Zampatti: il fuoripista, una moda pericolosa

Il presidente del Cnsas: «Gli adolescenti cercano di emulare gli sciatori spericolati visti su internet»



BOLZANO. Samuel Frigerio è morto a 14 anni. Facendo fuoripista, è stato travolto da una slavina. Non è la prima volta che una giovane vita viene spezzata in questo modo. Nel 2013 altri due ragazzini sono morti così: Manuel Moroder di Ortisei, 15 anni, e Johannes Holzer di Brunico, 11 anni. Secondo Lorenzo Zampatti, presidente del Cnsas, il fenomeno è in aumento: «Rimane molta amarezza - dice -. Purtroppo è vero: sempre più giovani decidono di praticare lo sci fuoripista. Noi del Cai facciamo, insieme alle guide alpine, i club e i maestri di sci, giornate ad hoc nelle varie località per informare e sensibilizzare i ragazzi. Però è difficile riuscire ad incidere su quella che è l’esuberanza dei giovani. Nella vita ci siamo trovati tutti di fronte a dei divieti. L’idea di superare il limite fa parte della vita di un adolescente. Per questo motivo, è difficile renderli consapevoli dei pericoli reali». Il pericolo più grande arriverebbe da internet: «Trovano sul web e su Youtube filmati, dove si vedono persone che scendono, apparentemente in modo semplice, lungo dei pendii molto ripidi - prosegue il presidente del Cnsas -. Li porta a voler emulare questi “eroi” del web. Perdono la consapevolezza di cosa sia il reale pericolo. Noi cerchiamo di spiegare loro che sulle pareti verticali, quelle molto ripide, la neve viene scaricata subito. La massa non si accumula. Quindi è poco probabile che si stacchi una valanga. Invece, sulle pareti meno ripide basta poco per far scattare la slavina. Ma agli occhi degli adolescenti il pendio meno ripido è “niente” in confronto a quello che hanno visto fare su internet». Secondo Zampatti, fino a venti anni fa, si viveva in modo diverso la montagna: «Incontriamo gli adolescenti nelle scuole e sensibilizziamo. Facciamo tutto quello che possiamo, per far capir loro che rischiano la vita. Purtroppo, l’attività fuoripista sta diventando sempre più una moda. Oggi, dopo una nevicata, non c’è più un pendio che non abbia dentro tracce nuove. Una volta si seguivano logiche diverse: si iniziava a fare sci alpinismo e fuori pista in primavera, a febbraio o marzo. Mai prima. E soprattutto erano in pochi a praticare questi sport. Oggi, invece, i giovani pensano di essere al sicuro, solo perché indossano un’attrezzatura nuova e sofisticata. Ma l’attrezzatura non ti salva sempre la vita».

(s.p.)

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