L'impresa

Sfida amarcord: in sella al Ciao da Bolzano fino alla Sicilia 

Giulio Giovanazzi e Carlo De Luca sono arrivati a Pachino dopo essere partiti da Biella e aver guidato i loro motorini per 130 ore. Un’avventura che è stata portata a termine grazie alla disponibilità di meccanici che li hanno aiutati aggiustando i due gloriosi Piaggio


Paolo Tagliente


BOLZANO. È poco più pesante di una bicicletta, ha un motore inferiore ai 50 centimetri cubici, raggiunge la velocità massima di 45 chilometri orari e, sulle salite un po’ più impegnative, è consigliabile dare una mano al motore pedalando. Simbolo stesso di un’epoca, amatissimo mezzo di locomozione per generazioni di teenager italiani, tra gli anni 70 e i 90, il leggendario Ciao della Piaggio non è certo motorino con cui affrontare grandi distanze. O così abbiamo sempre pensato tutti.

Di tutt’altra opinione, invece, sono Giulio Giovanazzi, 24 anni, studente di giurisprudenza all’università di Innsbruck, e Carlo De Luca, 26 anni, di professione odontotecnico. I due amici meranesi, infatti, hanno deciso di usare due gloriosi Ciao per partecipare al “Crazy Italian Rally Summer”, gara di quasi 2000 chilometri che, partita da Biella, si chiude nel punto più a sud d’Italia, nel Comune di Pachino, in Sicilia. Ventisette gli equipaggi al via, a Biella (città scelta non a caso, visto che il regolamento prevede che alla gara possano partecipare solo motori con una sola biella), cinque quelli ritirati, dieci quelli arrivati e 12 quelli ancora in viaggio.

«Per i piloti più veloci e dai mezzi più affidabili - si legge sul sito dell’organizzazione – è previsto un check point facoltativo nella punta più estrema della Puglia. Un modo per spaziare maggiormente il “fresco” territorio del sud e arricchire la sfida!».

Non è il caso di Giulio e Carlo che, a differenza degli altri concorrenti, quasi tutti muniti di scooter e di mezzi più moderni, hanno optato per il glorioso Ciao, con tutte le incognite del caso. Giulio e Carlo hanno scelto di non aggiungere altre centinaia di chilometri alla loro impresa. Un’impresa di cui solo chi, in gioventù, ha avuto modo di muoversi sul motorino della Piaggio può capire la reale portata.

Soli, in balia di se stessi, senza alcun mezzo di supporto e assistenza tecnica. Ma c’è un altro dettaglio tutt’altro che trascurabile, oltre alla scomodità e alla lentezza del mezzo, che va preso in considerazione: il Ciao è alimentato da una miscela di benzina e olio al 2 per cento. Un tempo era possibile trovarla direttamente nei distributori, ma adesso occorre prepararsela da soli. E su questo fronte, Giulio e Carlo dimostrano maestria e preparazione degne dei loro genitori, senza dubbio più abituati a certi “riti”. Se si considera che la capacità massima del serbatoio del Ciao è di 2,8 litri è davvero difficile calcolare quante volte abbiano fatto il pieno, calcolando ogni volta le percentuali di olio da versare nella benzina.

Ma come è venuta l’idea di compiere un’impresa simile? «L’anno scorso stavo andando in montagna con Carlo – spiega Giulio, provato ma felicissimo, pochi minuti dopo aver compiuto l’impresa portata a termine in 129 ore, 34 minuti e 17 secondi – e lui mi ha chiesto se conoscessi il Crazy Italian Rally. “Perché non partecipiamo con un motorino?” ci siamo chiesti. “Io ho un Ciao in garage, se troviamo un altro Ciao possiamo partecipare”. E poco dopo, abbiamo recuperati anche l’altro motorino, che ci ha regalato un amico di mio padre e che ha usato Carlo».

Durante il viaggio non sono mancati i problemi tecnici, ma i nostri eroi hanno potuto sempre contare su simpatia e disponibilità tutte italiane. «La gente ci salutava per strada, che ci chiedeva da dove arrivassimo e ci diceva che eravamo pazzi. Ogni giorno abbiamo viaggiato per circa 11 ore, percorrendo 300 chilometri a una media di circa 30 chilometri orari. A Pescia Romana, il Ciao di Carlo ha avuto un problema ad un mozzo e un meccanico lo ha sostituito e ha cambiato anche l’olio. Con lui, che si chiama Giuliano, è nata un’amicizia: ha seguito su internet il nostro viaggio e ha voluto che ogni sera gli mandassimo una foto.

A Ostia, un meccanico che si chiama Red Oddi e che abbiamo scoperto essere uno dei massimi esperti del Lazio, in tempo record ha cambiato tutti i raggi che mi si erano rotti a causa delle buche e me ne ha regalati altri, da tenere come ricambio. Il terzo problema lo abbiamo avuto a Maratea: la ruota s’è rotta nuovamente e rischiavamo di doverci fermare. Dopo un breve pellegrinaggio, siamo arrivati a Scalea e un meccanico è riuscito magicamente a sostituire la ruota, sostituendola con la ruota più piccola di un Sì (altro motorino Piaggio, ndr) con i cerchi in lega e con uno pneumatico nuovo. A livello estetico, il mio Ciao è stato stravolto, ma ha funzionato fino qui, a Pachino».

Ora qualche giorno di relax in Sicilia, poi il rientro in traghetto da Palermo a Genova, dove il papà di Giulio attenderà i due eroi con un furgone.

Entusiasta e ammirato Davide Brancalion, presidente del Veteran Car Team, che ha subito dato il suo appoggio a Giulio e Nicola. «Sono davvero fantastici – spiega – e stanno compiendo quest’impresa anche per verificare sul campo problemi e difficoltà di una manifestazione di questo genere. È nostra intenzione, infatti, organizzare un rally d’Italia riservato solo ai Ciao e dedicato a tutti i giovani. Un’idea che abbiamo subito condiviso con l’Asi, l’Automotoclub Storico Italiano, e che avrà respiro nazionale». In questo interminabile e scomodo rally, che è anche una sorta di viaggio nel tempo, Giulio e Carlo hanno avuto modo di guardare e scoprire un’ Italia diversa da quella che erano abituati a vedere - a “non vedere” - viaggiando in auto, treno o aereo. «Dopo un anno di lockdown – conclude Giulio, ridendo – una cazzata dovevamo farla».













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