L’intervista

Le cinque vite di Francesca Schir: «Poliziotta alla Digos, prof, psicologa, musicista e politica»

La madre nonesa e il padre della Valsugana: «Vinsi tre concorsi: Poste, biblioteca e Polizia. Diventai agente a Brennero. Ho seguito anche naziskin. Ho imparato tanto della diplomazia e del potere. Se tornassi indietro non so se lascerei il Ministero dell’Interno»

INCIDENTE Schir cade in vespa e rischia l’uso della mano


Massimiliano Bona


MERANO. «A volte mi guardo indietro e mi sembra di aver vissuto tante vite»: a parlare è Francesca Schir, 51 anni, presidente dell'ordine degli psicologi, due lauree in tasca, ma anche insegnante al Gandhi di Merano, con un passato di 9 anni alla Digos da agente scelto (con indagini importanti su naziskin e bande di motociclisti).

È una musicista apprezzata (con la band "Degne di nota") ed è stata una politica di spessore (prima donna a diventare presidente del consiglio comunale a Merano). Racconta con il sorriso sulle labbra anche la sua vita di coppia: «Se morissi domani sarei felice, per aver amato e per essere stata amata».

Mamma nonesa e papà della Valsugana: com'è stata la sua infanzia?

Fin da bambina mi appassionava proprio tutto, la cucina della mamma, ma anche - e soprattutto - l'officina da fabbro del papà. Il mandolino del nonno, le gite in montagna, le storie che mi raccontava la nonna. Ho imparato a saldare, a filo e cannello, a riparare gli elettrodomestici, a suonare e a cantare. La mia infanzia la ricordo così.

Chi c'era a casa?

Sempre qualcuno a pranzo, mia madre cucinava per tutti e la musica era l'accompagnamento costante di ogni ritrovo, in cui mamma e i suoi fratelli cantavano a più voci cori di montagna e i testi dei cantautori.

Cosa le ha insegnato?

Da lei ho imparato che c'è sempre spazio per qualcun altro a tavola. Raccontare, ridere e anche piangere va bene. Poi il liceo, l'università e le prime supplenze a scuola.

Cosa ricorda di quel periodo?

Dopo il classico mi sono iscritta all'Università, a Milano, ma ho frequentato poco, pur continuando a studiare. A meno di un anno dalla maturità ho iniziato a lavorare a tempo pieno come insegnante di italiano L2.

Un tour nelle scuole tedesche?

Sì, con la mia 500 gialla, acquistata per 500mila lire grazie ai lavori estivi come postina e barista all'ex Hotel Bristol. Ho girato l'Alto Adige insegnando a Prato allo Stelvio, Tesimo, Corces, Laces, Santa Valburga, San Pancrazio, anche alle scuole serali. Mi è piaciuto tanto insegnare italiano alle scuole tedesche, nonostante la fatica dei viaggi e della lingua, che non era il tedesco che conoscevo io. Da questa esperienza ho imparato che, senza una relazione con gli alunni e le alunne, l'apprendimento non "passa" e non c'è metodo di studio o contenuto che possa sopperire a tutto questo.

Poi, però, la vita da precaria nella scuola ha iniziato a starle stretta?

È proprio così. I viaggi in 500 sono durati 6 anni e quindi, stufa della precarietà e del non sapere se a settembre avrei ottenuto una nuova supplenza, ho deciso di iscrivermi ad alcuni concorsi: volevo essere certa di riuscire a pagare l'affitto.

E quali concorsi ha vinto?

Nel 1998 vinsi i tre concorsi ai quali mi ero iscritta, uno come portalettere, l'altro - purtroppo a tempo determinato - in biblioteca a Merano, l'ultimo per la Polizia di Stato. Scelsi quest'ultima opzione e mi ritrovai a frequentare la scuola di Polizia ad Alessandria. Dopo 6 bellissimi mesi arrivai seconda al corso e mi venne assegnata la prima destinazione come agente: Brennero.

Cosa le è rimasto di quel periodo?

È stata un'esperienza interessante e difficile al contempo: la guerra in Kosovo rendeva i confini un luogo di controlli speciali, di storie drammatiche e di operazioni complesse. Poi c'è stato il "salto" alla Digos, dove è rimasta 9 anni. Indagini anche complesse da seguire dove le è servito molto il tedesco...Sono stati anni che non dimenticherò mai: ho imparato tanto, di me, della Provincia in cui vivo, della politica, della diplomazia e del potere. Non so se tornando indietro lascerei il Ministero dell'Interno.

Perché andò via?

Allora, faticosamente, sempre lavorando a tempo pieno, avevo ottenuto la tanto desiderata laurea (in Scienze dell'educazione ndr) e mi sembrava ingiusto non mettere a frutto anni di studio, denaro, tempo ed energie profusi. Decisi quindi di prosciogliermi e, dopo l'abilitazione, di tornare ad insegnare, stavolta nella scuola italiana. La scuola è casa, per me. Mi piace pensare che, fra tutte le parole che dico, qualcosa resti nelle ragazze e nei ragazzi.

Qual è stato il complimento più bello che le hanno fatto?

Un mio ex alunno un giorno mi ha fermato per dirmi: "Sa, profe, lei è stata la prima insegnante a farmi sentire intelligente." Mi è sembrato commovente e bellissimo e lo tengo a mente per tutte quelle volte in cui torno frustrata o affaticata dal lavoro. Io trovo che le ragazze e i ragazzi di oggi siano splendidi. E non concordo davvero quando leggo o sento dire che "i giovani d'oggi sono maleducati, si burlano dell'autorità, non hanno rispetto per gli adulti, non ascoltano più i loro genitori, sono pigri...".

Perché le piace così tanto fare l'insegnante? È una sorta di missione?

Ognuno di noi desidera essere visto, ascoltato, tenuto in considerazione, pur nelle proprie debolezze. La bellezza del mio mestiere sta nell'intercettare i sogni dei ragazzi dietro alla facciata di disinteresse, critica, arroganza, che spesso nascondono solo bisogno di attenzione.

Tutto ciò l'ha spinta a rimettersi in gioco e a laurearsi anche in psicologia…

Sì, mi sono iscritta a Roma. Ho presentato una tesi sulla psicologia scolastica, di cui c'è sempre più bisogno. Ma, come i ragazzi e le ragazze ne hanno bisogno, così è sempre più evidente, soprattutto dopo il Covid, che di psicologi abbiamo bisogno tutti, noi psicologi compresi. Il consiglio che mi sento di dare in caso di problemi relativi al benessere psicologico è quello di affidarsi sempre a psicologi-psicoterapeuti, professionisti della salute mentale. A fine anno concluderò la scuola di specializzazione in psicoterapia.Ma la ciliegina sulla torta è stato un dottorato di ricerca alla Lub in pedagogia generale e sociale.

Come ha trovato il tempo?

Per la prima volta nella mia vita ho potuto studiare e basta, senza dover andare al lavoro. Non mi è sembrato vero: mi hanno pagata per studiare. Approfondire, prendermi il tempo, leggere e rileggere, senza doverlo fare di notte, nelle ore buche, la sera. Quanta bellezza.

Ma c'è stato spazio anche per la politica con M5s e Team K. Un'altra passione vera?

Sì, fin da ragazza mi piaceva l'idea di provare a cambiare le cose che ritenevo ingiuste o di portare avanti istanze comuni. Sono stata rappresentante di classe, di Istituto e consigliera comunale poco più che maggiorenne per il "Programma Chistè" a Merano, la prima sindaca donna, quando c'era ancora la giusta alternanza, in un Comune come Merano, fra sindaci di madrelingua italiana e tedesca.L'esperienza più importante è stata quella con M5s, quando ancora le 5 stelle rappresentavano acqua pubblica, ambiente, mobilità sostenibile, sviluppo e connettività. Sono stata eletta in consiglio comunale a Merano con il Movimento e sono diventata la prima donna presidente del consiglio comunale, e la prima, in assoluto, eletta all'unanimità. È stata un'esperienza straordinaria, che rifarei.

E cosa non rifarebbe in politica?

Non passerei al Team K, una grande delusione politica, per me. Non tanto per il famoso scandalo del bonus da 600 euro, ma per aver promesso un partito interetnico che ancora dobbiamo vedere.

Ma gli italiani di questa terra hanno una casa politica?

Non la troveranno finché non sarà risolta la questione etnica. Ci sono più famiglie miste ma i due mondi, italiano e tedesco, faticano ancora ad incrociarsi.

Poi la musica. Cosa rappresenta per lei?

La chitarra e il canto sono stati salvezza e sfogo, emozione e soddisfazione. Il più bel concerto è stato in piazza delle Terme, in estate, con la mia band, i "Degni di Nota". Un'emozione fortissima: gli ospiti dell'hotel si affacciavano per applaudire, la piazza piena e tre ore di musica solo per noi. Il quartetto ora è un duo, le "Degne di Nota", in cui canto e suono da ormai dieci anni con Lucia Suchanska, una bravissima violoncellista.

Una vita intensa ma molto felice. Anche nel privato?

Sì, molto. Da quasi dieci anni vivo con la mia compagna e i nostri cani, fonte costante di gioia, sia lei che loro. Condividiamo la grande passione per i cammini, per la politica, per la giustizia, per i diritti di tutte e tutti, per il bene comune.

Qual è il prossimo cammino a piedi che farete?

Quello di San Giacomo in Sicilia, da Caltagirone a Capizzi.

Il libro sul comodino?

Pao Pao di Pier Vittorio Tondelli.













Altre notizie

Attualità