Per l’export altoatesino un crollo col Covid: -21% 

I dati dell’Astat. Il secondo trimestre 2020 è stato nerissimo: oltre 100 milioni di euro persi con la Germania e quasi 30 con l’Austria. Giudiceandrea: «Adesso servono misure urgenti»



Bolzano. Nel secondo trimestre del 2020 l’export altoatesino è diminuito del 21% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Un vero crollo, dopo i numeri in costante crescita degli anni passati. Il dato è stato messo nero su bianco dall’Astat nel suo nuovo studio statistico relativo all’export altoatesino.

I Paesi europei verso cui si esporta maggiormente sono ovviamente la Germania (33,7%), l’Austria (9,3%) e la Svizzera, primo tra i partner commerciali al di fuori dell’Unione Europea (6,1%); il quarto posto è occupato dalla Francia (5,4%). Verso queste quattro nazioni fluisce oltre la metà di tutte le esportazioni (54,5%). Al di fuori dell’Europa, la quota maggiore delle esportazioni è diretta verso l’Asia (7,8%) e l’America (7,2%). Gli Stati Uniti assorbono tre quarti dell’export verso il continente americano e, con il 5,4% del totale, sono il quarto mercato di sbocco per le merci altoatesine.

Ebbene, le esportazioni verso gli stati dell’Ue rappresentano il 73,7% del totale, e scendono del 21,9% rispetto al 2° trimestre 2019. Considerando invece la situazione post Brexit, il totale scende al 71,6% e la diminuzione è del 21,4%. La Germania, il mercato di sbocco più importante per le merci altoatesine, registra un crollo del 22,7% e verso l’Austria, il secondo Paese per volume, si rileva una diminuzione simile (-23,0%). Tra gli altri partner commerciali che figurano ai primi dieci posti, l’unico segno positivo si registra per la Repubblica Ceca (+15,7%), mentre la Svezia (-7,3%) ed i Passi Bassi (-19,8%) limitano i danni. Il tracollo più vistoso è quello relativo all’export verso il Regno Unito (-34,6%). Molto vistoso anche il calo delle merci dirette in Spagna (-33,1%).

A livello assoluto, gli unici aumenti significativi si registrano per le merci dirette verso Finlandia (+5,3 milioni di euro), Repubblica Ceca (+3,1 milioni di euro) e Bulgaria (+1,8 milioni di euro); le diminuzioni più evidenti sono addebitabili ai partner principali: Germania (-101,1 milioni di euro), Austria (-28,5 milioni di euro) e Francia (-16,3 milioni di euro). Nel complesso i paesi extra-Ue evidenziano un tracollo del 19,2% sul fronte delle esportazioni. Scendono dell’8,2% quelle verso i paesi europei non UE. Tale diminuzione percentuale cresce all’14,7% se si analizza il dato post Brexit. Le merci dirette verso la Svizzera, terzo partner commerciale in assoluto per l’Alto Adige, sono in controtendenza e registrano un aumento del 2,9%. L’export verso i paesi non europei registra un calo del 24,1%: le performance più negative verso Oceania (-51,6%), Asia (-25,4%) ed America (-23,0%) all’interno della quale scendono in minor misura quelle verso gli Stati Uniti (-15,5%).

Le reazioni.

«Il lockdown prima e le numerose limitazioni agli spostamenti internazionali poi hanno causato enormi difficoltà alle nostre imprese maggiormente orientate ai mercati esteri: servono misure urgenti per rilanciare l’export, anche perché sono proprio queste imprese quelle che garantiscono i maggiori investimenti in innovazione e i posti di lavoro più sicuri e meglio retribuiti», commenta il presidente di Assoimprenditori Alto Adige, Federico Giudiceandrea. Rispetto ad altre regioni italiane, in Alto Adige il calo delle esportazioni è stato comunque minore: «Questo dimostra quanto siano state reattive le nostre imprese. La loro risposta all’emergenza Coronavirus è stata straordinaria e va riconosciuta anche dalla politica. Come abbiamo proposto nel documento comune con le organizzazioni sindacali, è necessario un piano straordinario per sostenere il “made in Alto Adige” all’estero. Tra le misure concrete abbiamo indicato una campagna specifica di Ism Alto Adige a favore dei settori più esposti alla concorrenza internazionale come automotive, alimentari, impiantistica o tecnologie alpine e una dotazione straordinaria per un “fondo export” per iniziative di internazionalizzazione, come ad esempio la partecipazione a fiere online». Giudiceandrea chiede inoltre regole meno impattanti per gli spostamenti di lavoro. «La normativa vigente pone una serie di problematiche legate alla gestione delle trasferte all’estero per una durata superiore alle 120 ore e al rientro del personale dalle ferie all’estero, trascorse nella maggior parte dei casi nei propri Paesi di origine. Siamo disponibili a confrontarci con politica e autorità sanitarie per individuare insieme delle soluzioni così come avvenuto per altri settori economici con forti legami con l’estero come il turismo o l’agricoltura».













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