L'INTERVISTA emma dal prà liceo carducci 

La maturità alla svedese: cappellino, fiori e foto da piccola 

La studentessa del Carducci. Mamma nordica, ha frequentato il quarto anno a Lund: «A casa parlo svedese, ma non sapevo scriverlo» Conosce sei lingue. «E me la cavo anche con il norvegese e il danese»


DAVIDE PASQUALI


BOLZANO. Dal nome non si capisce, ma Emma Dal Prà per metà è svedese. E allora si comprende perché all’uscita dal Carducci, al termine dell’esame di Stato, in onore della mamma nordica si è fatta fotografare come fanno i maturi a Lund: cappellino da marinaio, fiori al collo e un cartello con una foto di quand’era piccola. È uno dei tre 100, di cui uno con lode, della sua classe, al liceo linguistico. Gente con una marcia in più, anzi, con diverse marce in più. Emma infatti, oltre a italiano, tedesco, inglese, francese e spagnolo, parla e scrive pure in svedese. E, non contenta, racconta di essere in grado di farsi capire anche in norvegese e in danese. Un passato da nuotatrice - farfalla, ha partecipato anche ai nazionali in staffetta - e da pianista, ora studierà lettere a Ferrara, piccola città che le ricorda Lund, dove ha frequentato il quarto anno e dove pensa di tornare anche per l’Erasmus.

Covid permettendo.

Racconta: «Ho frequentato il liceo linguistico tradizionale, al Carducci. Nella mia classe, tre cento, di cui uno con lode». Tutte e tre donne. Un risultato arrivato tutt’altro che per caso. «Mi sono sempre impegnata molto, a scuola, tutti gli anni». Contrariamente ad altri compagni di classe, pure eccellenti, impegnati in tantissime attività anche fuori scuola, Emma si limita a un: «Ho fatto un po’ di nuoto agonistico». Ma ha tutta l’aria di essere puro understatement britannico. Incalzata precisa: «Fin da piccola, avevo 5 o 6 anni quando ho iniziato con i corsi. Nuotavo a delfino, sulle distanze corte, sui 50 e sui 100 metri. Gareggiavo per la Bolzano nuoto. In terza media sono stata ai nazionali a Riccione, in staffetta però». Emma ha «nuotato seriamente fino a due anni fa». Il seriamente consisteva solamente in questo nonnulla: «Due ore al giorno di allenamento, cinque giorni la settimana. Nel weekend poi avevamo le gare». Fino alla prima superiore, trovava pure il tempo di seguire lezioni private di pianoforte. «Ma era troppo tutto assieme, troppi impegni». E così, a inizio liceo, basta musica. Il nuoto invece lo ha coltivato seriamente fino a due anni fa, poi, dice lei, non più sul serio. «Volevo concentrarmi di più sullo studio. Ora nuoto due volte a settimana». Ha smesso in quarta in concomitanza con l’anno di studio all’estero. Non in un posto dove vanno tutti o tanti. È stata a Lund, in Svezia. Piuttosto strepitosa la motivazione: «Sono mezza svedese. Volevo imparare a scrivere nella lingua madre di mia mamma. In casa con lei parlo svedese, volevo imparare a scrivere testi e leggere libri». A Lund è andata a stare dalla nonna: «Ho studiato al linguistico, mi sono trovata molto bene». E non sono mancati i risultati. Verso la fine del quarto anno all’estero, a maggio, ha sostenuto un esame di lingua svedese all’università. «L’ho passato, ora potrei studiare anche in Svezia, perché quell’esame serve da test di ingresso». L’intenzione sarebbe un anno di Erasmus in Svezia. «Ci sono molte facoltà umanistiche, si insegna linguistica». Emma, come detto, ha le lingue nel cuore: ne conosce sei. E oltre allo svedese e a quelle imparate o approfondite a scuola, «riesco a comunicare facilmente anche in norvegese e in danese».

Alla fine dei cinque anni, il lockdown. Niente nuoto, lezioni a distanza. «Secondo me la didattica a distanza è sicuramente una bellissima cosa. Sinceramente spero che nei prossimi anni - mi auguro naturalmente non per via del virus, speriamo si riandrà a scuola - si utilizzi maggiormente la tecnologia, anche durante le lezioni. Per esempio prendendo appunti col pc senza sprecare quintali di carta, o facendo ricerche su internet durante le lezioni». Le videolezioni? Emma cita due profe. «La prima spesso non si presentava a lezione, diceva di avere problemi col wifi, ma ce la siamo cavata lo stesso. L’altra, ottenuto il mio cellulare, ne approfittava per chiamarmi a qualsiasi ora, una volta addirittura di domenica». Difficile, insomma, delimitare spazi e tempi privati e pubblici. «Ma è stata l’unica cosa negativa». E l’esame? «Personalmente mi è piaciuto molto tornare a scuola, non sarebbe stato lo stesso in videoconferenza. E poi sono sempre andata bene nelle interrogazioni, negli orali, anche se non credo avrei avuto problemi con gli scritti». Ora, a fine luglio, piccolo test di ammissione a Lettere, «la facoltà è a numero aperto». La città: Ferrara. «Mi piace, è un po’ come Lund: non grandissima, accogliente, mi sento a casa. Conosco ragazzi che studiano lì e si trovano bene. Ho visitato l’università due volte, quest’anno; mi è piaciuta molto. E poi la popolazione è giovane, tanti studenti, non fai fatica trovare amici».













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