Pedofilia, identità rubate sul «dark web»

Polizia postale a caccia di hacker soprattutto sulle pagine criptate. «Vengono sottratte foto ma anche dati sensibili»


di Alan Conti


BOLZANO. Immaginatevi un iceberg. La classica punta è la parte di web che tutti utilizziamo e conosciamo, ma è il fondo a preoccupare di più. Si tratta di uno spazio chiamato “Deep Web” o “Dark Web” e rappresenta l'habitat virtuale in cui si muovono gli hacker, i truffatori e la criminalità organizzata. Anche in Alto Adige, seppur senza cifre allarmanti. Abituati a Google, Yahoo, Facebook o Wikipedia difficilmente gli utenti comuni pensano a un web parallelo eppure è molto più esteso di quello conosciuto. Ovviamente anche più pericoloso.

Cerchiamo, però, di definire esattamente il concetto di “Dark Web”. «Si tratta dell'insieme di pagine e risorse che non vengono indicizzate dai motori di ricerca - spiega il responsabile della polizia postale di Bolzano Ivo Plotegher - e di per sè il suo semplice utilizzano non rappresenta nulla di illegale». Il “Dark Web”, invece, è un sottoinsieme del “Deep Web”. «Esatto. Nello specifico si tratta di un’area internet che utilizza tecniche speciali per l’occultamento dei contenuti. Anche in questo caso esistono browser e protocolli necessari alla ricerca in questo spazio che sono gratuiti e assolutamente legali. Resta, però, una zona pericolosa della rete perché è quella frequentata dagli hacker, dagli oppositori politici, dai criminali o, peggio, dalle associazioni criminali. Per questo noi ne sconsigliamo l’accesso».

Proprio il dark web è stato lo scenario che ha ospitato moltissimi scambi di materiale pedopornografico anche alle nostre latitudini. Milioni di file sono transitati in questa zona oscura della rete. Lo scorso luglio la polizia postale ha intercettato un traffico di 21mila file (15mila immagini e 6mila video) inseriti e scambiati da cinque arrestati proprio nel dark web. È la strada maestra, insomma, per carpire immagini e farle entrare in un circuito ancora più incontrollabile dei social. Per questo gli agenti tengono sotto controllo queste aree della rete 24 ore su 24. Anche a Bolzano. «Certo, anche da noi vigiliamo costantemente su quello che accade in questi siti. Ci sono stati dei casi anche in provincia di reati compiuti in questo contesto. Considerando che sempre più persone utilizzano il web non sono statistiche preoccupanti, ma il fenomento va monitorato». Molto spesso il “Deep Web” viene presentato come un canale alternativo alla comunicazione standard. Articoli scandalistici o inchieste sono spesso veicolate in questi siti con l’assicurazione di sfuggire, così, ad ogni tipo di censura. In realtà si tratta di aspetti che raramente sono veritieri. Molto spesso si tratta di tecniche di adescamento nelle pagine criptate con l’obiettivo di carpire i dati sensibili. Non sono rare, infatti, le richieste di login e registrazione. Una volta ottenuti i dati, per un hacker, è un gioco da ragazzi creare identità parallele sfruttando quanto appreso. Alcuni calcoli recenti hanno stabilito che il “Deep Web” abbia un’estensione di circa 500 volte rispetto alla rete che conosciamo. Una vera e propria giungla da cui «è meglio tenersi lontano».

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