Mart, il realismo magico che indaga sul Novecento 

Apre oggi (fino al 2 aprile 2018) l’esposizione sulla pittura degli anni ’20 e ’30 I capolavori di Donghi, Casorati, Oppi, Tozzi e degli altri esponenti del periodo


di Elisabetta Rizzioli


Realismo Magico ha appena iniziato il proprio tour al Mart di Rovereto per la cura della già direttrice Gabriella Belli e di Valerio Terraroli, per essere poi riallestita, all’interno di una sapiente geografia di istituzioni culturali accreditate, ad Helsinki e ad Essen, in modo da contribuire a promuovere i capolavori italiani e a consentire interessanti confronti comparativi con il contesto artistico europeo fra le due guerre mondiali. Si tratta del primo progetto realizzato dopo l’importante antologica curata da Maurizio Fagiolo dell’Arco, tenutasi fra il 1988 e il 1989 alla Galleria dello Scudo di Verona. In questa occasione ostensiva roveretana l’esposizione dialoga ed interagisce con le Collezioni del Mart, ovvero con oltre ventimila opere che descrivono le vicende dell’arte italiana, a partire dal secondo Ottocento sino al contemporaneo. La mostra - assolutamente funzionale all’indagine sui “Novecenti”, con radici che affondano in alcune significative precursioni ottocentesche indagando le ripercussioni che gli eventi bellici ed i repentini mutamenti sociali di inizio secolo hanno sortito sulla percezione e sulla narrazione della realtà - prosegue filologicamente le esplorazioni occorse a partire dall’estate del 2016 rispettivamente con I pittori della luce, l’antologica di Umberto Boccioni ed Un’eterna bellezza.

Le oltre 70 opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private descrivono una parabola dell’arte significativamente legata agli eventi politici e culturali. Ripensando alcuni confini definitori, la mostra presenta infatti il lavoro di pittori che in un determinato contesto storico-nazionale hanno operato, attingendo a diverse fonti di ispirazione con esiti di diversa declinazione, un processo di sublimazione della realtà, concentrandosi con un’ampia visione sulle esigenze, sullo sguardo, sul metodo e sulle vicende della storia dell’arte. “Realismo Magico”, definizione impiegata nel 1925 dal critico tedesco Franz Roh in un saggio dedicato alla pittura contemporanea traduce inequivocabilmente l’animo indefinibile ed inquieto degli artisti, straordinari maestri, che ne hanno fatto parte (Cagnaccio di San Pietro, Antonio Donghi, Felice Casorati, Ubaldo Oppi, Achille Funi, Carlo Levi, Mario Tozzi, come pure Mario ed Edita Broglio, Leonor Fini, Arturo Nathan, Carlo Sbisà, Gregorio Sciltian, Carlo Socrate, Cesare Sofianopulo) e le atmosfere sospese e surreali di pitture eseguite con precisione iperrealistica, come in seguito rilevato da Massimo Bontempelli. Il realismo magico è dunque un tipo di realismo che presuppone una rappresentazione mimetica della realtà che trova tuttavia il suo limite nella soglia di un altrove che sembra affacciarsi dietro le cose stesse; in ordine a ciò la realtà è infatti l’abbrivio per una metamorfosi ideale che passa attraverso l’immaginazione e la meraviglia, che non si limita alla mera rappresentazione ed esprime stati d’animo; stupore, tensione e attesa che esistono nell’invisibile mondo delle sensazioni trasfigurano e permeano oggetti, forme, persone; contorni netti e volumi solidi non contrastano con l’intensità della magia dipinta. Per tutto ciò si vedano ad esempio le magnifiche 13 opere di Cagnaccio, le 2 di Mario Tozzi , il Ritratto della moglie sullo sfondo di Venezia di Oppi (1921), la Natura morta (Omaggio a Roberto Longhi) (1940) di Sciltian, e le Maschere (1930) di Sofianopulo.













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