C'è un'Italia che ha voglia di cambiare



Il rottamatore è stato rottamato. Con il suo sistema: quello di travolgere tutto e tutti senza complimenti. Paradossi della storia: Renzi ha vinto a Milano, dove ha messo in campo un uomo “politicamente” nuovo, o dove c’erano candidati di centrosinistra assai diversi da lui. E a ha perso dove non è stato renziano.
Hanno invece vinto le donne, questa volta. Ed è, comunque la si voglia guardare, una gran bella notizia. La vera novità di questa tornata elettorale. Due capitali come Roma e Torino sono fra l’altro il luogo ideale per poter dire se questo Paese potrà avere presto una donna anche alla guida del governo.
L’Italia, ieri, s’è dunque svegliata diversa. Cambiata. Non che la cosa sia nuova: siamo passati dall’Ulivo al cavaliere (e viceversa) più volte, saltando da Rutelli ad Alemanno, dagli amori per Bossi a tutto ciò che incarnasse l’idea della (presunta) “rivoluzione”. Per mille ragioni, non tutte nobili, ci piace voltar pagina. Continuamente. A prescindere, come direbbe Totò.
Ma a Benevento, direte, ha vinto Mastella: certo, ma chi meglio di lui, uomo dalle mille casacche e dalle mille vite politiche, rappresenta l’idea di chi cambia continuamente affinché non cambi mai nulla?
Sì dirà che erano elezioni amministrative e non nazionali. Ma, nella filigrana di questo voto, l’antirenzismo - anche a Napoli, dove de Magistris ha sfidato il premier senza complimenti, correndo sostanzialmente contro di lui - è del tutto evidente. Solo ieri si considerava il giovin Matteo il salvatore della patria; oggi è già il nemico da combattere/abbattere.
A riassumere il voto, la frase di una signora intervistata in tv: «Le abbiamo provate tutte e vedete com’è andata. Ora proviamo questi 5 stelle». La prova è necessaria: perché la storia dimostra che mettere insieme tutti i “contro” è facile. Governare “per” - raccogliendo consensi sulle cose da fare e non su quelle da distruggere - è invece ben altra cosa. La Raggi e l’Appendino dovranno ripartire da quest’Italia sempre più lontana dalla politica e sempre più arrabbiata: un’impresa nell’impresa.













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