Via dalla Provincia, altri 200 si prenotano per la pensione 

L’esodo prosegue. I sindacati: merito non tanto di quota 100 quanto piuttosto della dilazione imposta dalla Fornero Dopo gli oltre 400 esodi sia nel 2018 che nel 2019, c’è già chi ha comunicato che se ne andrà nel triennio 2020-2022


Davide Pasquali


Bolzano. Nel solo 2018, in Provincia si sono contati 420 pensionamenti. Quest’anno siamo già a quota 408. Ma non è finita qui. Già ora negli uffici del personale sanno che se ne andranno almeno altre 204 persone che, per così dire, si sono prenotate per andarsene in pensione nel triennio compreso fra il 2020 e il 2022.

Lo si evince dalla risposta ad una interrogazione dei sempre più attivi consiglieri provinciali del Team Köllensperger. Merito di quota 100, viene spontaneo chiedersi? Non tanto, rispondono i sindacalisti. Più che altro, si tratta dell’effetto della riforma Fornero, che per anni ha bloccato tanti pensionamenti, facendo da tappo. Ora la bottiglia è stata stappata e il liquido fuoriesce in gran copia. Anche se per i pensionandi non mancano i problemi e in tanti cercano di rimanere il più a lungo possibile per non incassare una pensione da fame.

Nel 2018, in pensione sono andati in 420: 10 dalla Forestale, 70 dalle scuole dell’infanzia, 143 dalle scuole di cui 77 bidelli, 185 dall’amministrazione e via discorrendo. E per il triennio 2020-2022? Hanno già fatto sapere in 204 che hanno l’intenzione di andarsene: altri dieci dall’ambito forestale, 19 dalle scuole materne, 102 dalle altre scuole fra cui 16 docenti delle professionali e 57 bidelli, e poi 67 amministrativi eccetera eccetera.

Nel 2016 i pensionamenti erano stati 208, come si legge nella risposta all’interrogazione del Team K fornita dal presidente Arno Kompatscher. Nel 2017 erano saliti a 320 per passare poi ai 420 dell’anno scorso e ai 408 di quest’anno. Sembrano tanti. Colpa di quota 100? «Negli anni scorsi», chiarisce Gianluca Moggio (Sag), «c’è stato sicuramente un posticipo di alcuni pensionamenti, a seguito dell’entrata in vigore della riforma Fornero». Insomma, si sono accumulati ora, perché prima non si poteva. Questo ha avuto vari effetti negativi. Intanto un ridotto turn over. «La manovra nazionale era stata fatta in maniera emergenziale, per far respirare le casse dell’Inps. Considerando i dipendenti provinciali, con il sistema di progressione economica vigente, ciò ha comportato un aumento dei costi perché in molti sono rimasti più a lungo all’apice del loro sviluppo economico». Perché il vecchio dipendente costa molto più del giovane. Insomma, se ci fosse stato un ricambio generazionale, la Provincia avrebbe speso meno.

E non è detto che in pensione si voglia proprio andare, e ciò varrà ancor più in futuro. Oggi, infatti, stanno andando in pensione i nati nella prima metà degli anni Cinquanta, chi aveva iniziato a lavorare nei primi anni Settanta col sistema retributivo. A breve inizieranno i misti, poi si finirà con chi ci andrà con il contributivo puro. E così si penserà sempre più di restare il più a lungo possibile, per non subire decurtazioni della pensione. C’è chi ha il mutuo da pagare, i figli da mantenere all’università o altro. «Il tasso di sostituzione, ossia la differenza tra l’ultima retribuzione e la prima pensione, è avviato a diventare vieppiù peggiorativo». Insomma, non vale più tanto la formula: scappo prima che la festa finisca. È accaduto con opzione donna, sta accadendo ora con quota 100. «Tanti chiedono una consulenza al patronato, ma poi, quando capiscono la cifra che percepirebbero andandosene prima, dicono: con una pensione così non ce la facciamo. Va in pensione appena può solo chi se lo può permettere, perché la situazione patrimoniale del marito o della moglie è rosea».













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