«Rilancio del Talvera, il Museion c’è»

La direttrice Ragaglia: «Siamo pronti a riempire i Prati di eventi e arte, ma chiediamo meno burocrazia e l’impegno di tutti»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Io ci corro ai Prati... E anche di sera». Letizia Ragaglia non ha paura del buio. «Anche se...». Anche se, direttrice? «Tutti mi dicono di stare all'occhio. E allora io risolvo con la lampadina. Me ne metto una in testa, quando me lo ricordo, e vado...». Ecco i Prati di lady Museion. Che ha un paio di idee su di loro. La prima è, appunto, la luce. Più illuminazione per renderli più vicini e familiari. E poi più eventi. Fare qualcosa di più di quello che (non) si fa. Ad esempio: il Museion lì dove i Prati lo toccano, prima e dopo i due ponti di vetro e curve, continua a collaborare con Caritas e Volontarius per gestire senza strappi la nuova immigrazione. Dopo le polemiche sul wi fi che prima c'è, poi no, infine forse, ora è stato reso accessibile a tutti sul lato di via Dante.

I Prati sono in pericolo?

Il pericolo è lasciarli andare. Del tipo: accettare anche piccoli segnali di degrado, di rilascio o abbandono e credere che tutto torni come prima. Ma degrado chiama degrado. Ed è una brutta china. Guardare, per credere, ai giardini della Stazione.

Ma ci sono stati brutti episodi, c'è chi accusa i profughi, chi chiede di recintare il parco...

I recinti sono una follia. È quello che dicevo: accettare il degrado oppure rispondere ai nuovi problemi con le chiusure. Invece no.

Invece cosa?

Accettare che qualcosa è cambiato rispetto a dieci, venti anni fa e agire di conseguenza. Ma con risposte complesse e articolate, non con l'emotività e la paura.

Ha paura ad andarci?

Io no.

E gli altri?

Magari qualcuno sì. Perché mi dice di stare attenta a certe ore. Ma per questo dicevo che occorre pensare ai Prati in modo adeguato. L'illuminazione è uno di questi modi. Significherebbe fare un piano di intervento, togliere dall'ombra e dal degrado vaste porzioni di parco. Questo vuol dire non accettare brutte derive. Più luce è un bel modo di reagire e rispondere a chi soffia sul fuoco.

Zambaldi, il direttore dello Stabile, propone di riempirli di eventi. Anche teatrali...

Sottoscrivo venti volte. E' un altro modo di reagire. Meglio: di agire. Riempire i Prati di cose che interessano, che attirano le persone. Sono un luogo magnifico, libero e verde. Va sfruttato per quello che è e per quello che può ospitare. E' un pezzo di città. Bolzano ha gli strumenti per valorizzarli.

E, a proposito, l'arte?

Vuole che dica le verità?

Prego.

Ci ho provato ma è una fatica. Bisogna chiedere ai Bacini montani, alla Provincia, al Comune, a tutti. Capisco le esigenze del luogo e la sicurezza ma l'arte lì è complicata.

Ma come per il teatro anche il Museion potrebbe fare qualcosa...

Non è detto che non ci si riprovi. Ma attenzione: l'arte significa installazioni, esposizioni. Ci sarebbero dei problemi a lasciare tutto lì anche la notte. Ma non perchè sono i Prati. Sarebbe così anche in Piazza Walther. Ma eventi legati all'arte quello sì. Di fronte a noi facciamo dei concerti, illuminiamo le vetrate. I Prati potrebbero essere lo scenario per tante iniziative. Noi comunque ci siamo. Siamo pronti a fare la nostra parte.

Chi deve iniziare?

Tutti quanti. Il Comune offrire una cornice di coordinamento ma poi mettere insieme il resto. Noi, il teatro, la cultura, i musei. Dentro e fuori, va tutto bene quando si deve pensare a qualcosa che interessi la gente. Ma i Prati dovrebbero restare liberi. Niente recinti, percorsi obbligati. È questo il loro bello. Ma libertà non vuol dire non far nulla.

L'immigrazione è un problema?

Non per i Prati. Non come accade ovunque, voglio dire. Non vedo una emergenza specifica nel parco del Talvera. Vedo a volte un lasciar andare le cose. Ma tutte, non solo il tema immigrati. Per cui penso sia venuto il momento per pensare insieme come riempirli di qualcosa che ancora non c'è.













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