Mancano preti, la Curia riparte dai laici

Entro vent'anni i sacerdoti scenderanno da 177 a 50. Ai laici - oltre ai funerali - saranno affidati battesimi e matrimoni


di Massimiliano Bona


BOLZANO. «Le Parrocchie altoatesine non saranno più piccole monarchie, ma gruppi di persone motivate, con un team di laici alla guida»: Reinhard Demetz, direttore dell’Ufficio pastorale, spiega così il piano di riorganizzazione della Chiesa in Alto Adige che porterà a medio termine alla riduzione delle Unità pastorali da 71 a 32. Il problema di fondo, soprattutto in prospettiva, è costituito dalla mancanza di vocazioni, prova ne sia che attualmente ci sono solo 3 seminaristi in tutta la provincia, di cui due altoatesini e uno dell’Est. La responsabilità operativa delle Parrocchie passerà gradualmente ai laici, che potranno fare tutto o quasi. «Penso alla Liturgia della parola ma anche ai funerali e, più avanti, anche a battesimi e matrimoni».

Le sole cose che resteranno precluse a chi prete non è – ma vorrà vivere la Parrocchia da protagonista – saranno Messe, confessioni, cresime ed estreme unzioni. Oggi i sacerdoti attivi sono 177, di cui 111 residenti in parrocchia, «ma in prospettiva - continua Demetz - questo numero si ridurrà a 50 per 281 parrocchie. Anche per questo diventerà fondamentale il ruolo delle Unità pastorali. Grazie a queste ultime le singole parrocchie, che non potranno confrontarsi con la Curia per ogni singola cosa, ne guadagneranno anche in autonomia». Già, ma cosa sono esattamente? «Si tratta, semplificando, di organismi che coordinano e mettono in rete parrocchie giuridicamente autonome».

Questo piano di riordino, che la Diocesi sta illustrando in incontri zonali con i fedeli in tutta la provincia - ieri a Bolzano, venerdì a Merano, martedì 4 aprile a Caldaro, mercoledì 5 aprile a Brunico e giovedì 6 aprile a Silandro - dovrà essere completato entro il 2022. «Non sarà un piano imposto dall’alto - sottolinea Demetz - ma una riorganizzazione territoriale per arrivare ad una Chiesa più partecipata».

Nessun dubbio sul fatto che i preti, già oggi, per compensare la carenza di vocazioni debbano fare doppi e tripli turni. Il record spetta a 4 parroci che devono seguire 6 parrocchie a testa, altri 5 ne seguono 5 ma ben 14 sacerdoti devono farsi carico di 4 parrocchie contemporaneamente. Ventuno sacerdoti sono attivi su tre fronti, 44 sono i referenti per due parrocchie e solamente 32 hanno la fortuna di doverne gestire una sola. «Nel medio periodo - spiega Demetz - ogni parroco dovrà gestire direttamente una sola parrocchia, mentre nelle altre saranno nominati responsabili laici. Il prete ci sarà, ma come collaboratore».

Tra i principi fondamentali di questa sorta di rivoluzione dal basso c’è quello della sussidiarietà. «Come ogni persona, anche ogni parrocchia può e deve fare da sola - sottolinea Demetz - tutto ciò che può essere fatto a livello di parrocchia. Le Unità pastorali devono avere invece dimensioni tali da garantire l’autonomia delle singole parrocchie».

In media un’Unità pastorale sarà costituita da dieci parrocchie. «L’obiettivo è quello di elaborare un progetto che regga nel lungo periodo, per almeno 20 anni, e anche per questo sono state organizzate sei riunioni zonali». Ci si aspetta un feedback positivo soprattutto dai fedeli, molti dei quali - soprattutto in periferia - hanno manifestato all’inizio un certo disorientamento. Questa riorganizzazione dal basso potrebbe contribuire anche a dare maggior peso e più potere operativo alle donne, che già oggi in molte parrocchie hanno un ruolo traino, spesso determinante per le varie attività della Chiesa sul territorio.

«Le linee guida del Sinodo diocesano - conclude Demetz - ci aiutano a non subire il cambiamento, ma ad essere attori protagonisti di questa nuova fase».

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