La voglia di A di De Luca: «Punto ad arrivare in alto e ora ci provo col Chievo»

Bolzano. Tra i diversi giocatori altoatesini che militano in serie B, in attesa di un’auspicabile arrivo tra i cadetti dell’Fc Alto Adige, il 22enne centravanti del Chievo Manuel De Luca rappresenta...



Bolzano. Tra i diversi giocatori altoatesini che militano in serie B, in attesa di un’auspicabile arrivo tra i cadetti dell’Fc Alto Adige, il 22enne centravanti del Chievo Manuel De Luca rappresenta la punta di diamante. Nato a Bolzano, ma cresciuto tra Trodena e Laives prima di tornare nel capoluogo all’età di 8 anni, Manuel ha cominciato a giocare seriamente proprio al Fc Alto Adige prima di essere chiamato da due settori giovanili prestigiosi come quelli di Inter e Torino. Con i nerazzurri è durata poco mentre la società granata lo ha mandato poi a maturare al Renate, all’Alessandria e alla Virtus Entella prima di cederlo definitivamente al Chievo con cui adesso De Luca sta cercando di arrivare in serie A.

Ciao Manuel. La carta d’identità dice che sei nato a Bolzano ma il cognome De Luca tradisce una provenienza non altoatesina. Giusto?

Esattamente. Mio papà Costantino è pugliese di Brindisi mentre mamma Edith è altoatesina di madrelingua tedesca per cui sono perfettamente bilingue. Si sono conosciuti a Firenze quando mamma studiava all’università e poi papà è stato trascinato in Alto Adige.

Fino ai 14 anni hai vissuto in regione ma dove sei cresciuto esattamente?

Dalla nascita e fino agli otto anni abitavamo prima a Trodena e quindi a Laives. In seguito ci siamo trasferiti a Bolzano ma mi sono goduto poco la città perché il calcio mi ha presto portato altrove. Sono comunque riuscito ad iscrivermi a ragioneria al Talvera e mi sono poi diplomato a Torino quando giocavo nel settore giovanile dei granata.

In casa De Luca che importanza aveva il calcio quando eri bambino?

Siamo tutti tifosi sfegatati e lo seguiamo con grande passione. Da parte mia me ne sono innamorato guardando le partite di mia sorella Denise, di sei anni più grande, quando giocava nel Fc Alto Adige femminile.

Come tanti ragazzi del posto hai iniziato al Fc Alto Adige. Che ricordi hai di quell’esperienza?

Dal Voran Laives sono passato ai Giovanissimi dell’Fc Alto Adige e lì tutto mi sembrava meraviglioso. Tatticamente poi c’è stata la svolta perché da centrocampista mi hanno trasformato in attaccante cambiandomi di fatto carriera e vita.

Puoi descriverti tecnicamente. A quale giocatore ti ispiri?

Sono una punta centrale che cerca di sfruttare una certa fisicità per aiutare la squadra. Credo di essere un calciatore generoso che “sente” abbastanza la porta ma devo assolutamente migliorare nella gestione della palla. Come idolo non ho dubbi: Zlatan Ibrahimovic.

Speravi di rimanere di più nel settore giovanile dell’Inter?

Con l’Fc Alto Adige abbiamo disputato un campionato nazionale per cui ho potuto mettermi in mostra e l’Inter mi ha preso in prestito battendo un’agguerrita concorrenza. Purtroppo al termine della stagione le due società non si sono accordate sul prezzo del mio cartellino e di conseguenza sono momentaneamente dovuto tornare in Alto Adige.

La convocazione in Nazionale Under 16 cosa ha rappresentato per te?

Come per tutti indossare la maglia azzurra rappresenta un indescrivibile orgoglio perché in quel momento comprendi di rappresentare una nazione intera. Speriamo di riprovare certe emozioni anche in futuro.

E i 3 anni nei giovani del Torino?

Innanzitutto si è trattato di una crescita dal lato umano anche perché ero piuttosto mammone e Torino è lontana da Bolzano. Ho giocato in tutte le categorie giovanili ma ricordo con piacere soprattutto quando mi allenavo con la prima squadra perché potevo dividere lo spogliatoio con giocatori che prima di allora avevo visto solo in televisione.

Ti riferisci a qualcuno in particolare?

Visto il ruolo seguivo attentamente Andrea Belotti e mi ha stupito la sua umiltà dentro e fuori il campo. Del Gallo mi piaceva la disponibilità con noi ragazzi e la tenace determinazione nel voler segnare.

Il momento topico è stato l’esordio in Coppa Italia contro la Juve del gennaio 2018?

In quella serata freddissima Belotti era assente e quando a venti minuti dalla fine Nyang ha chiesto il cambio mister Sinisa Mihajlovic mi ha subito ordinato di entrare. Confesso che non ho nemmeno avuto il tempo di emozionarmi tanto ero concentrato su che cosa dovevo fare.

Il Torino ti manda a fare le ossa in serie C prima a Renate e poi ad Alessandria. A posteriori due avventure contrastanti?

A Renate sono arrivato a metà stagione in una situazione di squadra già consolidata per cui non ho inciso per niente. Ad Alessandria invece, grazie soprattutto a mister Gaetano D’Agostino, sono riuscito ad esprimermi al meglio arrivando a doppia cifra in quanto a reti realizzate. Ad ogni modo due esperienze che mi sono servite parecchio.

Con la Virtus Entella sbarchi in serie B. Come è andata in Liguria e che differenze hai notato tra le due categorie?

Sfortunatamente avevo la pubalgia che ha condizionato negativamente la mia annata a Chiavari tanto che ho potuto giocare solo diciotto partite. Salendo di categoria ho notato subito che tutto migliorava a cominciare dagli stadi e relativi terreni di gioco per concludere con il livello di squadre e giocatori.

Adesso sei definitivamente un giocatore del Chievo. Cosa significa in questo momento fondamentale della tua carriera?

Non posso negare avere un contratto di 4 anni con una società solida come il Chievo mi dia una certa tranquillità. Essere continuamente prestato ti fa conoscere posti e persone nuove ma non aiuta di certo ad alimentare il senso di appartenenza.

Giocare nel Chievo significa vivere a Verona e quindi avvicinarsi decisamente a casa.

Adesso per me tornare a Bolzano è più facile ed anche per i miei è più facile seguirmi vista la vicinanza con Verona. Purtroppo il tutto è condizionato dall’emergenza Covid, ma speriamo presto di muoverci con più facilità e senza troppe restrizioni tra regioni diverse.

L’obiettivo stagionale è tornare in serie A? Personalmente cosa chiedi alla tua carriera?

La storia recente del Chievo e l’attuale posizione di classifica ci “impongono” di cercare di fare il salto di categoria ma dovremo tenere i piedi ben piantati a terra anche perché il campionato è molto competitivo. Per quel che mi riguarda cerco sempre di migliorare e non nascondo che l’ambizione sia di arrivare il più in alto possibile. Adesso mi piacerebbe giocare in serie A e molto meglio se ci riesco con il Chievo.

Da un anno causa Covid si gioca a porte chiuse. Quanto incide su voi giocatori questa nuova triste situazione?

La reazione a questa nuova situazione è soggettiva anche se purtroppo ci stiamo lentamente abituando dopo un anno di stadi vuoti. Personalmente mi piace l’atmosfera calorosa che solo il pubblico sa dare ma ritengo anche che questa situazione contingente sia ancor più stimolante per un giocatore.

I tuoi coetanei, non solo i calciatori, sono cresciuti tra i social. Come ti poni di fronte a questo nuovo modo di comunicare?

Come quasi tutti i miei coetanei uso Instagram e Facebook ma preferisco postare soltanto cose che riguardano il calcio senza andare troppo sul personale. Capisco che i social siano la comunicazione del futuro ma bisogna sempre usarli con criterio altrimenti possono diventare un boomerang.

Come siamo messi sentimentalmente e quanti tatuaggi hai?

Al contrario di molti altri giocatori non ho nessun tatuaggio da esibire. Per il resto, se interessa saperlo, sono ancora single...

Cosa hai lasciato a Bolzano e che rapporto mantieni con i tuoi luoghi d’origine?

Come dicevo prima, vivere a Verona mi consente adesso di tornare settimanalmente a Bolzano dai miei e quindi rientro sempre volentieri nelle nostre zone. In Alto Adige c’è anche il mio amico del cuore Fabian Menghin, che conosco da sempre e con cui ho un rapporto speciale. Quando rientro, ci vediamo regolarmente.















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