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La giungla dell'online, prevenzione già all'asilo

Gli esperti del Germoglio: «La prevenzione deve iniziare presto, già dalla scuola materna». In dieci anni forte aumento di violenza, adescamenti online, estorsioni sessuali, cyberbullismo


Paolo Campostrini


BOLZANO. Non è mai troppo presto per dotarsi di strumenti in grado di farsi strada in quella giungla che è l'online. E la violenza che vi si nasconde. Si rischia, anno dopo anno, che sia invece troppo tardi. Presto è l'adolescenza? "No, molto prima. Partiamo dall'asilo". È dunque questa la prima linea. L'istante in cui la prevenzione diventa una possibile barriera. Dice Francesca Ferragina: «Ci muoviamo su un terreno fragile, usiamo metodi che mettono insieme gioco e immagini. Ma poi ascoltiamo. Perché è spesso anche in casa che certe cose possono accadere. E a 4, 5 anni si può essere segnati a lungo». Lei è coordinatrice del centro "Il Germoglio". Stanno lì, in quello che è un ambito strategico de La Strada-der Weg, i progetti per far fronte ad una offensiva che sta incidendo sulla vita di tanti.

I numeri? Eccoli: negli ultimi dieci anni i danni nei confronti di minori da parte di famigliari o conviventi sono aumentati del 137%. Una enormità. Un mare di violenza anche nascosta. E poi dal 2020, post Covid, si registra un aumento del 33% per l'adescamento online, del 94% per la sextortion, l'estorsione sessuale e del 13% per il cyberbullismo: il corrispettivo digitale del bullismo tradizionale. In Italia, nel 2022, sono stati infine 401.766 i minori presi in carico dai servizi sociali.

Il Germoglio ne ha dibattuto ieri sera, delle questioni, con esperti e operatori, con anche Cristina De Paoli, la responsabile, in un convegno dal titolo: "Obiettivo minori, i diritti nonostante la violenza".

Ferragina, e a Bolzano?

In proporzione i numeri sono questi.

Attendibili?

Non sempre, ma per difetto. Nel senso che tante volte le cose accadono ma non avvengono le denunce. O le segnalazioni. C'è molto non detto e non rilevato.

Dove si nascondono i pericoli?

Non più al parco, nei giardinetti.

Come in passato?

Appunto, il passato. Oggi è al pc, sullo smartphone che avvengono i contatti, gli agganci. E quel mondo è molto più comodo per tutti. E apparentemente indolore.

Ma poi arriva?

Sempre. Per questo lo strumento che abbiamo in mano è la prevenzione. Che ora deve essere universale.

Si intende?

Partendo anche molto presto. Soprattutto molto presto. Dai 4 anni. La materna. Prima si inizia e meglio è.

Ma non ci sono rischi, nel parlarne così in anticipo?

I rischi sono nel non farlo.

Come fate la prevenzione?

Con attività anche ludiche. Con strumenti capaci di farsi capire da dei bambini. Storie, disegni, illustrazioni. E molte parole. Non si parla della violenza in sé, si chiede, si ascoltano i segnali, i loro racconti. Occorre, certo, fare attenzione. E poi si chiede loro di imparare una sorta di decalogo. Che varrà anche negli anni a venire.

Che consiste in?

Una serie di punti. Il primo è imparare che il corpo è tuo, cioè loro. Poi saper dire di no. E ancora il diritto ad avere una vita senza violenza. Importantissimo: abituarsi a chiedere aiuto.

Che invece non avviene?

Spesso no. Non ci si rende conto del bisogno. È qui, il punto decisivo: crearsi dei punti di riferimento. Non solo i genitori. Ma magari un assistente, un insegnante. E soprattutto averne più di uno.

Perché più di uno?

Gli adulti sono quasi sempre distratti. Anche mamma e papà. Il lavoro, la casa, i problemi della giornata. Tante volta la risposta a una richiesta di un bambino è: guarda, ora non ho tempo. O: dimmi dopo. Peggio, invece quando quella persona non è in grado di comprenderti. Ecco l'importanza, allora, di crearsi una piccola rete di aiuti tra gli adulti. Se non ascolta uno, rivolgersi all'altro.

Da dove parte, secondo la vostra esperienza, la violenza?

Anche da casa. E allora la dotazione di strumenti, pure apparentemente elementari, per affrontarla è importante. La chiamo lo "zainetto" delle regole.

Come quelle che si insegnano ai piccoli appena vanno fuori casa?

Come quelle. Si insegna a dare la mano ad un adulto quando si è in strada, a stare attenti alle macchine. E così per la violenza nascosta.

Bene, ma poi c'è quella online. C'entrano ancora i bambini?

C'entrano eccome visto che ormai si regala un telefonino per la prima comunione. Occorre provare a farsi raccontare quali app si sono inserite, in che modo usano questi strumenti, se possono accedere anche al telefonino dei genitori e navigarci.

E per gli adolescenti?

Il loro è un mondo fatto per la gran parte di smartphone e computer. Lì si svolgono quelle dinamiche che una volta avvenivano all'esterno e, per questo, sono più nascoste e dunque pericolose. La violenza qui ha molto a che fare con quella sessuale, perché ormai un adolescente può accedere ovunque senza problemi.

Si parla molto di bullismo.

Il bullismo cibernetico è uno dei fronti aperti. Ma occorre fare attenzione alle parole. E non far confusione. Il cyberbullismo è molto più pericoloso del bullismo tradizionale. Lascia segni profondi perché l'online è il mare in cui navigano tutti e tutti vedono. Si è allo scoperto.

Altri terreni pericolosi?

C'è il revenge porn. Ma che viene spesso scambiato con la sextorsion. Sono due situazioni diverse. Il primo riguarda la vendetta. Effettuata con materiale privato; il secondo è una vera ritorsione, che può avvenire per semplice volontà di diffusione di video e immagini prima condivise ma poi diffuse senza consenso. E qui serve avere la conoscenza degli ambiti precisi in cui si configura, delle tipologie degli approcci, imparare a riconoscere strategie e situazioni, avviare le contromisure. È il nostro lavoro. Lo facciamo per le scuole, soprattutto. Offriamo consulenze e colloqui. E nessuno si senta estraneo a tutto questo.













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