Mense e pulizie: 13mila lavoratori pagati fino a mille euro al mese

Ieri la protesta davanti alla scuola Don Bosco in attesa dello sciopero del 30 maggio in piazza Mostra Caramaschi solidale: «No ai precetti, proteste giustificate: il 30 i genitori daranno ai figli un panino»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. I sindacati, ieri in piazza Don Bosco, sono riusciti nel (difficile) compito di dare un volto alla protesta: è quello di Agrippina, siciliana di 63 anni, che fa le pulizie negli ambulatori di via Amba Alagi e al Distretto per poco meno di 600 euro al mese (nonostante abbia subìto diverse operazioni al seno e sia invalida al 75%), ma anche quello di Anna Rita, una donna minuta pugliese che nel 2012 ha vissuto sulle sua pelle il dramma di un cambio appalto con un taglio del 25% delle ore e dello stipendio. «Già, ma il carico di lavoro è rimasto lo stesso e i rapporti sono peggiorati: prima ci parlavano con rispetto, poi hanno iniziato ad urlare...».

Entrambe ne fanno giustamente una questione di dignità. Ma i lavoratori in queste condizioni quanti sono in provincia? «Tredicimila, di cui 4 mila impegnati nelle pulizie e 9 mila nel turismo e nella ristorazione collettiva - spiega Antonella Costanzo, combattiva segretaria provinciale della Filcams-Cgil -. Vi assicuro che la stragrande maggioranza non arriva a mille euro al mese, perché il contratto medio si aggira sulle 14-20 ore a settimana. I più fortunati, se così possiamo chiamarli, sono i lavoratori dei pubblici esercizi, che con 40 ore arrivano a portare a casa 1.100 euro».

A fare specie è che in molti casi il committente è pubblico: a tagliare (indirettamente) ore ad Agrippina e Anna Rita sono stati anche il Comune di Bolzano e l’Assb. Ma poi ci sono anche le case di riposo. Le amministrazioni pubbliche formalmente sono a posto: indicono un bando e assegnano l’appalto a chi fa il massimo ribasso. Nel caso del Comune il taglio è stato del 25 per cento su lavoratori che incassano poco più di 6 euro l’ora. «Noi - attacca la Cgil - ci chiediamo per quale motivo sia necessario risparmiare sempre sulla pelle dei più deboli».

Le parole di Anna Rita, piccola di statura ma con una determinazione senza eguali, ci hanno aiutato ieri a capire quanto sia cambiato (in peggio) il settore delle pulizie: «Ho lavorato con la stessa ditta per 15 anni. L’educazione e il rispetto erano la regola. Nel 2012 l’azienda ha perso la gara d’appalto: chi è subentrato ci ha tagliato drasticamente le ore. Gli straordinari non ci vengono pagati. Ma quando qualcuno si ammala siamo costretti a farli. Dobbiamo vigilare spesso sulla busta paga, perché mancano ore. La qualità dei prodotti è mediocre perciò anche il servizio è inferiore. E non possiamo farci niente. Ci trattano senza rispetto e la responsabile anziché parlarci preferisce urlare. Andare a lavorare è diventato un peso. Alcune colleghe, soprattutto all’inizio, venivano chiamate al telefonino per essere riprese. Adesso vogliamo più dignità ed un contratto che valorizzi questo settore e renda il doveroso servizio ai cittadini».

Agrippina, dopo aver superato alcuni interventi al seno e perso una figlia, sa di dover andare a lavorare altri 3 anni per arrivare alla meritata pensione. «Ho un marito in mobilità e paghiamo più di 300 euro di affitto al mese. Lavoro in via Amba Alagi e al Distretto dove fanno i prelievi a Don Bosco. Sa cosa sogno? Una pensione di 600 euro: le sembra troppo?».

Ugo Bruno, 27 anni, è campano. E per arrivare a fine mese deve fare più lavori. «Sono qui da 7 anni e faccio 3 ore al giorno nel settore della ristorazione alla mensa della Lub per 500 euro. Ho un contratto che è ridicolo chiamare a tempo indeterminato anche se effettivamente lo è.... fare straordinari è impossibile perché tutti riducono il budget: ci viene chiesto il massimo nell’adempiere i nostri doveri ma i diritti sono sempre meno...».

Monica Fenice lavora nelle mense scolastiche per la Cirfood. «Dopo una protesta che ha visto l’adesione di migliaia di lavoratori in tutta Italia, i datori di lavoro hanno messo sul piatto proposte di incrementi salariali che non sono sufficienti neppure al recupero dell’inflazione. Vorrebbero meno tutele in caso di malattia e modifiche all’articolato sul cambio appalto. C’è anche l’indisponibilità di alcune imprese a offrire garanzie nei subentri nei centri commerciali. Ecco tanti buoni motivi per tornare in piazza il 30 maggio».

Ulrike Egger della Cisl sottolinea la precarietà anche di chi sta peggio: «Per un quinto livello nei pubblici esercizi il contratto è fermo all’aprile 2013: 1.413 euro lordi, 1.100 euro netti per il tempo pieno. Nell’alberghiero il contratto è fermo dal 2014 e il lordo è di 1.504 euro». La collega Antonella Costanzo (Cgil) fornisce anche qualche riferimento sulla paga oraria: «Nella ristorazione collettiva per un quinto livello vengono pagati 1371 euro lordi (7,90 euro l’ora); per un sesto livello 1300 euro (7,50 l’ora). Nel contratto multiservizi-pulizie per un primo livello sono previsti 1127 euro lordi e si parte da 6,5 euro l’ora. Al secondo livello si sale a 1183,5 euro lordi e 6,80 l’ora. Siamo comunque sempre sotto o a ridosso dei 1000 euro netti».

E i rapporti con le aziende sono tesi: una di esse ha fatto di tutto per non far partecipare i suoi lavoratori all’assemblea di ieri durante l’orario di lavoro «dimenticandosi» che lo prevede il contratto. Il sindaco Caramaschi ieri si è schierato con i lavoratori: «Con queste paghe, se lo ritengono opportuno, hanno tutto il diritto di scioperare. Ai genitori che protesteranno per il mancato funzionamento del servizio mensa martedì prossimo dirò di dare dietro ai loro figli un panino....».

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