Pubblico impiego: la Ue obbliga l'Alto Adigea togliere il vincolo della residenza

La clausola dei quattro anni di residenza per accedere al pubblico impiego viola il principio della libera circolazione dei lavoratori in Europa. La norma, dice l'europarlamentare Svp Herbert Dorfmann (nella foto) va modificata per evitare la procedura d’infrazione



BOLZANO. La clausola dei quattro anni di residenza per accedere al pubblico impiego in Alto Adige viola il principio della libera circolazione dei lavoratori in Europa. La norma - lo hanno detto l’europarlamentare Svp Herbert Dorfmann e il deputato Karl Zeller, reduci da un incontro con la Commissione europea - dovrà essere modificata per evitare all’Italia la procedura d’infrazione.
Dopo patentino, energia e appalti, è l’ennesimo intervento di Bruxelles su norme varate dalla Provincia autonoma di Bolzano. Norme nate nella maggior parte dei casi con l’intento di tutelare la minoranza di lingua tedesca ma ritenute dall’Europa in alcuni casi privilegi ingiustificati. A questo punto ci si chiede quali saranno i prossimi fronti normativi a rischio invasione. «Non preoccupiamoci, non è in discussione il telaio dell’Autonomia», commenta il giurista Francesco Palermo.
«Questi interventi della Commissione europea - prosegue lo studioso - fanno parte dell’attività ordinaria». Come vanno interpretati? «Partiamo dalla radice del problema: l’Italia non ha un sistema derogatorio che metta certe norme, non agganciate internazionalmente all’accordo Degasperi-Gruber, al riparo dalle osservazioni della Commissione. La Finlandia, ad esempio, nel 1995 quando ha aderito all’Unione europea ha fatto una specifica riserva per le isole Aland, dove vive una minoranza svedese che ha delle tutele fortissime, ad esempio rispetto alla compravendita di terreni o una precedenza assoluta nell’assegnazione dei posti di lavoro. Queste norme - continua Palermo - oggi sono intoccabili».
L’Italia non poteva seguire la stessa strada? Non ci sono stati errori di valutazione politica? «L’Italia è nel sistema comunitario dalla sua nascita, nel 1957, molto prima del varo del secondo “pacchetto”: lo Stato - spiega il giurista - riteneva di essere a posto rispetto alla questione altoatesina e all’epoca non era prevedibile un’accelerazione del genere del processo di unificazione. In realtà tutto ciò che è avvenuto negli anni successivi oggi può finire sotto la lente dell’Unione europea. Ed essere contestato».
Lei dice che non c’è motivo di preoccuparsi: «Per due motivi. I pilastri dell’autonomia sono nel Degasperi-Gruber, e hanno quindi un ombrello internazionale, in secondo luogo la tutela delle minoranze è esplicitamente prevista dal sistema comunitario. L’Europa non va vista come un “livellatore”, come lo strumento che vuole rendere tutti uguali. Non è così».
Perché, dunque, questa pioggia di contestazioni alle norme altoatesine? «Se si vuole mantenere un sistema, bisogna convincere dell’adeguatezza del sistema - spiega ancora Palermo - pensiamo a certi sussidi alle imprese: difficile giustificare questi interventi come tutela di una minoranza linguistica. Diverso il discorso per l’accesso al lavoro: per certe figure una clausola può avere senso, per altre, come un insegnante elementare ad esempio, non c’è motivo di mettere paletti».
Secondo lei l’Europa vuole «punire» quelli che possono essere considerati privilegi? «Talvolta il privilegio va a braccetto con la tutela: bisogna capire quanto è forte il collegamento tra i due elementi. Pensiamo all’agricoltura di montagna o al trasporto a fune, che godono di aiuti importanti: sono settori fuori mercato, ma rispondono ad altri obiettivi della stessa Unione europea». «Il problema - prosegue Francesco Palermo - è sempre capire qual è il punto di equilibrio: il lavoro della Commissione va proprio inteso in questo senso».
Oggi però è lecito chiedersi: quali saranno le prossime norme a finire sotto «processo»? «I fronti sono molteplici: penso, ad esempio, ai sussidi per l’acquisto della casa, riservati ai residenti». A rischio? «Non è detto: a Venezia il doppio prezzo del biglietto del vaporetto, uno per residenti ed uno per i turisti, è stato ritenuto legittimo».

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