Sinigo, rischio allagamenti: «Ora non c’è  più tempo» 

Lettera aperta. La scorsa amministrazione ha preso coscienza del problema e lo ha affrontato, ma gli abitanti della frazione reclamano interventi urgenti: «La questione riguarda non solo  la piazza ma sempre più aree, da via Fermi fino alla zona produttiva» 



Merano. La falda idrica di Sinigo è un problema di tutti. Il messaggio lo firmano quattro residenti che si slacciano da ogni legame politico e danno eco a una situazione che via via si aggrava. Si fanno portavoce di un’ansia che nella frazione si espande di pari passo con l’acqua sotto terra. La loro voce si è levata sempre più forte negli ultimi anni, hanno bussato alle porte di chi decide, hanno trovato delle risposte ma i tempi della politica e degli eventi hanno ritmi diversi. E se la scorsa amministrazione ha avviato un processo indirizzato a togliere la borgata dai piedi nell’acqua, il commissariamento del Comune in seguito al fallimento delle trattative per la formazione di un governo cittadino ha rallentato la messa in atto di opere che chi vive la realtà di Sinigo reclama con sempre maggiore insistenza.

Le firme sul documento sono di Fabrizio Nicolini, Maria Giovanna Pretto, Maurizio Tiglieri e Marco Scachetti. Capofila di una mobilitazione che nei mesi scorsi ha coinvolto anche il comitato di quartiere e che si è espressa nelle sedi istituzionali. Risultati ce ne sono: il tema è stato portato alla luce e sono ancora in corso rilevamenti. Ma l’appello dei residenti è di intervenire presto.

Il documento.

A sostenere le tesi di un’azione rapida c’è il documento dei firmatari sopra citati. Una sorta di manifesto che inquadra la situazione. «La zona su cui sorge la frazione di Sinigo è stata bonificata negli anni ‘20 del secolo scorso grazie a una imponente opera di ingegneria idraulica che ha consentito di rendere fertili e vivibili dei terreni altrimenti paludosi e malsani. Le bonifiche idrauliche, per la loro funzione di difesa del territorio dal dissesto idrogeologico, sono considerate opere permanenti a difesa del territorio e pertanto sono tutelate dalla Legge. Ne consegue che chi smantella inopinatamente e senza dovute analisi del rischio opere di questa natura, se ne assume direttamente il rischio e la responsabilità delle eventuali conseguenze, indipendentemente che si tratti di un soggetto privato oppure un ente pubblico».

«Quello che è accaduto a Sinigo - così specifica la presa di posizione - ha dell’incredibile, e dovrebbe far riflettere su quanto la natura umana sia cieca al punto di anteporre discutibili interessi, spesso pretestuosi quando non smaccatamente privati, al rispetto dell’ambiente e alla sicurezza delle persone. Affermare che la questione sia stata sottovalutata per ignoranza o superficialità è una scappatoia troppo facile, nonché una colossale sottovalutazione del problema. Questa operazione è stata infatti portata a compimento tanto dalla componente politica, a livello provinciale e comunale, quanto dai tecnici che hanno avallato e sottoscritto queste scelte. Non è difficile comprendere che solo una situazione di assoluta necessità può essere stata la causa che ha spinto, quasi cento anni fa, gli ingegneri idraulici a ideare e costruire un’opera di bonifica di tale portata. Tale stato di rischio non è mai venuto meno, se non nella mente degli ignoranti che hanno scambiato la mitigazione del rischio ottenuta con la bonifica per una illusoria cessazione di tale rischio. L’aumento esponenziale della pressione demografica sul territorio, unitamente ai cambiamenti climatici, a una aumentata coscienza tecnica ed ecologista e in definitiva al semplice buon senso, tutto consigliava un potenziamento dell’opera di bonifica, per sua stessa definizione difesa permanente del territorio. Al contrario, essa è stata invece scientemente smantellata, e di questo sono responsabili le scelte politicamente discutibili che hanno imperversato a Sinigo negli ultimi decenni, volte a tutelare e promuovere interessi di parte quando non addirittura privati».

Come il Mose.

«I funesti effetti della smania cointeressata di esercizio del potere sono sotto gli occhi di tutti - prosegue la nota -: lo smantellamento di fossi, capifossi, canali di scolo e pompe idrovore nella stolta convinzione che fossero soltanto un ostacolo al business edilizio e agricolo, facilmente sacrificabile sull’altare della cementificazione spinta del territorio, mentre in realtà erano il cuore pulsante di una straordinaria opera di sicurezza pubblica e ambientale a salvaguardia di un territorio ad elevato rischio di alluvioni e inondazioni, costituendo a tutti gli effetti il Mose dell’ex frazione, avendo come unica differenza rispetto a Venezia il fatto che l’ “acqua granda” non proviene dal mare, bensì dal sottosuolo! Nemmeno le costruzioni nate durante questa sarabanda incontrollata di edificazione sono immuni da rischi strutturali, essendo state progettate e costruite in condizioni ben diverse da quelle attuali: siamo arrivati al punto che non solo intorno alla Piazza (Vittorio Veneto, ndr), ma anche in via Fermi, nella zona produttiva e in via Nazionale sono sufficienti condizioni meteo anche solo debolmente avverse per far sì che i proprietari siano ridotti a fare i conti con cantine, vani ascensore, seminterrati e garage costantemente allagati. Le fondazioni delle case storiche del Borgo sono immerse in una falda che ora oscilla costantemente ad un livello che dista appena 40/100 centimetri dalla superficie, mentre con la bonifica il livello di falda era mantenuto confinato a non meno di 2 metri. Le efflorescenze saline che appaiono sui muri degli edifici, tanto esterni quanto interni, sono l’indizio preclaro del costante lavorio dell’umidità di risalita capillare, che inevitabilmente porta al degrado strutturale delle abitazioni che hanno la disgrazia di esserne colpite».

L’appello.

«Come abitanti di Sinigo prendiamo atto delle promesse e della buona volontà manifestate dall’ultima amministrazione comunale riguardanti la messa in sicurezza del territorio, ma alle promesse dovranno necessariamente e urgentemente seguire i fatti, quale che sia la nuova amministrazione che si insedierà alle prossime elezioni. Troppe volte talune forze politiche si sono sperticate in promesse elettorali in favore di Sinigo, salvo poi non fare nulla una volta insediatesi in giunta. Interventi palliativi o peggio ancora cosmetici sono del pari inaccettabili, come chiaramente ribadito dai cittadini e dal Comitato di Quartiere durante l’assemblea pubblica di Luglio 2020, in cui furono presentati i risultati dello studio idrogeologico e idraulico commissionato dalla giunta comunale. Nel corso della riunione, a domanda specifica dei presenti, i tecnici consigliavano di ricostruire l’opera di bonifica partendo dalla zona a valle dell’ex frazione, e cioè dal fondamentale ripristino di quelle pompe idrovore il cui clamoroso smantellamento ha costituito il colpo di grazia definitivo per l’assetto idrogeologico di Sinigo».

Nessun colore politico.

La presa di posizione così si conclude: «La falda non ha colore politico e non guarda in faccia a nessuno. Per questo è imperativo unire le forze onde si possa garantire il ripristino delle condizioni di sicurezza del territorio, non tralasciando l’individuazione dei responsabili di tale sciagurata opera di demolizione, a partire da coloro che, non avendo la volontà di superare ideologie e divisioni e interessi e speculazioni, vorranno ancora ostinarsi a remare contro il sacrosanto diritto dei cittadini di Sinigo a vedere restaurata la sicurezza dell’ambiente in cui vivono».













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