La Petacci a Merano: amore e intrighi ai tempi del fascismo 

La famiglia di Claretta aveva forti legami con la città Con il Duce incontri discreti e la messa a Santo Spirito


di Jimmy Milanese


MERANO. Quando la famiglia Petacci si recava a Merano, era la fine degli anni Trenta, per la città questo rappresentava un evento, al punto che molti cittadini erano soliti spiare la famiglia di Claretta, amante del Duce, Benito Mussolini.

A Merano, la marchesa Petacci ci arrivava con i genitori, la sorella Maria e il fratello Marcello, il quale aveva sposato la meranese Zita Ritossa, divenendo co-proprietario dell'ex Castel Schildhof a Maia Alta.

Amante del sole e dei fiori, abbondanti nel castello, visti i continui invii da parte del Duce, chi ebbe occasione di conoscerla bene, come il professor Gerardo, descrisse l'amante del Duce come «gentile, romantica ma altrettanto assente e decisamente triste».

A Merano, Claretta passava le estati, e sicuramente più tempo della sorella minore Maria, lanciata giovanissima nel mondo del cinema. Dopo la caduta del fascismo, Maria si vide costretta ad utilizzare uno pseudonimo, Miriam Day, quindi venne relegata a recitare in ruoli minori. Fu lei che si occupò delle ceneri di famiglia, ritornando spesso in riva al Passirio.

Le due sorelle, ed è ancora Gerardo a raccontarlo in una vecchia intervista a Elsa dal Monego, amavano Beethoven e le canzoni napoletane, ma anche le lunghe passeggiate per le vie della Merano vecchia, che giravano di nascosto dopo essere sfuggite alla scorta che il Duce aveva predisposto per loro.

«Claretta era gentile con tutti, e soprattutto con me che ascoltava al pianoforte – continua il professor Gerardo – e ancora oggi conservo un bocciolo che la povera ragazza mi regalò, ormai quaranta anni fa».

Invece, il fratello Marcello, era il 1942, complice in una truffa tra uno spedizioniere meranese e un importatore inglese di tonno, rischiò di inguaiare il governo fascista che al Regno Unito stava facendo la guerra, e per questo venne isolato dal regime.

“Etta e Ben” a Merano avevano incontri discreti, alloggiando assieme alla famiglia Petacci al Park Hotel di Maia Alta, poi trasformato in istituto ortopedico e non distante dal Castello di Marcello.

L'amore di Claretta verso il Duce era assoluto e assai doloroso, viste le numerose scappatelle che Mussolini si concedeva quando soggiornava a Roma. Fu lei, Claretta, nell'aprile del 1945, ad organizzare nei minimi dettagli la partenza precipitosa di entrambi all'estero. Il piano prevedeva la fuga nascosti nel convoglio della contraerea tedesca guidata dal tenente Willy Flamminger, in ritirata verso Merano, dove nel frattempo le truppe tedesche avevano requisito Castel Schildhof. Successivamente, i due amanti avrebbero riparato in un rifugio segreto a 2200 metri di altezza, in località Renon, di proprietà dell'amico Franz Spögler. Alla fine, scrive la Storia, il Duce venne catturato e Claretta scelse di seguirlo negli ultimi giorni di vita. Tra le tante, c'è una ipotesi storica che motiva l'esecuzione di Claretta Petacci da parte dei partigiani, proprio perché Etta era a conoscenza dei rapporti compromettenti del Duce con il primo ministro britannico Winston Churchill, presentato a Mussolini forse dallo stesso Marcello Petacci che con gli inglesi intratteneva stretti rapporti commerciali, proprio dalla sua residenza meranese.

Ad ogni modo, per Claretta, quei lunghi soggiorni a Merano, consumati dal 1936 all'inizio degli anni quaranta, erano scanditi dai numerosi arrivi del Duce, con il quale era solita partecipare in gran segreto alla messa della domenica mattina presso la chiesa di Santo Spirito dove il parroco, don Primo, aveva riservato loro un banco accanto all'altare. A metà messa, ricordano alcuni testimoni, Etta lasciava solo per un attimo la mano del Duce per accendere un cero. Anche quello era amore, al tempo del fascismo.













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