Beutel condannato a 30 anni 

Il delitto di Quarazze. Il 39enne austriaco nel settembre 2018 uccise la moglie Alexandra con 43 coltellate: la furia omicida durò dai 4 ai 6 minuti Il processo si è svolto con rito abbreviato. I difensori dell’imputato - Tonon e Ferretti - hanno preannunciato ricorso in appello


Mario Bertoldi


Bolzano. La sentenza ha confermato in toto l’impostazione giuridica della procura della repubblica. johannes beutel, l’austriaco di 39 anni in carcere per aver massacrato la moglie alexandra riffeser con 43 coltellate nella loro casa di quarazze, è stato condannato a 30 anni di reclusione per omicidio volontario pluriaggravato. il giudice emilio schönsberg ha dunque riconosciuto anche le aggravanti di aver agito nei confronti della coniuge e di aver agito con crudeltà.

L’uomo ha dunque evitato l’ergastolo solo grazie allo sconto previsto dal rito abbreviato. il giudice si è discosto dall’impostazione della procura per un particolare della sentenza che lascia alla difesa la speranza di ottenere una profonda riforma del verdetto in sede di appello. in effetti il tribunale ha riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche che però sono state giudicate “minus valenti” rispetto alle due aggravanti contestate.

Si tratta di una valutazione che non ha comportato effetti concreti nella quantificazione della pena. ben altri sarebbero stati gli effetti sul verdetto qualora il giudice avesse valutato le attuanti generiche equivalenti o addirittura prevalenti sulle aggravanti contestate. secondo un rapido calcolo teorico la condanna per omicidio avrebbe potuto essere contenuta in 24 anni con riduzione di un terzo previsto per il rito abbreviato e conseguente pena finale a 16 anni. calcolando poi che, in sede di espiazione della condanna, ogni detenuto ha diritto in caso di buona condotta ad una ulteriore riduzione di circa il 45 per cento della pena inflitta, ben si comprende come la difesa (gli avvocati alessandro tonon e marco ferretti) possano nutrire buone speranze di ottenere una valutazione più favore in appello sulle attenuanti riconosciute.

Tra il resto i due avvocati si sono detti assolutamente convinti che l’aggravante della crudeltà non abbia un reale fondamento giuridico.

I legali ferretti e tonon hanno in effetti sottolineato che in giurisprudenza perchè si possa parlare di crudeltà sia necessario dimostrare che l’autore dell’omicidio abbia voluto infliggere alla vittima, prima della morte, una sofferenza ulteriore non necessaria per raggiungere l’obiettivo dell’assassinio.

«ci sono recenti sentenze della cassazione - ha ricordato ieri l’avvocato ferretti - nelle quali non è stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà nonostante l’omicidio avesse ucciso infliggendo sino a 70 coltellate». in altre parole si tratta di un aggravante che risulta piuttosto complessa nella sua struttura giuridica che però ieri in sentenza è stata pienamente confermata dal giudice.

Gli avvocati difensori hanno ovviamente già annunciato ricorso in appello ed è probabile che tentino di ottenere una sensibile riforma della sentenza soprattutto in relazione allo stato emotivo e passionale dell’imputato che non può nè escludere nè diminuire l’imputabilità ma è comunemente riconosciuto dalla cassazione come possibile motivazione a sostegno delle attenuanti generiche. «non bisogna neppure dimenticare - puntualizza ancora l’avvocato marco ferretti - sono sempre stati concordi nel sostenere che l’imputato era una persona depressa, sconvolta ed in un gravissimo stato di prostrazione psicologica».

Senza dimenticare che beutel era un soggetto incensurato che non era mai stato protagonista di episodi di violenza nei confronti della moglie e dei famigliari, tantomeno di stalking. di verdetto giusto ha parlato, a sentenza emessa, l’avvocato di parte civile federico fava. « sono soddisfatto nei limiti della pesantezza della pena inflitta - ha commentato il legale - sentir parlare di condanna a 30 anni di reclusione fa comunque impressione ma va pure detto che la pena deve anche essere retributiva. questa sentenza riassegna una gravità oggettiva ad un fatto che era in effetti molto grave. al di là della personalità dell’imputato, la sentenza doveva valutare semplicemente quello che ha fatto».

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