«Troppi autosufficienti nelle case di riposo» 

Wenter: «Sono un terzo del totale: a Bolzano il rapporto è invece di uno a dieci» C’è poi il flop della lista d’attesa unica: «Solo la fondazione Pitsch è disponibile..»


di Giuseppe Rossi


MERANO. «Per realizzare un piano sociale coraggioso Merano dovrebbe far valere la propria specificità e chiarire il proprio ruolo rispetto al Burgraviato». A parlare è il dottor Christian Wenter, da quindici anni primario del reparto di geriatria dell'ospedale Tappeiner e grande conoscitore delle case di riposo e dell'intero sistema sociale della conca meranese e non solo. Anche lui fa parte del gruppo di esperti che stanno lavorando al nuovo piano sociale di Merano 2019-21.

Dottor Wenter quali sono i peccati originali di questo piano?

«Vedo tre punti fondamentali. Il primo riguarda la divisione tra sanità e sociale. In Provincia abbiamo un assessore unico ma la realtà è che restano due mondi a se stanti».

Lei parlava di tre punti.

«Il secondo è che è necessario chiarire in maniera netta i ruoli di Merano e del Burgraviato, altrimenti un piano sociale non potrà mai essere completo ed efficace. La città è sempre vista assieme ai paesi circostanti e questo falsa la realtà. Merano non è comprensorio autonomo come lo è la città di Bolzano. Per la città di Merano dovrebbe essere reclamato per lo meno un distretto socio sanitario a se stante. I problemi della città divergono da quelli di Scena e Tirolo, Avelengo o Verano».

Quali sono le peculiarità che non emergono?

«Ad esempio che Merano ha 6 case di riposo, nel Burgraviato ne esistono 22, quasi un terzo dell'intero Alto Adige. E poi qui da noi le case di riposo da una parte non hanno mai posti letto sufficienti e dall'altra però per un terzo ospitano anziani autosufficienti. A Bolzano solo un posto su 10 è occupato da autosufficienti».

Che non dovrebbero essere lì?

«Il piano sociale prevede per loro soluzioni assistenziali alternative, come i servizi domiciliari e gli alloggi protetti. Lo Zarenbrunn di via Schaffer sarebbe stato perfetto. Tre ville ognuna con anziani con livelli di autosufficienza diversi. Però sappiamo come è finita».

Lei parlava di un piano, quello che sta nascendo, poco coraggioso.

«In senso strategico, intendiamoci. Merano come città ha poche competenze e non è chiara la divisione dei ruoli con il Burgraviato, le ripeto. In un quadro del genere è difficile dare obiettivi concreti».

Merano ha troppe case di riposo, diverse piccole. Coordinarle non sarebbe possibile?

«È necessario e urgente».

Ognuna però oggi si trincera dietro la propria autonomia, tipica del privato.

«Mi lasci dire, strani questi enti che fanno i privati, ma vivono grazie alle convenzioni pubbliche e ai quattrini ricevuti da Comune e Provincia per i costi di gestione e in parte per gli investimenti».

Eppure, per fare solo un esempio, non si riesce a creare una lista d'accesso unica...

«Il Comune dovrebbe fare leva sulle convenzioni. Invece le residenze della città seguono logiche personali magari storicamente cresciute, ma ormai non più sostenibili, specie nei confronti del cittadino e della famiglia in difficoltà, che non rientra magari in nessuna delle logiche previste. L'unica disponibile alle liste d'attesa unificate ad oggi è la fondazione Pitsch, emanazione del Comune».

E l'ordine teutonico con la St. Josef da costruire in via Innerhofer?

«Io la convenzione non l'ho ancora vista, ma anche li temo che non sarà facile imporre una lista d'attesa unica. Le segnalo che altrove questo già esiste. A Bressanone un ruolo importante lo svolge la Santo Spirito. Se dal mio reparto al Tappeiner devo dimettere un non autosufficiente residente val di Non, chiamiamo la direzione dell'Azienda sanitaria di Trento e in 48 ore viene trovato il posto».

Ma anche le rette delle case di riposo non sono da sottovalutare, non crede?

«Le rispondo con un esempio. Le case di riposo di Merano ospitano in tutti 365 persone. Servono 6 cucine? Non c’è una cucina in grado di preparare i pasti per tutti? Il tema delle sinergie è fondamentale».

Dove dovrebbe intervenire il piano sociale?

«L'anziano deve andare in casa di riposo quando non è più autosufficiente. Per questo anche un solo centro diurno a Merano non basta».

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