Lotta aperta tra fazioni  al Centro di culto islamico 

Sinigo. L’ala moderata che frequenta il luogo di preghiera di via Fermi ai ferri corti con l’imam «Non ci rappresenta: o se ne va, o rivendichiamo la separazione degli spazi della sala»


Simone Facchini


Merano. La spaccatura sembra insanabile. Si sta consumando all’interno dell’associazione che gestisce il centro islamico di preghiera a Sinigo. Oppone il direttivo e una parte consistente dei fedeli sostenitori di una gestione più aperta e moderata. La bagarre si protrae da parecchi anni, in barba al nome del sodalizio, “Dialogo e Pace”. Il conflitto fra le parti ha strascichi anche in tribunale, dove a una causa civile ne sta seguendo una penale.

La vicenda.

Nel 2014 un centinaio di persone di fede islamica aveva contribuito in quota variabile alla colletta che consentì l’acquisto del locale di via Fermi, conosciuto impropriamente come moschea. In due mesi erano stati raccolti 160 mila euro. Oltre 500 metri quadrati destinati non solo alla preghiera ma anche a momenti di aggregazione. I problemi sorgono poco dopo. Sgorgano contrasti sulla gestione dell’associazione e del centro. Le ruggini sfociano in prima battuta in un procedimento arbitrale disposto dal tribunale che impone correttivi relativamente alla composizione dell’elenco dei soci e del direttivo. I vertici dell’associazione, secondo i contestatori, non avrebbero rispettato gli obblighi disposti dall’arbitrato e la vicenda è finita davanti al giudice civile, che ha confermato quanto deciso nel precedente lodo. Eppure le cose non sono cambiate. «Contestiamo l’imam e vogliamo che se ne vada. Oppure chiediamo di dividere i locali di Sinigo in due parti», propongono gli accusatori. Che proseguono: «Pure noi abbiamo pagato la nostra parte per l’acquisto degli spazi ma i rapporti con l’imam, che è anche vicepresidente dell’associazione, non ne consentono un sereno utilizzo. Lui si fa promotore di un islam radicale, mentre noi ne sosteniamo uno più moderato. Non ci rappresenta. I suoi atteggiamenti, il suo estremismo, anche nell’imporre il vestiario per accedere al luogo, allontanano le persone dal centro di via Fermi. Ormai i fedeli vi si recano solo per la preghiera del venerdì».

Soluzioni drastiche.

L’ala moderata vuole evitare ulteriori scontri. Per questo sollecita una soluzione, per drastica che sia: «Noi rappresentiamo la comunità islamica che diffonde un messaggio di integrazione, non solo con le parole ma anche nei fatti. Non ci riconosciamo nell’attuale guida. Il direttivo è tutto tranne che democratico. L’imam non avrebbe i titoli per esserlo. E continua a essere raccolto denaro che dovrebbe servire ai lavori di manutenzione dello stabile, mentre le somme vengono utilizzate per sostenere spese legali e il sostentamento all’imam, quando invece per statuto l’impegno per l’associazione dovrebbe essere volontario». Dunque la proposta: «O l’imam se ne va, oppure chiediamo che gli spazi siano separati. Vogliamo che il centro sia un vero luogo di aggregazione. E ci appelliamo alle autorità e alle associazioni affinché appoggino con ogni mezzo possibile il nostro impegno».













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