«Lavoro e prendo decisioni Non sono un onnipotente»

Gerhard Brandstätter, una vita a cavallo tra professione, politica e banche


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Il potere in Alto Adige. Vedi alla voce Brandstätter. Prosegue con Gerhard Brandstätter la nostra serie dedicata agli snodi dei poteri provinciali. Titolare di un importante studio legale, membro di numerosi collegi sindacali come revisore, presidente della Cassa di Risparmio, dopo averne guidato la fondazione, è stato uno dei consulenti principali dell’ex presidente Luis Durnwalder, componente o presidente di consigli di amministrazione, come la società Areale ferroviario, e leader dell’area economica della Svp. «Dopo la nomina alla presidenza della Cassa di Risparmio ho lasciato tutti gli incarichi, dalla Svp alle società pubbliche, mentre conservo naturalmente lo studio legale», precisa. Brandstätter ha con il potere la confidenza di chi cresce in famiglie come la sua. Il padre Josef Brandstätter è stato il fondatore dello studio legale e fu presidente della Cassa di Risparmio dal 1963 al 1989. Così Brandstätter (al tavolo anche il direttore Alberto Faustini e Maurizio Dallago).

Quando si parla di sistema Alto Adige si pensa all’intreccio tra professioni, politica e istituzioni. Lei può esserne un esempio. Ma per lei cos’è il potere?

«Quando si parla di potere sembra naturale farlo con accezione negativa. Non ritengo di essere una persona di potere. Lavoro molto, ho avuto presto mandati e responsabilità decisionali. Da giovane avvocato, mi trovai a Roma a seguire una causa importante e dovetti prendere subito delle decisioni. Ecco, per me il potere è responsabilità e capacità di decidere».

Lei si è impegnato in politica, ma mai direttamente come parlamentare o assessore. Perché?

«Ho deciso da giovane di puntare sullo studio legale e sarebbe stato impensabile coniugare impegno professionale e cariche elettive. E poiché tutto mollo, tranne la professione, la scelta è stata semplice. Ho la responsabilità di quaranta persone e amo il mio lavoro, per il quale seguo una linea precisa: sono un avvocato e faccio l’avvocato, i clienti sono clienti, mai partner di affari».

Quali sono stati i suoi maestri?

«Sono stati preziosi i consigli di mio padre. Il mio mentore è stato il professore Salvatore Pescatore, importante avvocato a Roma. Dopo la laurea a Firenze, ho effettuato uno stage a Bruxelles. Poi ci sono state esperienze a Milano e negli Stati Uniti e infine sono arrivato a Roma con il professor Pescatore, grazie al quale ho approfondito il diritto societario e bancario, occupandomi delle prime fusioni bancarie».

Poi il rientro a Bolzano e lo studio di famiglia. Quando è iniziata la sua collaborazione con Durnwalder?

«All’inizio degli anni Novanta mi chiamò. Lo conoscevo appena. Mi disse che dovevano sostituire i vertici di Mediocredito. Pensavo che cercassero un legale, “no, la chiamo per la presidenza”. Avevo delle remore, temevo che il lavoro a Trento in Mediocredito interferisse troppo con l’attività dello studio legale. Mio padre mi disse “ a un governatore non si dice di no”».

Il Gerhard Brandstätter banchiere nacque lì.

«Sì, seguimmo la trasformazione di Mediocredito in Spa, poi è arrivata la Fondazione Cassa di Risparmio e ora la presidenza della banca stessa».

Quale ruolo hanno in Alto Adige le famiglie e le reti di conoscenze?

«Una decina di anni fa l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl tenne a Bolzano una conferenza. Cenammo insieme e parlammo dell’unificazione della Germania. Mi disse che su quell’evento epocale circolavano molte ricostruzioni complicate. La realtà, mi disse, è che senza l’intesa personale tra Kohl stesso, Reagan e Gorbaciov, l’unificazione non ci sarebbe stata. Le decisioni sono prese da uomini e si basano sul rispetto e la fiducia».

Risposta sfuggente. Chi tira maggiormente i fili, l’economia, la Svp, la chiesa, la massoneria, le famiglie, le banche?

«La democrazia si basa sulla società civile, che esprime varie componenti. Non so quanto la massoneria sia presente in Alto Adige. Per il resto, giudico che nella nostra provincia abbia funzionato bene il connubio tra diverse espressioni della società civile. C’erano certamente la chiesa, i partiti, le associazioni, ed anche il sistema bancario locale».

Ne parla all’imperfetto. Quello schema è esaurito?

«La società è cambiata, i ruoli storici dei partiti, dei sindacati, della chiesa sono cambiati. I cittadini hanno assunto più autonomia».

Un vuoto viene sempre riempito. Rischio o opportunità nell’indebolimento dei poteri tradizionali?

«Giudico il cambiamento una chance. Nonostante la crisi economica, l’enorme debito sovrano, le guerre alle porte, l’emergenza profughi, noi europei restiamo la generazione più fortunata di tutta la nostra storia. Viviamo in pace e godiamo di uno stato sociale di ottimo livello. La sfida è rappresentata da una crescita demografica insufficiente a fronte di una terza età in aumento».

Come presidente si trova a gestire la situazione di grande difficoltà della Cassa di Risparmio. È una scommessa in cui lei investe anche la sua immagine.

«Dopo la grave situazione vissuta nel 2002-2003 nella Fondazione, non pensavo che avrei dovuto affrontare ancora una situazione così critica. La banca paga pesantemente certi errori di strategia, ma si dovrebbe anche ricordare che ha giocato un ruolo decisivo nello sviluppo della nostra economia. È difficile comunicare a clienti storici dell’impresa e dell’edilizia che non li si può più supportare come un tempo, ma le indicazioni, anche da parte del regolatore, sono precise. Un tempo il nostro bilancio proveniva per oltre il 70% dal settore “corporate”: dobbiamo scendere di molto rispetto a quella percentuale. Sono convinto che la Cassa di Risparmio, con i suoi 1400 posti di lavoro, abbia davanti a sé un futuro ancora importante».

Come consulente di Durnwalder si è sentito anche parte di un progetto, politico, economico o sociale? Il potere è un fine o l’obiettivo? Siete stati la generazione che ha consolidato l’autonomia. Con le luci e le ombre della sua gestione.

«Con il presidente Durnwalder ci siamo dati a lungo del “lei”. Mi consultava spesso, ma la mia consulenza era tecnico-legale, non di carattere politico o esecutivo, ambiti riservati ad altre figure. Un progetto? Mi sono sentito e continuo a sentirmi un protagonista attivo della società. Ho la mia linea e ho lavorato per attuarla: credo nella convivenza pacifica, nell’autonomia dinamica, in una economia ecosociale di mercato. Il marxismo e il capitalismo puro hanno fallito. L’economia, lo stato sociale e l’ambiente devono essere componenti chiave della nostra società».

Dopo il modo di governare di Durnwalder, come giudica Kompatscher?

«Due modi diversi di governare, come è giusto che sia. L’Alto Adige è stato molto fortunato. Abbiamo avuto la grande lungimiranza diplomatica di Magnago, la straordinaria capacità amministrativa di Durnwalder e ora abbiamo un giovane governatore di grande talento, con le sue visioni. Sono convinto che possa fare bene. Vive con intensità le tematiche economiche e sociali, dalla riduzione delle tasse alla sanità, è convinto che il successo economico serva anche per consolidare uno stato sociale, che certo va adattato».

Ci sono state visioni che hanno reso forte l’Alto Adige. E ora?

«Bisogna continuare a puntare sul nostro ruolo di ponte tra nord e sud, dalla cultura all’economia. Kompatscher giustamente cura con attenzione le relazioni nazionali e internazionali, in linea con la funzione storica dell’Alto Adige. Siamo piccoli. Non potendo contare sulla quantità, giustamente abbiamo puntato sulla qualità».

La Svp resisterà o ci sarà la scissione di cui si parla da anni?

«Cambia anche la Svp, ma il suo ruolo resta importante,perché garantisce stabilità, convivenza e governabilità. A proposito di governabilità, da bolzanino non mi piace quanto sta accadendo in Comune».

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