la storia

La pittrice Anna Spagnolli dona i suoi quadri all’Ipes 

 La presidente Tosolini: «Serviranno per una mostra, per raccontare vite vissute». Si tratta di dipinti, olii, acquarelli, disegni e scritti. «Nei particolari c’è il segreto delle cose» 


Paolo Campostrini


BOLZANO. «Il primo concorso? L’ho vinto a sette anni…». Adesso ne ha un po’ di più Anna Lia Spagnolli, classe di ferro. Di quelle che sole o tempesta, giorni bui e no, riescono come d’incanto a passarci in mezzo mantenendo gli stessi occhi chiari e lo stesso sorriso che in quelle speranze di bambina. Era d’arte, il concorso. Ed era stato bandito dalla Rai. Eccolo il sogno che diventava realtà. «Da allora non ho mai smesso». Smettere neanche pensarci, tuttavia mettere insieme i dipinti e il quotidiano era una questione più complicata. «Ma nulla lo è a tal punto da non fare quello per cui ti convinci che sei nata».

Anna Lia è di Rovereto. Poi l’Alto Adige, la famiglia, un figlio. E l’idea che il suo dono potesse servire a qualcuno: «Se a uno capita di essere meno fortunato di me, perché non dargli una mano, mi sono detta…».

Detto fatto. Tante sue opere sono servite a questo. E adesso ha deciso di donare gran parte di quello che ha costruito nella sua lunga vita (“Ho 83 anni e inizio a sentirli” sorride) a chi è in grado di mostrarlo a più persone possibili.

«Ci ha chiamato e ci ha detto: volete vedere cos’è ho nel mio studio? - ricorda Francesca Tosolini, presidente dell’Ipes (Istituto edilizia agevolata) - e allora venite a trovarmi».

Perché, ha aggiunto Anna Lia in quella telefonata, voglio prima che capiate se vi vanno.

Andavano, eccome.

E così il suo “corpus” di dipinti, olio, acquarelli, disegni, scritti, che illustrano una vita passata a osservare con curiosità ogni giorno che appariva sulla terra, sono stati donati all’istituto. «Cosa ci vedrete? Quello che ho visto io. Ne più ne meno - spiega oggi - e dunque la natura ma non i grandi paesaggi, gli scorci più attrattivi».

E per quale ragione? «Mi sono accorta che le persone vanno via veloci. Si accorgono delle grandi cose, come dei grandi spettacoli, ma non hanno la pazienza di guardare oltre».

E per lei? «Conta invece il particolare. A volte in quei pochi metri di cielo o di prato c’è tutto il mondo in miniatura. C’è il segreto delle cose».

Ha abitato in una casa Ipes, Anna Lia Spagnolli. Da qualche anno in un appartamento di Caldaro, perchè lì vede le piante e le montagne.

«Io e mio marito - confessa - non siamo più quelli di una volta. Tecnicamente - aggiunge - saremmo dei disabili. Ma non conta. Conta che io possa stare con la mia tela da riempire ancora». Lei, la sua famiglia hanno trovato nei vicini una comunità capace di non far sentire soli. La sua esperienza di supporto ai portatori di handicap per gran parte della vita, le ha insegnato a non lasciare indietro nessuno, a non guardare di sottecchi chi magari non ti saluta la prima volta: «Ma la seconda sì. Per via del fatto che non mi piace lasciare le cose come sono ma dire che comunque, se serve, io sono qui…».È servito. La problematicità legata alla convivenza in questi alloggi popolari, in cui il ricambio degli inquilini è spesso molto fitto e a volte non lascia spazio alla conoscenza, con Anna Lia è stata uno stimolo più che un ostacolo. Con persone come lei e gli altri suoi vicini, sembrano lontane le immagini di altre realtà Ipes, dove sono necessari i vertici tra istituto e forze dell’ordine, dove si prova ad arginare il degrado con il supporto di associazioni e specialisti.

«Serve tutto, in alcune circostanze - aggiunge la presidente Ipes, da poco di ristorno dalla visita in cui l’Istituto ha preso in consegna le opere di Anna Spagnolli - ma alla qualità dell’abitare contribuisce in primis la bontà delle relazioni tra vicini, la gentilezza dei piccoli gesti quotidiani, la tolleranza e il dialogo reciproco».

Un sogno? Lì dove stanno i piccoli paesaggi interiori che svelano anche il senso di una vita, non lo è da tempo.

E quello che è accaduto in quella casa Ipes restituisce anche uno spaccato sociologico di grande attualità sul piano delle dinamiche interne alla politica abitativa supportata. Vale a dire l’invecchiamento della popolazione che occupa appartamenti come quelli di Anna Lia. Che si sono riempiti di lunghe vite, di problematicità anche sanitarie, di difficoltà di vita ma anche di esperienze, di capacità di tessere relazioni e di non farsi prendere dai fastidi della convivenza. Forse per tutto questo è stato deciso questo: Anna Lia ha voluto donare i suoi quadri all’Ipes e l’Istituto li ha felicemente presi in carico. Serviranno per una mostra, per raccontare vite che si rivelano solo attraverso l’arte e che passano le giornate nella quiete di esistenze serene. Ma, in tanti casi, esemplari.

 













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