Rapporto Nordest: Alto Adige, pochi laureati

La ripresa è molto lenta, preoccupati gli imprenditori: "Siamo meno attrattivi per i ritardi della politica"



BOLZANO. L’ottimismo di inizio anno ha fatto spazio all’incertezza. In Alto Adige, così come nel resto del Nord-Est, regna l’incertezza e gli imprenditori non sono per nulla convinti che la crisi sia passata. C’è il problema occupazionale, innanzitutto, che riguarda in particolare chi ha perso il lavoro in questi anni e fa fatica a ricollocarsi sul mercato. Poi c’è un problema strutturale, legato ad imprese spesso troppo piccole per esportare e investire. Infine c’è il problema di attirare capitale umano (in particolare giovani laureati) e finanziario. Sono questi i risultati principali del rapporto sul territorio presentato ieri dalla Fondazione Nord-Est. Che evidenziano anche una forte disillusione nei confronti della politica: il 42,1% degli imprenditori di Trentino, Alto Adige, Friuli e Veneto ritiene che il territorio abbia perso capacità attrattiva e che i problemi principali risiedano nelle difficoltà generate dal sistema Paese.

IL LAVORO. Guardando ai soli numeri, Bolzano potrebbe apparire un’isola felice. Un tasso di disoccupazione del 2,7% (Trento è al 4,3%, Veneto e Friuli sfiorano il 6%, l’Italia è all’8,4%) e tassi di attività superiori alla media sia tra i giovani che tra le donne. Ma dietro ai numeri c’è dell’altro. Ad esempio il fatto che gli imprenditori da Bolzano a Udine sono tutti concordi nell’affermare che l’occupazione non crescerà proporzionalmente alla ripresa dell’economia. E se la ripresa dell’economia del Trentino-Alto Adige viene quantificata in un più 0,9% del Pil nel 2011 e un più 1,0% nel 2012, significa che il tasso di occupazione resterà al massimo stabile. «Le preoccupazioni maggiori - affermano gli esperti della Fondazione Nord-Est - sono il ricollocamento degli adulti che hanno perso il lavoro e l’individuazione di occupazioni che realizzino i giovani che hanno investito in maniera rilevante sulla formazione».

LA PICCOLA TAGLIA. Una volta la piccola dimensione delle imprese era giudicata un vantaggio: il ruolo della famiglia, la maggiore autonomia e flessibilità, la facilità ad aggredire un mercato prevalentemente domestico. «Oggi - dice il rapporto - gli stessi imprenditori evidenziano come la piccola dimensione costituisca più un punto di debolezza. La competizione internazionale costringe a rivedere la propria struttura cercando di darle un maggior consolidamento».
Alla piccola dimensione delle imprese è legato anche il basso investimento in innovazione: mentre in Alto Adige la spesa in ricerca e sviluppo arriva appena a cento milioni (1.400 milioni in tutto il Nord-Est), nella regione tedesca del Baden-Württemberg si sfiorano i 14 miliardi. Il personale impiegato in ricerca e sviluppo supera i 14 mila addetti nel Nord-Est, mentre in Baden-Württemberg sfiora i 90 mila.

IL CAPITALE. Se il Trentino-Alto Adige è la regione del Nord-Est che più delle altre è riuscita ad attirare gli investimenti esteri (la quota di imprese partecipate da aziende estere è cresciuta del 29,3% tra il 2003 e il 2009), i numeri assoluti restano bassi. Colpa di carenze infrastrutturali e logistiche, che Alto Adige e Trentino (ma anche il Friuli) controbilanciano, anche se solo in parte, con l’autonomia. Ma più che il capitale finanziario rappresenta un problema quello umano. I laureati in Trentino-Alto Adige sono solo il 18% contro il 19% della media italiana ma soprattutto contro il 32,2% della media europea. «Un gap - spiega la Fondazione - che costituisce un vincolo alla trasformazione verso una società dove l’elemento della conoscenza diventa centrale in misura crescente». (mi.m.)













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