Birmania-Merano: il tattoo che unisce due mondi lontani 

Paola Marcello ha fotografato i volti delle donne Chin Vengono messi a confronto con cinque altoatesine tatuate



MERANO. La Birmania, terra lontana e per molti versi esotica, e Merano. A creare un punto di interconnessione fra due realtà così distanti e differenti è Paola Marcello, il tramite è la fotografia, il luogo che ospiterà l’incontro il Museo delle donne (via Mainardo 2, presso piazza del Grano). Qui domani alle 19 viene inaugurata la mostra fotografica “Sulla pelle”.

Paola Marcello ha ritratto cinque donne tatuate dell’Alto Adige e altrettante birmane, dello stato del Chin, dove il tattoo è un’antichissima tradizione. L’idea dell’autrice - che già al tatuaggio aveva dedicato un’esposizione - prende origine da un viaggio nella regione occidentale del Myanmar, questo il nome attuale della Birmania, nel 2015 durante un lungo soggiorno in Asia. «Interessata da sempre a culture e diversità tra i popoli - spiega la fotografa - ho deciso di visitare e approfondire questa realtà. Mi sono recata per ben due volte e diverse settimane nello Stato Chin visitando molte zone, villaggi e località alla ricerca di donne che rappresentassero su di loro questa particolare arte, l’arte dei tatuaggi facciali. Mi sono affidata all’aiuto di molte persone locali, che generosamente mi hanno introdotto nei villaggi, nelle case e mi hanno cosi dato la possibilità di scambiarmi con queste donne coprendo anche la veste di traduttori e intermediari durante le molte interviste e addirittura fungevano da assistenti fotografi durante le molte sessioni di ritratti realizzati davanti alle case di queste donne».

Ai loro ritratti, la mostra affianca foto delle donne tatuate altoatesine, «per tendere un filo ideale e creare un collegamento con l'attualità da un passato velato di tradizione e mito ai miti moderni della società in cui viviamo», commenta Sissi Prader, direttrice del Museo delle donne.

Dalla Birmania a Merano dunque: come scrive Luca Chisté, curatore della mostra, sorprendentemente si scopre «che ciò che crediamo diverso, lontano, unico, in realtà è simile, vicino, equivalente. E così, ad accorciare il tempo e lo spazio, ed a rendere due culture quasi identitarie, è la potenza evocatrice del simbolo: il tattoo. Che trascende gli angusti spazi del visibile, per divenire, esso stesso, agente unificatore universale, mutando la sua genesi: da visibile a visionario.

Comunque la si guardi, una scoperta meravigliosa, che rende le donne birmane del Chin sorprendentemente vicine ad un altro gruppo di donne, anch'esse coraggiose, che hanno deciso di trasformare il proprio corpo in una tela vivente, facendo sì, che la loro identità artistica e individuale, attraverso il proprio corpo, diventasse un unico, indistinguibile, insieme esistenziale».













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