Quando Chip non credette che si giocasse al PalaFiera 

Il primo giorno in via Roma. Al termine del primo incontro con la stampa in uno stand della “Campionaria”, furono i giornalisti a spiegare al campione canadese che la sua nuova squadra avrebbe giocato in quel padiglione, Poi Ron si riprese e firmò tre scudetti...


DANIELE MAGAGNIN


Bolzano. È emblematica la foto che lo ritrae con il caschetto bianco - quello che il grande Gino Pasqualotto aveva simpaticamente ribattezzato “lo scolapasta” -, con la “C” di capitano sul petto in bella evidenza sulla storica maglia dei grandi Edmonton Oilers e, in secondo piano, il volto di un giovane Wayne Gretzky. Già, perché lui, Ronald James “Ron” Chipperfield, nato il 28 marzo 1954 a Brandon (Manitoba, Canada), prima di approdare al Bolzano è stato il capitano degli Oilers, passati nel 1979 dalla Wha alla Nhl, lanciando una star con il mitico numero 99: Wayne Gretzky.

Di Ron Chipperfield grande giocatore, grande allenatore e grande manager, si è scritto molto. Pochi però hanno vissuto e ricordano il suo “primo giorno” al Palaghiaccio di via Roma. Prima di raccontarlo mettiamo a fuoco il contesto storico. Ron Chipperfield, dopo quattro stagioni nella World Hockey Association (WHA) con le casacche di Vancouver Blazer (un anno), Calgary Cowboy (due) e Edmonton Oilers (uno) con qualcosa come 170 punti in 291 gare approdò in National Hockey League con gli Edmonton Oilers (un anno) e i Quebec Nordiques (1979/’80 e 1980/’81, stagione questa che lo ha visto impegnato anche in Ahl con Rochester). In Nhl 83 gare con 34 punti.

Giocatore, coach, manager

Tutto questo prima di approdare al Bolzano: tre stagioni dall’81 all’84, 95 gare e 337 punti in totale (di cui 132 nell’82/’83), tre scudetti in pista da giocatore e poi, tra l’84 e l’89, due da coach, il nono biancorosso nel 1985 con Dale Derkatsch capocannoniere seguito dal compagno di squadra Bob Suullivan e poi lo scudetto della stella, il decimo biancorosso, quello vinto in finale contro il Merano, con la passerella trionfale nel “catino infuocato” del Palafiera di via Roma. L’anno di Kent Nilsson la star svedese dai “guanti bianchi”, autore di 158 punti (71 gol e 87 assist). Il Bolzano di Bruno Baseotto, Jimmy Boni, Paolo Casciaro, Norbert Gasser, Mauro Giacomin, Enrico Laurati, Giovanni Melega, Robert Oberrauch, Gino Pasqualotto, Kent Nilsson, Martin Pavlu, Maurizio Scudier, Gianni Spoletti, Lucio Topatigh, Moreno Trisorio, Mike Zanier e Mark Pavelich, nazionale Usa alle Olimpiadi dell’80 a Lake Placid, grande protagonista nella squadra di coach Herb Brooks, quella del “Miracle on Ice”, quella dei giovani universitari a stelle e strisce che, in piena “guerra fredda” superarono la corazzata Urss di Viktor Tikhonov e delle grandi stelle in semifinale per poi vincere la finale con la Finlandia. La stagione 1989/’89, culminata con lo scudetto del Varese di Brian Lefley, è stata l’ultima di “Chip” coach biancorosso. Poi le altre esperienze: ricche di successi quelle da manager.

Il primo giorno a Bolzano

Messo a fuoco il palmares, torniamo alla nostra storia poco conosciuta, al dietro le quinte del primo giorno bolzanino della stella dell’hockey. Data: domenica 20 settembre 1981. A Bolzano è in corso la tradizionale Fiera Campionaria, quella d’autunno, quella, per intenderci, che dal 1948 catalizza l’attenzione di molti operatori economici internazionali e di tanta gente, rappresentando l’evento di massa principale di Bolzano e provincia nella storica sede di via Roma. Come noto, il Palazzo del Ghiaccio di via Roma (in seguito ribattezzato Palafiera “per utilità giornalistica” dai radiocronisti dell’hockey), altro non era che il padiglione fieristico più capiente, quello su via Roma, che -a stand smantellati- si trasformava ogni anno, quasi d’incanto, nel teatro dell’hockey, nell’affascinante e suggestivo punto d’incontro di generazioni di giovani nelle ore del pattinaggio pubblico, nella culla di tanti giovani hockeisti in quella che per molti lustri è stata una ricca cantera, nel tempio dell’artistico, della velocità e anche del broomball. L’edizione 1981 della prestigiosa Fiera Campionaria di Bolzano è nel vivo e il 28enne Ron Chippefield, da qualche giorno in forza al Bolzano, costretto ad allenarsi ad Ortisei, è ospite dello stand di una nota azienda di arredamenti, collocato nel bel mezzo del padiglione fieristico, insomma nella zona in cui, qualche giorno più tardi, sarebbe stato preparato il ghiaccio e allestita la struttura con tutte le sue componenti essenziali. La posizione è a ridosso del centro del campo. L’appuntamento con un paio di giornalisti è all’insegna della cordialità. Si parla della squadra bolzanina, guidata da Jaroslav Pavlu e forte del neoacquisto John Bellio e dei vari Bruno Bertiè, Hubert Gasser, Norbert Gasser, Manfred Gatscher, Mirko Janeselli, Bernhard Mair, Michael Mair, Gino Pasqualotto, Martin Pavlu, Norbert Prünster, Jakob Ramoser, Luciano Sbironi, Herbert Strohmair, Giorgio Tigliani e Moreno Trisorio. Si parla del mondiale gruppo B vinto, in primavera, a Ortisei dall’Italia di Dave Chambers e dei tanti “oriundi”, con la storica promozione al gruppo A. Un “Blue Team” trascinato, tra gli altri, da Jim Corsi, portierone del Gardena, conosciuto bene Oltreoceano e dallo stesso Ron, e poi del capoluogo altoatesino, del programma personale di allenamento a secco e su ghiaccio per arrivare in forma all’inizio del campionato.

“Imbarazzante” Palafiera

Le difficoltà arrivano però poi, verso la fine del cordiale colloquio, quando a “Chip”, i presenti, spiegano dove si si trova effettivamente. In inglese e con qualche difficoltà, che ben presto si tramuta in comprensibile imbarazzo, gli viene detto che qualche giorno quel padiglione fieristico sarebbe diventato il teatro ghiacciato delle sue esibizioni. Insomma, pista, tribune, servizi accessori e quanto altro al posto degli stand fieristici. Il campione, inizialmente pensa allo scherzo e sorride divertito, poi però gli fanno vedere le righe del campo tracciate sul cemento come riferimento in vista dell’allestimento della pista, le macchine del ghiaccio nella sala apposita, gli spogliatoi in fondo alla struttura e gli fanno alzare lo sguardo, indirizzandolo verso un lato corto del padiglione per fugare ogni comprensibile dubbio: dito puntati verso il simbolo principale e permanente dell’hockey in via Roma, anche in assenza del ghiaccio, ovvero il mastodontico, storico, orologio-segnapunti. Facile immaginare l’espressione di un campione proveniente dalla National Hockey League e abituato a certi impianti. Gli spiegano che ogni anno, a Bolzano, in autunno, avviene una sorta di incantesimo, grazie a cui, in qualche giorno, la fiera si trasforma in palazzo del ghiaccio.

Evitano di dirgli che l’annuale “miracolo bolzanino” non avviene utilizzando una bacchetta magica, ma è il frutto della straordinaria forza di volontà di tanta gente, compresi i militari, gli infaticabili alpini, impegnati per qualche giorno… anche di notte, senza soluzione di continuità. L’espressione del campione cambia e il sorriso è carico di speranza quando gli spiegano che anche al piano superiore e, anche in quel caso al posto degli stand che stava vedendo, sarebbero state allestite presto delle tribune metalliche per ospitare il pubblico, quello più caloroso. Un pubblico che Ron Chipperfield ripaga in quella stagione con 78 gol in campionato e 128 punti in sole 39 partite, determinanti nell’economia del Bolzano, che riconquistò lo scudetto, dopo due stagioni di gloria del Gardena.

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