Il ricordo

Il mondo dell'hockey piange il “senatore” Dave Tomassoni 

Si è spento l'altro giorno a 69 anni vittima della Sla lo storico difensore italo-americano che in circa vent’anni ha vestito le maglie del Gardena campione d’Italia, del Merano e del Milano tricolori e di Bolzano, Renon, Asiago e Varese. Colonna azzurra era senatore in Minnesota


Daniele Magagnin


BOLZANO. In alto le stecche. Quelle azzurre, quelle del Gardena campione d’Italia, del Merano e del Milano tricolori e di Bolzano, Renon, Asiago e Varese. A 69 anni, vinto dalla terribile Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) si è spento l'altro giorno negli Stati Uniti, nel Minnesota, un grande uomo, sportivo di valore, politico di spessore, una vera e propria istituzione: Dave Tomassoni, per tanti lustri difensore arcigno dal fisico statuario capace di calcare con classe le piste dell’Italhockey, prima di diventare - in quel di Crisholm nella Contea di St. Louis - un apprezzato Senatore del Minnesota per diversi mandati.

Applausi, tanti applausi ad una persona straordinaria. Applausi a scena aperta, scroscianti, lunghi e convinti, proprio come quelli che il Senato del Minnesota gli tributò in aula, unanimemente, lo scorso 23 maggio quando annunciò, commosso e provato dalla malattia, le dimissioni dal parlamento. Resterà nella mente e nel cuore degli sportivi italiani quel grande difensore, possente e tecnico, forte e intelligente che da metà anni Settanta e fino ad inizio anni Novanta deliziò le platee hockeistiche italiane e non solo.

Un ottimo giocatore, diventato poi un grande uomo politico negli States, nello Stato del Minnesota, dove era nato e cresciuto, senza mai nasconde le sue origini italiane, quelle che gli avevano consentito di tornare nel Paese dei suoi antenati con lo status di “italo” per portare l’Italia dell’hockey nell’elite del mondiale nel 1981, con la memorabile vittoria del torneo iridato gruppo B in quel di Ortisei-Val Gardena.

David Joseph Tomassoni era nato a Bemidji, città del Minnestota il 5 settembre del 1952. Studi universitari e carriera sportiva nella Ncaa con la casacca dell’University of Denver. Dopo la laurea in economia e commercio si trasferì in Italia, paese d’origine nel 1975 a 21 anni. Suo nonno Guido, nato a Costacciaro in Umbria nel 1885, si trasferì in America nel periodo della prima Guerra Mondiale. La prima maglia italiana è stata quella delle “furie” rossoblù del Gardena, indossata dal 1975 al 1977.

A Ortisei conquistò lo scudetto 1976, nella squadra guidata da Walter Piccolruaz, con in porta il forte finnico Jorma Valtonen - con quella maschera che faceva paura - e in pista i vari Lucio Brugnoli, Adolf Insam, Erwin Kostner, Egon Schenk, Fabrizio Kasslatter, il bomber-coach Lasse Oksanen e tanti altri. Tomassoni tornò poi al di là dell’Oceano per la breve parentesi nei New Haven Nighthawks nella American Hockey League, poi il Renon, quindi la prima volta a Merano (1978-1980), il Bolzano (1980-1981), quindi la stagione successiva ad Asiago, due anni nel Varese e il ritorno a Merano (1985-1988) con la conquista del primo, storico scudetto nel 1986 con Brian Lefley al timone e i vari Manno, Morrison, Bellio Nigro, Goegan, Milani e compagnia.

Nel 1989 lo ingaggiò il Saima Milano, che poi lo lasciò libero. Lo richiamò - a stagione inoltrata - la stagione successiva e, a 38 anni, vinse un altro scudetto italiano con i milanesi di coach Lou Vairo e i vari Berardo, Bagnalo, Johnson, Lavalle, Manno, Steward, Vecchiarelli, Ciarcia e compagnia, giocando anche in terza linea d’attacco.

Azzurro dal 1976 al 1986, cinque mondiali (2 gruppo C, 1 gruppo B, 2 gruppo A) e il torneo olimpico di Sarajevo 1984. Nell’81 contribuì in modo determinante al successo della nazionale italiana al mondiale gruppo B svoltosi ad Ortisei. Era l’Italia degli “italo”, guidata da Dave Chambers. Quella della prima promozione nel gotha dell’hockey internazionale.

Cercò di portare sempre il numero 5, quello del suo giorno di nascita.

Appesi i pattini al fatidico chiodo tornò negli States per intraprendere la carriera politica tra i democratici, senza dimenticare però l’Italia e l’amata Val Gardena, meta fissa delle vacanze.

Eletto alla Camera dei rappresentanti del Minnesota nel 1993, al Senato nel 2000, presidente prima e vice poi del Senato del Minnesota nel 2020. Nel luglio dello scorso anno annunciò che gli era stata diagnosticata la Sla,detta anche “morbo di Lou Gehrig, malattia neurodegenerativa. Ha giocato a hockey con stile, passione, carattere e gioia, le stesse doti che ha poi trasferito in politica, dove tutti lo ricordano come una persona capace di portare serenità, con semplicità, impegno, dedizione vera, ottimismo per cercare di rendere possibili anche i progetti più difficili.

Attaccatissimo alla famiglia e agli amici, amava la buona cucina e il buon vino, il canto, il ballo e la moda italiani e all’Italia era così legato che i suoi manifesti elettorali erano sempre di colore verde, bianco e rosso. Lascia la moglie Charlotte, tre figli e sei nipoti.













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