Pasqua: negozi aperti, la rabbia di Muser

Vescovo critico con le grandi catene: «Sbagliato vivere per lavorare». In via Museo serrande alzate anche per i negozietti


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Non solo le grandi catene, ma anche i negozietti di via Museo, non si sono curati minimamente del monito del vescovo Ivo Muser che a Pasqua ha criticato duramente le aperture dei negozi nei giorni festivi e soprattutto la domenica. «La domenica - queste le parole pronunciate dal vescovo - non è un giorno libero qualsiasi, che si può spostare a piacimento durante la settimana. La domenica sta, infatti, all’inizio di tutti gli altri giorni. È un segno davanti al tutto, è un dono di Dio che dà orientamento alla vita». Secondo il vescovo la società altoatesina si sta trasformando, ormai, al punto che molti «vivono per lavorare e non lavorano per vivere, tanto da arrivare a pensare di non poter mancare nemmeno un giorno dal loro posto di lavoro. La paura per il futuro li ha spinti, forse, fino a questo punto». Infine un appello: «La domenica resterà soltanto se la sapremo celebrare e custodire da cristiani».

Un appello che non è passato inosservato, prova ne sia che diversi centri commerciali e qualche grande marchio hanno deciso di tenere chiuso tanto a Pasqua quanto a Pasquetta. È il caso, ad esempio, del Twenty, ma anche del Centrum o dell’Aspiag. Che, rispetto al recente passato, hanno fatto un passo indietro. Non altrettanto si può dire per le grandi catene, ma anche per i negozietti di via Museo, che assicurano di aver fatto buoni affari. È il caso di Zara, ma anche di H&M o di Celio. Ma la vera notizia è che almeno quattro o cinque negozi dei dintorni, che vendono gioielli, bigiotteria, oggetti per l’arredamento e abbigliamento, hanno deciso di approfittare del traino delle grandi catene per massimizzare i guadagni. «Ci ha aiutato - spiega la titolare di uno dei negozietti vicini a Zara - anche il brutto tempo. Gli affari sono andati bene e in tempi di crisi non si butta via nulla».

Da Zara una commessa confida. «Qui, ormai, teniamo chiuso solamente a Natale, Santo Stefano e il primo dell’anno».

Di tutt’altro tenore le dichiarazioni delle associazioni di categoria. Dura Elena Bonaldi, presidente del centro commerciale naturale «Four You» e membro del direttivo di Confesercenti. «Non ne faccio, a differenza del vescovo, una questione di religione, ma sono convinta che per comprarsi un paio di mutande non bisognerebbe aspettare Pasqua o Pasquetta. Ciascuno di noi, e non faccio differenze tra le coppie e i single, dovrebbe riuscire a ritargliarsi un giorno da dedicare a sè stesso e la domenica si presta perfettamente a questo scopo». Secondo la Bonaldi anche a Bolzano ci sono diversi commessi «mobbizzati» dai datori di lavoro proprio a causa delle aperture nei festivi. «C’è chi, con il vecchio contratto, potrebbe rifiutarsi di lavorare tre domeniche di fila, ma non lo fa perchè altrimenti ne paga il conto in termini di orari più pesanti durante la settimana. Ribellarsi, purtroppo, non paga. Le catene fanno altre scelte solo perché hanno sedi e responsabili in altre parti d’Italia». Ultimamente il fenomeno si è esteso, però, anche ai negozietti di via Museo.

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