La nuova Zona, tra fabbriche e cultura

Convegno dell’Eurac: «Va ripensata. Capannoni riusati per eventi e nuove produzioni artistiche e cinematografiche»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. La Zona è quasi mezza Bolzano. Eppure non sa da che parte andare. C'è la strada indicata da Assoimprenditori che dice: resti zona produttiva. C'è quella (fino a ieri) del Comune che ribatte: diventi anche parzialmente abitativa e comunque "mista".

Le due direttrici collidono. Adesso ne arriva una possibile e nasce da una proposta lanciata all'Eurac da Tommasini: "Una nuova alleanza tra pubblico e privato per farne luogo sì di industria, ma di industria anche culturale". E' il terreno su cui ha promosso la sua indagine l'Eurac. Ed è quello indicato da Harald Pechlaner, direttore dell'istituto per lo sviluppo regionale dell'Eurac stessa, che ieri all'ex Gil ha illustrato alcune conclusioni di una ricerca che ha individuato proprio nella Zona industriale il luogo attraverso cui Bolzano potrà transitare dal passato al futuro coniugando produzione, ricerca, innovazione con una nuova forma di ricchezza, quella che trasforma i "non luoghi" della fabbrica novecentesca in possibili startup capaci di attrarre interesse ma anche di produrre indotto. E occupazione.

"E' una visione troppo bloccata quella di un futuro solo industriale - ha osservato - perchè oggi l'industria è leggera, spesso terziarizzata, proiettata verso l'innovazione. E non sempre produzione significa assemblare prodotti di consumo. La Zona è un incredibile contenitore di capannoni, fabbriche dismesse, grandi spazi che aspettano solo una nuova destinazione."

La giornata dell'Eurac Culture mets economy ha messo a confronto politica, ricerca, industria e cultura proprio per indagare questa nuova "terza via" e per indicarla in particolare per Bolzano Sud. Luogo ancora informe, in cerca di una destinazione. Diviso com'è tra industria pesante, produzione classica, poli dell'innovazione, spazi pubblici (il polo della ricerca all'ex Magnesio) e tanti terreni dismessi. Un patrimonio in cerca di destinazione d'uso. Ma quali possono essere le compatibilità economiche di questa operazione di riqualificazione? In sostanza: chi ci metterebbe i soldi? Tommasini propone un patto tra pubblico (Provincia e Comune) e privati. "Perchè - dice il vicepresidente - la cultura crea ricchezza. Non è solo un costo. Soprattutto cultura in senso contemporaneo: spazi per mostre, luoghi dedicati ai concerti e al ritrovo, capannoni riusati per nuove produzioni artistiche e cinematografiche. E' un immenso campo di indagine e di possibile profitto. Capace di creare anche nuove opportunità di lavoro". Per questo ieri all'Eurac, oltre che la politica (Tommasini e Achammer) era stata invitata l'imprenditoria (Giovanni Podini e Lun della Camera di Commercio) l'università (Dalla Lub a Morelli dell'ateneo di Bergamo, Suitner di Vienna, Koschuba da Berlino) e ancora studi di urbanistica per indicare le possibili direttrici di una pianificazione della Zona sull'esempio di altre zone produttive in giro per l'Europa che sono passate dall'essere "non luoghi" di una industria pesante e semipesante ormai antieconomica, in location per imprese innovative e spazi culturali e artistici. Tobias Planer, del Comune. E anche gli artisti stessi, dal fotografo blolzanino Degiorgis, a Hannes Egger di Lana, a Rolf Giergold di Berlino.

"Abbiamo indagato un possibile spazio potenziale - ha ancora osservato Pechlaner dell'Eurac (che col preside della facoltà di design della Lub, Gerhard Gluehler ha coordinato il meeting) - e siamo arrivati alla conclusione che produzione e innovazione possono trovare una buona sintesi nell'industria culturale. La gente arriva dove trova interesse e una Zona solo produttiva in senso classico attrae solo impiegati che l'abbandonano prima di sera. Nuovi luoghi e nuove riqualificazioni possono produrre nuovo interesse. E con esso frequentazione e con la frequentazione anche nuova ricchezza ".

Ecco la chiave: far intravvedere possibilità di profitto (privato) dove pareva ci fossero solo costi (pubblici). In un momento in cui Bolzano cerca opportunità , con tanti progetti bloccati sul nascere e cantieri chiusi, la Zona è lì che aspetta di liberarsi dal passato.

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