Priebke: salma trasferita in un luogo segreto della Germania o dell’Alto Adige

Non è stato trovato l’accordo coi figli dell’ex capitano delle «Ss» e con il legale Giachini. Il Governo ha apposto il nulla osta di sicurezza
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ROMA. Il feretro di Erich Priebke, il capitano delle Ss che il 24 marzo 1944 partecipò all'eccidio delle Fosse Ardeatine, è stato trasferito dall'aeroporto militare di Pratica di Mare - dove si trovava dalla sera del 15 ottobre scorso dopo il tumultuoso funerale celebrato in un monastero lefebvriano di Albano Laziale - in una località segreta.

È quanto scrive il quotidiano il Messaggero, aggiungendo che la vicenda che riguarda la tumulazione della salma dell'ex ufficiale nazista è ora classificata come segreta, essendo stato apposto dal governo il cosiddetto Nos, nulla osta di sicurezza. Il quotidiano scrive che il trasferimento è avvenuto «d'ufficio», non essendo arrivata una soluzione dai contatti avuti dalla Prefettura di Roma con i figli di Priebke e con l'avvocato Paolo Giachini, legale dello stesso Priebke e poi dei suoi familiari. Non si sa, allo stato attuale, se la salma sia stata trasferita in Germania o in un paesino dell’Alto Adige.

Bolzano non è una città qualunque. E' la seconda città d'Italia (assieme a Fossoli, Carpi), ad avere ospitato un Durchgangslager, un campo di concentramento: l'anticamera delle camere a gas

Ma c'è un altro potente collegamento con l'Alto Adige: i soldati tedeschi vittime dell'attentato di via Rasella erano sudtirolesi, arruolati nel battaglione Bozen della Wehrmacht

Infine, l'Alto Adige come zona di transito per i nazisti in fuga: Merano, Bolzano, Vipiteno come "zone franche" dove attendere i documenti falsi per fuggire in America con l'interessata compiacenza di Washington e del Vaticano: è l'Operazione Odessa

Priebke, per salvarsi alla fine della guerra passò, come tantissimi altri, almeno 150 grandi criminali di guerra, proprio dalla nostra provincia. Venne nascosto per mesi in una casa del centro storico del capoluogo e a Bolzano riuscì a farsi procurare i documenti falsi per poi potersi imbarcare per l’Argentina. Dopo la sconfitta della Germania, infatti, il capitano fuggì da un campo di prigionia presso Rimini e si rifugiò in Argentina, a San Carlos de Bariloche, ai piedi delle Ande argentine, dopo essere passato per Bolzano. Fu appoggiato in particolare da alcuni preti altoatesini come Johann Corradini di Vipiteno e Franz Pobitzer di Bolzano ma anche dal vicario separazionista Alois Pompanin, che gli concesse il battesimo cattolico, e fu aiutato nella sua fuga dalla rete di contatti gestita dal sacerdote croato Krunoslav Draganovic.

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Questo era il poco che si sapeva fino a qualche anno fa. Prima che aprissero certi archivi, specie quelli della Croce Rossa. E prima che lo storico nord tirolese Gerald Steinacher andasse a ficcarci il naso come un cane da tartufo. Per sei lunghi anni. «Dal 1943 al 1948 - racconta Steinacher - la base di Priebke fu Vipiteno, dove fu aiutato dal parroco Corradini ma anche da padre Franz Pobitzer di Bolzano. Dal 1943 vissero a Vipiteno la moglie e i due figli di Priebke, che si trovava prigioniero a Rimini; quando nel 1946 fuggì dal carcere, Priebke raggiunse la sua famiglia a Vipiteno. Qui tra le altre cose si battezzò».

Un do ut des, per riuscire ad ottenere, grazie all’aiuto del clero compiacente, i documenti falsi per l’espatrio. Una storia che lascia stupiti, quella che riguarda Erich Priebke. Dopo aver ricevuto un documento di identità - secondo il quale era un direttore di albergo lettone, apolide, di nome Otto Pape - se ne stette bel bello a Bolzano per dei mesi, in attesa che gli venisse spedito il passaporto della Croce rossa internazionale. Il suo indirizzo? Via Leonardo Da Vinci numero 24. Si trattava di un piccolo edificio parte del vecchio ospedale. Se ne sapeva niente, fino a pochi anni fa. Di lui, come di altri 30-40 mila fra collaborazionisti e personaggi minori del nazismo.

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Priebke non fu il solo pezzo grosso a transitare da qui, fra i silenzi e le connivenze. Per fare giusto due esempi, se ne scapparono indisturbati, grazie all’aiuto dei sudtirolesi, anche Josef Mengele (foto sopra) e Adolf Eichmann. La Svizzera e l’Austria non possedevano porti. La Germania era occupata e controllata dagli Alleati; passare per la Francia non si riusciva; la Jugoslavia di Tito era impenetrabile, la Spagna troppo lontana. L’Italia era la via più semplice. Ma per raggiungere i porti, le vie possibili in pratica erano solo tre: passo Resia, passo del Brennero e gli alti passi pedonali della valle Aurina.













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