Il sondaggio

L'Ipl: due lavoratori su sei pronti a lasciare l'Alto Adige

Il presidente Dorigoni: «Carovita, questa provincia è sempre meno attrattiva, in futuro anche da noi la competizione decisiva sarà sulla migliore manodopera qualificata»



Bolzano. L'Alto Adige del lavoro rischia di finire sotto la linea di galleggiamento. E questo non per mancanza di denaro nelle imprese o per carenze tecnologiche. No, lo rischia per una sola ragione: ha sempre meno mano d'opera qualificata.

E in futuro? «La situazione potrebbe aggravarsi» pronostica Andreas Dorigoni, dall'alto dell'osservatorio di cui è presidente, l'Ipl. Nei prossimi due anni un lavoratore altoatesino su 6 potrebbe pensare di lasciare la provincia, dice un sondaggio. Tanto che l'Istituto per la promozione dei lavoratori, si spinge oltre negli scenari che sta prefigurando: domani la competizione decisiva nei mercati non sarà più intorno ai migliori prodotti o per i processi che li assemblano ma per la migliore manodopera. Sono le mani, le teste, la creatività complessiva della forza lavoro, la sua capacità di mettersi in gioco a risultare decisive in prospettiva.Una strettoia dentro cui l'intero sistema economico territoriale potrebbe venire soffocato o, almeno, perdere terreno rispetto alla concorrenza. «Ci sono sempre meno operai specializzati - aggiunge Stefan Perini, il direttore - e la questione è che non funziona più bene l'import degli stessi dagli altri territori». Mancano e non ne arrivano, in sostanza.

Per cui ci si pone la domanda delle domande: l'Alto Adige ha ancora una buona capacità di attrazione? Il rischio è che non si sia più in grado neppure di frenare l'emorragia di quelli che già vi lavorano. Tanto che una delle percentuali più alte rispetto al quesito "perché andarsene" risponde: «Per ottenere condizioni di lavoro difficilmente contrattabili in Alto Adige». Molti pensano ad andarsene, traducendo le ragioni di fondo, per la ragione che altrove «si sta meglio». Probabilmente con migliori opportunità anche di crescita personale. Mentre la ragione principale per restare è quella classica: legami famigliari e affettivi personali. Per la qualità della vita o perchè c'è "paura del cambiamento". Pare dunque, secondo l'indagine Ipl, che le ragioni per andarsene siano probabilmente più "qualificate", in termini sociologici e professionali, di quelle che inducono a restare. Fatti i conti finali, ecco la sentenza: un dipendente su sei sta accarezzando l'idea di lasciare Bolzano e l'Alto Adige.

Per quanto riguarda il capoluogo la questione è evidente: carovita alle stelle, impossibilità pratica di trovare casa, freni amministrativi. Tanto che Bolzano sta perdendo abitanti da anni. Per quanto riguarda il territorio invece, i dati Ipl, fanno registrare un inevitabile allarme. Le ricette non sono a portata di mano perché investono settori sovrapposti e spesso non coordinabili, tra politica, economia, spinte inflattive e poca modernizzazione complessiva anche in termini di innovazione. E qui Ipl dice chiaro un paio di cose: «Con il contenimento dei salari che è in atto, con un atteggiamento spesso prevenuto nelle trattative con i sindacati - spiega Dorigoni - i datori di lavoro rischiano di darsi la zappa sui piedi». P.CA.













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