Bolzano

Via della Vigna, 900 firme per la diffida 

L’avvocato del Comitato che chiede la riapertura della strada consorziale a bici e pedoni ha diffidato il Comune. Nel documento i bolzanini chiedono al municipio di far valere i diritti acquisiti da decenni, ossia la servitù di passaggio. «L’esproprio è legittimo»



BOLZANO. Forte di novecento firme raccolte in pochi giorni, il comitato per la riapertura di via della Vigna ora va all’attacco. «Il nostro avvocato - precisano i portavoce - ha inviato al Comune di Bolzano la diffida insieme alle firme della petizione. Ognuna delle 900 firme è un grido di disappunto rivolto alle istituzioni. Un atto di sfiducia nei confronti di chi non ha saputo o non ha voluto rappresentare gli interessi collettivi».

Al comitato spiace si continuino ad ignorare le istanze che arrivano dalla società. «Si preferisce riporre le questioni più scomode nel cassetto dell'oblio, sperando di riaprirlo qualche tempo dopo, quando ormai hanno perso tutta la loro intensità». Nel caso specifico, «il silenzio assordante del Comune è eloquente».

I proprietari della strada hanno escluso qualsiasi soluzione di compromesso, «sicuri di poter contare sul sostegno diretto e indiretto dei partiti della maggioranza comunale, senza curarsi della comunità a cui appartengono». A causa di questo corto circuito «abbiamo dovuto portare la nostra azione al livello superiore della diffida, per far valere i diritti acquisiti di passaggio ciclopedonale lungo la strada».

Per questo motivo, «il peso delle 900 firme andrebbe attentamente ponderato. Tra l’altro, mettono a nudo le contraddizioni del modello urbanistico di Bolzano, che privilegia il verde privato rispetto a quello pubblico».

Senza entrare nel merito della scelta di destinare una porzione della città alla coltivazione, si precisa, «occorre tuttavia ricordare che questo sistema si regge su un patto tra cittadini fondato sull'integrazione tra agricoltura e comunità di cui il Comune è il garante. In questo senso la chiusura di via della Vigna rompe questo patto, ma anche quello tra cittadini e Comune, colpevole di non aver tutelato i loro interessi».

A tal proposito «occorre fare chiarezza sui presunti limiti di azione di fronte all'inviolabilità della proprietà privata». Vale la pena citare l'articolo 42 della Costituzione «il quale recita che la proprietà privata può essere espropriata per motivi di interesse generale». È quello che accade regolarmente in tutte le città. «Senonché nel caso di via della Vigna qualcuno considera l'esproprio come se fosse un sopruso a danno di chi ci vive, quando si tratterebbe semplicemente di rendere la strada accessibile come lo sono tutte le altre, peraltro solo al transito di pedoni e biciclette».

In ogni caso, il comitato non considera l’esproprio come lo strumento primario per raggiungere lo scopo, ma come un’opzione da tenere aperta a sostegno della trattativa. Di conseguenza, «la sua esclusione a priori da parte del Comune suona come una resa alla volontà dei proprietari della strada». Attualmente rimane solo la servitù di passaggio. «Il Comune ora può scegliere di cogliere l'atto di diffida come un ultimo appello a risolver la questione con trasparenza e determinazione oppure scavare un solco ancora più profondo con i cittadini». DA.PA.













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