Edilizia, persi 4.400 posti in sette anni

I sindacalisti altoatesini: per ogni disoccupato nel settore se ne generano almeno altri quattro nell’indotto


di Davide Pasquali


BOLZANO. Hanno deciso di indossare i giubbotti arancioni, con i catarifrangenti, per rendersi simbolicamente assai più visibili. Sono i lavoratori del settore edile, dove negli ultimi sette anni in Alto Adige si sono persi oltre 4.400 posti di lavoro, con 3,9 milioni di ore lavorate in meno e 423 imprese chiuse. Per questo, anche in Trentino Alto Adige, ieri mattina, si è tenuta una mobilitazione unitaria dei lavoratori delle costruzioni con un presidio in piazza Mazzini a Bolzano, dove sono confluiti lavoratori, delegati e rappresentanti sindacali di Fillea/Cgil, FilcaCisl, Feneal/Uilda da tutta la regione. All'iniziativa ha aderito anche il sindacato locale Asgb.

La situazione è drammatica. Dal 2007 ad oggi solo in Alto Adige si sono persi 4.400 posti di lavoro. Sono 3,9 milioni le ore lavorate in meno. Le imprese che hanno chiuso i battenti sono 423. Le aziende del settore edile in Alto Adige erano 763 nel 2008, scese però a 711 nel 2009, poi a 690 nel 2010, e ancora, in maniera inarrestabile, a 669 nel 2011, a 642 nel 2010, a 525 nel 2013, per arrivare a 598 nel 2014. E l’anno in corso ancora non è terminato. I dati sopra riguardano il sotto comparto per così dire industriale dell’edilizia. Nel sotto-settore artigianato le aziende sono crollate alla stessa maniera: erano 1.427 nel 2008, poi hanno cominciato a scendere: 1.326 nel 2009, 1.233 nel 2010, 1.219 nel 2011, 1.188 nel 2012, 1.143 nel 2013. Sono leggermente risalite soltanto quest’anno, arrivando a 1.201. Comprendendo l’intero settore edile in Alto Adige, le imprese impegnate sono passate in totale dalle 2.180 del 2008 alle attuali 1.799. L’emorragia è stata inarrestabile: 2.037 nel 2009, 1.923 nel 2010, 1.888 nel 2011, 1.830 nel 2012, 1.768 nel 2013. I lavoratori erano poco più di 17 mila nel 2008, scesi oggi a nemmeno 14.000. Anche in questo caso, la statistica è impietosa: nel 2009 erano già scesi 15.651, nel 2010 a 15.124, nel 2011 a 14.832, nel 2012 a 13.727, nel 2013 a 13.355.

Il dato che maggiormente chiarifica è quello delle ore lavorate: siamo scesi dagli oltre 17 milioni di ore del 2008 ai poco più di 14 milioni di ore. Un lieve aumento, quest’anno, forse per merito degli incentivi statali alle ristrutturazioni, funzionati abbastanza, e di quelli ai risanamenti energetici, a detta dei sindacalisti però funzionati molto meno.

Un settore, quello edilizio, dove ormai vige una sorta di deregulation, che porta ai minimi ribassi negli appalti e di conseguenza a strozzare chi prende in subappalto; e al proliferare di ditte edili dall’etica non proprio specchiata.

Consuguenza di tutto ciò, e del quanto meno parziale interesse da parte della politica, sia essa nazionale o locale, sono anche gli infortuni sul lavoro. Si tira la corda sempre di più, si diminuiscono i controlli e i relativi addetti. E la gente, si fa male. Oltre a quelli, tantissimi, troppi, rimasti a casa, ci sono quelli vittime di infortuni.

E non occorre commentare oltre, è sufficiente citare i dati snocciolati ieri dai sindacalisti alla manifestazione di piazza Mazzini. Preoccupanti in sé, ancora di più se confrontati con quelli del vicino Trentino.

A partire dal 2009, gli infortuni in Alto Adige sono sì calati, ma di pochissimo. Nel 2009 erano 17.385, addirittura saliti a 17.874 nel 2010, leggermente scesi a 17.535 nel 2011. Nel 2010 è andata un po’ meglio: 16.440. Nel 2013 un ulteriore piccolo miglioramento: si è scesi di poco sotto i 16 mila. Per la precisione 15.986. Epperò, son sempre tanti. Quasi 16 mila persone si infortunano, in un anno. A Trento, che non è comunque il paradiso, i numeri sono ben altri: nel 2009 gli infortuni erano stati 10.137, saliti leggerissimamente a 10.413 l’anno successivo. Dal 2011, però, siamo in costante diminuzione: 9.885 nel 2011, 8.736 nel 2012, 7.776 nel 2013. Meno della metà rispetto agli infortunati altoatesini. «In Trentino, i controlli sono maggiori», spiegano i sindacati.

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