Rissa all’ex Gorio, espulsi cinque profughi

Due immigrati afghani sono finiti in ospedale. Intanto all’ex caserma di via Macello sono arrivati altri dieci rifugiati


di Susanna Petrone


BOLZANO. Cinque profughi sono stati espulsi dal centro di via Macello dopo aver picchiato e mandato all’ospedale altri due rifugiati. Si tratta di cittadini afghani, che non potranno più entrare nell’ex caserma Gorio ai Piani. Ma gli espulsi si difendono: «Non è vero. Siamo stati aggrediti ed insultati. Ora siamo costretti a dormire sotto i ponti». Giornata movimentata, dunque, quella di ieri ai Piani, dove gli operatori dell’associazione Volontarius (che gestiscono il centro) non solo erano occupati a sottoporre a visite mediche i dieci nuovi arrivati, ma hanno anche dovuto fare i conti con una mini-protesta organizzata dagli espulsi - e i loro sostenitori - davanti ai cancelli della struttura.

La rissa sarebbe avvenuta qualche giorno fa, proprio a pochi passi dal centro. Una manciata di afghani - tutti immigrati “ordinari” e presenti all’interno dell’ex caserma da diversi mesi - avrebbe iniziato a litigare con alcuni connazionali. I motivi? C’è chi è sunnita e chi è sciita. C’è chi è pashtun e chi è hazara. E mentre per noi ad avere rilievo è soprattutto la nazionalità, per un afghano ha più importanza il gruppo etnico-linguistico del connazionale. In quest’occasione è scoppiata la rissa e due persone sono finite all’ospedale. La regola del centro è chiara per tutti: non bisogna creare problemi. E chi non la rispetta fa i conti con una sanzione disciplinare. I cinque immigrati, ritenuti gli autori del pestaggio, sono stati espulsi. «Non è vero», si difendono loro. Intanto, le due vittime hanno presentato denuncia in questura. La Mobile ha aperto un’indagine sulla vicenda per ricostruire i fatti. Ieri mattina Andrea Tremolada, coordinatore del centro, si è occupato anche dei dieci nuovi profughi eritrei sbarcati qualche giorno fa a Lampedusa: «Ci hanno raccontato che la situazione in Libia è fuori controllo». Tutti cercano di lasciare le coste pur di sfuggire non solo alla fame e alle guerre del loro paese d’origine ma anche alle torture delle milizie.

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