BOLZANO

Prega, studia e gioca il «Rainerum» compie 80 anni 

Distrutto dalla guerra, ricostruito e inaugurato da Roncalli Sabato raduno degli ex alunni e porte aperte alla città


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Don Ivan e don Luigi hanno lo sguardo di chi si prepara a vivere una giornata particolare. «Beh, abbiamo aspettato 80 anni...». Il primo è il direttore del Rainerum, il secondo la memoria storica. E ce ne vuole di memoria. Soltanto dal dopoguerra ad oggi sono passati da via Carducci 6.500 allievi. Generazioni su generazioni. “Esterni”, ragazzi di Bolzano che frequentavano solo la mattina, in orario scolastico, “semiconvittori”, che se ne tornavano a casa la sera, e “convittori” studenti soprattutto dalle valli e dalle città, italiani e tedeschi che pure ci dormivano al Rainerum. E quanti don Ivan e don Luigi avranno conosciuto...

Torneranno sabato in via Carducci, gli ex allievi. È la loro festa.

«Qualcuno mi ha già telefonato. È un bisnonno...», dice Ivan Ghidina. E guarda don Luigi Coffene che ha i capelli bianchi ma gli occhi che sorridono sempre come chi ha passato una vita a insegnare in classe ma poi anche a correre in cortile inseguendo un pallone con i suoi ragazzi. Non solo ora et labora per i Salesiani. Ma prega, insegna e pure gioca. Ecco perché Don Bosco è il santo della scuola e dei ragazzi di strada.

Quella “Gassenjugend” che fu all'origine del primo "Rainerum". Volevano toglierli dalla strada i bravi commercianti bolzanini e dar loro un futuro “per bene”. Così, con il generoso contributo dell'arciduca Ranieri d'Austria (ecco l'origine storica del nome del collegio) e di sua moglie, Elisabetta di Savoia Carignano, sorella del futuro re Carlo Alberto, nacque in piazza Domenicani la prima struttura scolastico-assistenziale: era il 30 settembre del 1853. Fu dato in gestione alle suore di San Vincenzo e ai Cappuccini. Il suo successo fu tale che se ne immaginò un raddoppio. Detto fatto. Breve trattativa coi frati Domenicani, proprietari del terreno, e via al progetto, realizzato nella nuova Bolzano, quella “Neustadt” che stava sorgendo come una addizione urbana lungo via Walther, attuale via Carducci.

Da lì, non si è più mosso il Rainerum. Anche se ne ha viste tante. La prima rivoluzione, il passaggio all'Italia. E l'arrivo, come corollario educativo di una italianizzazione sempre più forzata, dei Salesiani. «Sono molto contento che siano arrivati - scrisse Mussolini ai superiori dell'ordine - e li ringrazio...».

Il 31 maggio del '38 inizia la presenza dei salesiani di Don Bosco, con prefetto Mastromattei a inaugurare. Poi la guerra, un durissimo bombardamento sulla città che distrusse il collegio e infine la ricostruzione. Attuata con coraggio architettonico da Armando Ronca, il progettista che stava ritessendo in senso contemporaneo la Bolzano post bellica. Che il nuovo Rainerum potesse avere un grande futuro lo si capì all'inaugurazione, il 16 febbraio del '58: a benedire l'opera giunse il patriarca di Venezia, quell'Angelo Roncalli che divenne poi papa col nome di Giovanni XXIII e infine santo.

Quante vite finora? Almeno quattro, contando costruzioni e ricostruzioni. Ma ne manca una.

Nel 1964 inizia la costruzione del terzo Rainerum, l'istituto salesiano Maria Ausiliatrice, un nuovo edificio a fianco del classico e ancora nel 2009 la definitiva riqualificazione. Così che oggi il Rainerum del vecchio arciduca comprende una scuola media, quella più antica, il liceo scientifico delle scienze applicate, l'istituto tecnologico e il convitto per le scuole superiori. Infine, caratteristica dei Salesiani ovunque si trovino nel mondo, l'oratorio e centro giovani, e cioè l'associazione Juvenes che qui organizza attività scolastiche, sportive, artistiche e per il tempo libero. E sabato sono attesi tutti. Questi di oggi e quelli di ieri. E anche dell'altro ieri. Contano di esserci anche gli educatori. Qualche anno fa, quando il Rainerum ripartì dopo la guerra, c'erano 25 i salesiani presenti in istituto, oggi ne restano nove. Ma sono tanti gli insegnanti laici e i collaboratori. Gli studenti? «Oggi abbiamo qui 285 ragazzi - dicono don Ivan e don Luigi - e almeno 35 vivono nel nostro convitto». Ma l'istituto è ben dentro il tessuto scolastico ed educativo bolzanino. Opera in stretta sinergia con l'intendenza scolastica, con gli altri studentati, soprattutto con l’Università. E dunque almeno cinque o sei generazioni di ragazzi si sono dati appuntamento sabato prossimo, 9 febbraio.

Inizio alle ore 10, nel grande teatro con entrata dal cancello di piazza Domenicani e poi, dalle 11-11.30 l'open day, anche la giornata delle porte aperte in cui potenziali allievi e genitori potranno verificare l'offerta formativa dell'istituto. Ma anche, e questa è l'eredità più affascinante, la storia e le immagini, qualcuna solo in bianco e nero, dei tanti che sono passati da quelle aule e che qui hanno appreso la scienza ma anche la coscienza, il senso dello studio ma pure quello del gioco, dello sport (i campi da basket da calcio e la palestra di judo erano utilizzati da tutti i bambini di Bolzano) e del vivere in comunità, attraverso la condivisioni e delle ore e dei giorni non solo coi compagni ma anche con i professori, sacerdoti o no che fossero. Giorni fatti di spazi scolastici ma anche di riflessione sul presente e sul futuro. Mischiando parole a speranze, idee sulla vita e sul possibile prossimo lavoro che aspetta non più soltanto la "Gassenjugend" ma giovani di famiglie che accettavano di pagare "una retta" e che anche oggi continuano a farlo. E i Salesiani? Sempre avanti. Con le loro sei "ispettorie" in Italia (Bolzano dipende dalla triveneta) e 180 "opere" di Don Bosco. 3500 i salesiani nel Paese e 15mila nel mondo. Sempre con un aula fitta di studi ma con, accanto, un campo sportivo o un cortile nel quale far capire che la vita è anche un sorriso ed un calcio ad un pallone.

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