Velloi, il cartello dell’Alpenverein è solo in tedesco

Lagundo. “Solo per chi non soffra di vertigini”. Un’indicazione importante, vitale per chi invece soffre di un disturbo dell’apparato vestibolare che tra i suoi sintomi conta – oltre alla sensazione...



Lagundo. “Solo per chi non soffra di vertigini”. Un’indicazione importante, vitale per chi invece soffre di un disturbo dell’apparato vestibolare che tra i suoi sintomi conta – oltre alla sensazione che l’ambiente circostante si muova – nausea, vomito, perdita di equilibrio, il movimento rapido e ripetitivo degli occhi, sudorazione e perdita dell’udito. Eppure sui sentieri sopra Lagundo, nella frazione di Velloi, qualcuno ha pensato bene di apporre un cartello solo in tedesco. Assente l’avvertenza in italiano.

Il cartello dà indicazioni rispetto al sentiero 22, il “Vellauer Felsenweg”, che in un’ora porta al paese di Velloi. Una visita alla relativa pagina sul sito www.meranerland.org accresce i dubbi. La terza delle venti immagini fornite dal sito, infatti, mostra chiaramente un’altra coppia di cartelli di cui il primo indica il maso Hochmuth, punto di ristoro per gli escursionisti, mentre il secondo recita di nuovo “Nur für Schwindelfreie”. In soccorso dei visitatori che il tedesco non lo parlano e che stanno programmando un’escursione nella zona di Velloi arriva la didascalia della foto: “Solo per chi non soffra di vertigini”. La frase è ripetuta nel testo che descrive l’escursione. Anche stavolta, però, il cartello sul posto è solo in tedesco. Ma chi prima di affrontare l’escursione non visitasse il sito come farebbe a sapere che si tratta di un sentiero che può dare vertigini?

Il sentiero si snoda lungo versanti rocciosi, e nonostante il dislivello non sia forte “bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi e tenere gli occhi ben aperti”, così il sito www.meranerland.org. E ancora: “Distraendosi si corre il rischio di urtare le pareti rocciose oppure di cadere nel dirupo”. Un bel rischio, omettere l’avvertimento in italiano. Soprattutto considerando che lo scorso gennaio un’omissione analoga era stata al centro di una furiosa polemica dopo la tragica morte di Renata Dyakowska e di Emily, la sua bambina, di appena 8 anni.













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