un tempo, ci si limitava solo alla didattica. Ora, invece, il nostro obiettivo è il benessere dei bimbi e questi due ultimi anni hanno senza dubbio lasciato il segno. Ne siamo tutti pienamente consapevoli e, per questo, ogni volta che facciamo una riunione o mandiamo una comunicazione, cerchiamo di riportare l’attenzione sui comportamenti e sugli atteggiamenti dei bimbi. In questo caso, è stata attirata l’atteggiamento di una insegnante che mi ha subito riferito quanto stava accadendo e, quindi, ci siamo subito attivati.

Insomma, anche questo è il segno che qualcosa è cambiato nel rapporto tra scuola e famiglie negli ultimi due anni.

In questo momento siamo molto vicino ai genitori, così come eravamo loro vicini nel periodo della didattica a distanza, con frequenti incontri con i rappresentanti di classe e con molti genitori. Proprio perché loro avevano bisogno di sentirci vicini, ma anche noi ne avevamo bisogno perché i bambini erano a casa con loro. Sì, in questi due anni, tra scuola e famiglie s’è creato senza dubbio un legame più forte.













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