Nelle carte di Michele Lettieri il «tesoro verde» della città

L’ingegnere ha lasciato documenti, rilievi e piani soprattutto sul Talvera, il nostro Central Park Obermair: «Quando ho iniziato a leggere mi sono emozionato. Presto potranno farlo tutti»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Sono dentro dieci cartoni. Lettere, planimetrie, schizzi, relazioni, rilievi. E poi le lettere: «Grazie professore», oppure «ecco le nostre firme, noi c'eravamo quel giorno quando si è iniziato a scavare nel greto» e poi altre firme, militari semplici, sergenti, ufficiali. Dall'archivio di Michele Lettieri (morto l’11 novembre 2016) non emerge una "Bolzano scomparsa " ma una città  che vive e lotta (ancora) insieme a noi. Che porta i segni di quelle imprese e i ricordi di quegli anni in cui tutto poteva accadere. Ed è accaduto. «Quando ho iniziato ad aprire quelle carte mi sono emozionato», dice oggi Hannes Obermair direttore dell’Archivio storico comunale. E a chi se non a lui, custode delle memorie urbane, poteva lasciare il suo tesoro il professore. Un tesoro, certo. Non di pietre preziose ma di preziosi reperti di una storia ancora non scritta e dunque non scontata. Perché Bolzano ha trovato la forza di dotarsi di uno dei più grandi parchi urbani d'Europa? Da dove sono uscite le energie per farlo? Che tessuto sociale era quello capace di mobilitarsi per rimuovere pietre e muovere la storia? Da quale riserva di entusiasmo hanno tratto energia i due scavatori che il 26 ottobre 1970, una mattina, hanno attaccato il Talvera con alla guida i genieri del Quarto Corpo, affiancati dagli studenti della IV B dei geometri Delai "aizzati" dal professor Lettieri? È per questo che Hannes Obermair tratta l'archivio donato come un tesoro.

In cosa consiste la donazione, direttore ?

«Sono una decina di cartoni. Contengono soprattutto schizzi, planimetrie, disegni. E appartengono ai suoi due grandi progetti».

Il greto del Talvera e...?

«Beh, lui è stato coinvolto nella risistemazione dell'alveo del torrente, nei primi anni Settanta e poi nella realizzazione delle nuove tribune dello stadio Druso, sempre in quegli anni. E in mezzo ho trovato anche corrispondenze, registri. Persino rassegne stampa. Lui ci teneva».

Carte che non si aspettava?

«Anche lettere di auguri ».

Magari non per il Natale...

«Sono i ringraziamenti per il “cantiere Talvera". Lo chiamava così. Un registro con le firme dei militari e degli studenti che hanno partecipato ai lavori».

E poi?

«C’è anche materiale relativo all'Associazione giovanile altoatesina. Un gruppo nato da una sua idea nel 1946. Molto interessante...».

Che Bolzano viene rivelata da queste carte?

«Lettieri era professore all’Istituto per geometri. Ma riuscì a coinvolgere i suoi studenti in progetti apparentemente impossibili. Certamente complessi. E in ogni caso che avevano bisogno di molta energia, non solo fisica».

Ne aveva lui ma aveva anche una visione...

«Guardando a quegli anni con gli occhi di oggi, viene fuori una città  e una società estremamente vitale. Piena di speranze. E poi, guardando oltre...».

Oltre dove ?

«Fino a riconoscere che, al fondo, Lettieri ha formato con i suoi progetti diverse generazioni di giovani attenti allo spazio urbano e non solo alle lezioni a scola. E poi anche al verde pubblico. Vorrei definirlo in un modo forse un poco azzardato...».

Azzardi.

«Un San Francesco del Talvera. Una persona capace di instillare valori legati al paesaggio e alla natura da preservare»

É uno dei suoi meriti ?

«Probabilmente il principale. Anche oltre il progetto Talvera in sé. Avere iniziato una moltitudine di persone all'attenzione verso il verde metropolitano».

Era abbastanza rivoluzionario all'epoca, no?

«Si era nel pieno dell'era della macchina, dell’auto, nuovo prima dello shock petrolifero e questo rende ancora più mirabile l'intuizione sua che era rivolta al recupero dell'Urban green, modello verde, di un Central Park bolzanino».

In effetti, viste le dimensioni della città , potrebbe calzare «Quale città  alpina delle dimensioni di Bolzano può vantare un polmone verde di questa bellezza e qualità».

E ora che dobbiamo farne, se potessimo riascoltare Michele Lettieri?

«Stare molto attenti a non spezzettarlo ulteriormente sottraendo spazio al suo uso libero. Uso che va fatto da parte di cittadini altrettanti liberi. Questo è il suo vede. E deve restare il nostro».













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